L’unicità di Napoli in un corto con la straordinaria voce di Renato Carpentieri – VIDEO

 
di Kasia Burney Gargiulo

“Ho abitato a lungo in una città veramente eccezionale. Qui […] tutte le cose, il bene e il male, la salute e lo spasimo, la felicità più cantante e il dolore più lacerato, […] tutte queste voci erano così saldamente strette, confuse, amalgamate tra loro, che il forestiero che giungeva in questa città ne aveva, a tutta prima, una impressione stranissima, come di un’orchestra i cui strumenti, composti di anime umane, non obbedissero più alla bacchetta intelligente del Maestro, ma si esprimessero ciascuno per proprio conto suscitando effetti di una meravigliosa confusione.” Così scriveva nel 1950 Anna Maria Ortese ne “L’infanta sepolta” parlando di una città che le aveva rivelato la sua anima multiforme, intessuta di contraddizioni ma unica come può esserlo un grande affresco denso di contrasti chiaroscurali. E una Napoli unica e molteplice è anche quella che ritroviamo nel testo del coinvolgente cortometraggio “La fine del mondo”, realizzato di recente dai giovani del Laboratorio di Nuove Tecnologie dell’Arte​ dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, nell’ambito del progetto #Cuoredinapoli (il suo logo è un rosso cuore di pixel), una trama di relazioni e narrazioni che corre sul filo della Rete ma si traduce in un periodico scambio di esperienze dirette fra artisti e gente comune, allo scopo di riappropriarsi della città e del suo territorio.

Quello de “La fine del mondo” è un ritratto di Napoli senza fronzoli, antiretorico, svincolato dai luoghi comuni della città-cartolina così come da quelli della metropoli invivibile, e volto a penetrare la complessa essenza di una città dall’esistenza plurimillenaria. Un’essenza fatta di bellezza, storia, cultura, arte, lingua, gastronomia, ma anche di degrado e di fatica esistenziale, dove però tutto è spesso permeato da un senso di umanità che ha la cifra inconfondibile dell’empatia e della condivisione. Una città in bilico fra la vita e la morte, dove a causa del Vesuvio “un milione di persone ridono sapendo che potrebbero morire in un istante”; un luogo di confine “al centro del Mediterraneo, sopra e sotto un vulcano, accanto alle porte dell’Ade, poco prima del paradiso”, come narra l’intensa voce fuori campo di Renato Carpentieri, grande del teatro italiano, interprete pluripremiato del film di Gianni Amelio “La tenerezza”.

E per questo suo essere così piena di contraddizioni, Napoli è uno di quei luoghi che non ammette mezze misure: o la si ama incondizionatamente o la si odia. E a renderla amabile è quel qualcosa di speciale“che la fa vibrare”, sono “le emozioni che, quando meno te lo aspetti, ti inchiodano” e non ti lasciano andar via Amare Napoli significa essere sopravvissuti “alla sua capacità di turbare”, e chi ci è riuscito “sa che quello che vive, quando l’attraversa, non lo proverà mai più altrove.” Amare Napoli è riuscire ad accettarne la natura di ossimoro vivente, quella sua condizione di “peggiore città più bella del mondo”.

Così, con accenti poetici e filosofici, pregni d’un realismo senza sconti, procede la narrazione di questo video che, seguendo i passi di Ilario Franco, riesce a catturare fino all’ultima scena, grazie alla sua capacità di rispecchiare i pensieri e le impressioni di quanti si avvicinano a Napoli senza pregiudizi, mossi dalla semplice intenzione di penetrarne l’anima più autentica.

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