di Redazione FdS
Che Ceglie del Campo, comune pugliese autonomo fino al 1928 e poi quartiere di Bari, vantasse origini antichissime, lo si sa già da qualche secolo. Da quando cioè sono state rinvenute le prime tracce di Caeliae, città d’epoca arcaico-classica attribuita al popolo italico dei Peucezi ma fortemente ellenizzata a seguito dei contatti con le colonie della Magna Grecia e poi finita sotto il controllo romano. Posto appena 5 km a sud di Bari, su un pianoro delimitato da due torrenti, nel territorio degli attuali abitati di Ceglie del Campo e Carbonara, il sito risulta frequentato fin dall’Età del ferro, come attestato da alcuni frammenti di ceramica di impasto. E se i secoli VII-VI a.C. sono testimoniati da aree a necropoli con tombe a fossa scavate nel banco roccioso, a sarcofago in lastroni di pietra recanti talora tracce di decorazione pittorica, oppure a semicamera munite di ricchi corredi, è fra il V e il IV sec. a.C. che si sviluppa un vero e proprio insediamento urbano con una cinta muraria lunga 5 km, oggi conservata in pochissimi tratti perché utilizzata circa un secolo fa come cava di materiale edilizio. Nei corredi funerari sono riemersi vasi di notevole pregio di provenienza attica e statue in metallo, a cui si sono presto aggiunti vasi acquistati nei mercati della Magna Grecia. Una ricchezza che raggiunse l’apice in età ellenistica con corredi composti da ceramiche dipinte a vernice nera o a figure rosse, appartenute a un ceto dominante ormai ellenizzato. Fatta eccezione per i reperti recuperati in scavi regolari, molte di queste preziose testimonianze sono finite in collezioni e musei esteri, mentre l’area archeologica è caduta in un progressivo oblio. A riaccendere ora i riflettori sul remoto passato di Ceglie è la scoperta, avvenuta nei giorni scorsi, di una tomba intatta a semicamera che ha restituito una sepoltura della fine del IV sec. a.C. appartenuta a una donna, deposta in posizione semicontratta insieme a un corredo di vasi e terrecotte figurate di fattura molto pregevole da cui sarà possibile ricavare importanti informazioni sul relativo contesto storico.
La scoperta è avvenuta grazie ai saggi di archeologia preventiva che la Soprintendenza Archeologia per l’area metropolitana di Bari, presieduta da Luigi La Rocca – ben conoscendo le peculiarità della zona – ha predisposto in concomitanza dei lavori per la realizzazione di un giardino pubblico nell’area periferica di Via Manzari. Grazie ai saggi è emersa un’area di necropoli quasi a ridosso delle già note mura ellenistiche, caratterizzata da varie tombe a fossa scavate nel banco calcareo e databili tra il V e il III sec. a.C. Alle verifiche degli esperti, le sepolture sono purtroppo risultate prive di corredi, evidentemente già asportati da scavatori clandestini, fatta eccezione per la succitata tomba a semicamera che ha restituito, fra l’altro, una serie di vasi propri del rituale funebre, una pregevole lekythos con elementi decorati a rilievo raffiguranti Neottolemo e Cassandra a Troia e le terrecotte di una sfinge e di una Afrodite Anadiomene.
Trasferiti i reperti nel laboratorio di restauro della Soprintendenza, a Palazzo Simi, per i primi interventi di restauro, gli archeologi hanno chiesto al Comune di Bari di effettuare un supplemento di indagine estendendo le aree di scavo. I ritrovamenti implicheranno naturalmente una variazione del progetto iniziale del giardino, che molto probabilmente vedrà l’area verde a corredo di un nuovo sito archeologico che si spera possa dare valore all’intero territorio di Ceglie del Campo. Come ha spiegato l’assessore ai Lavori pubblici, Giuseppe Galasso, già altre sepolture erano riemerse con l’avvio del cantiere per la realizzazione della fogna bianca in strada Annunziata, un’area che, a suo avviso, non dovrebbe però riservare altre sorprese, visti i lavori che l’hanno riguardata di recente. Ad ogni modo, la scoperta della necropoli – ha sottolineato La Rocca – conferma la grande validità dell’archeologia preventiva e l’opportunità che ci sia un controllo costante dei cantieri in un’area dallo straordinario potenziale archeologico. Una pratica che dai lavori pubblici sarebbe necessario estendere anche ai numerosi lavori privati che interessano questo territorio, ragion per cui si è resa necessaria l’apertura di un confronto con l’amministrazione comunale per definire comuni linee di intervento.
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