di Angela Capurso
Un cambio di prospettiva, la mostra Rinascimento visto da Sud. Matera, l’Italia meridionale e il Mediterraneo tra ‘400 e ‘500. Rappresenta il presupposto da cui è nata l’idea di ripensare alla “maniera nuova” dell’arte a partire dall’Umanesimo, puntando lo sguardo verso l’Europa da un’ottica mediterraneo-centrica. E la dedica a Ferdinando Bologna dell’imponente catalogo (edito da arte’m), che documenta scientificamente l’esposizione, ne dichiara la ragione essenziale: qualsiasi dinamica comunicativa, dai beni alle merci, dalle idee ai costumi, dalle culture ai manufatti artistici, ha viaggiato lungo le rotte del Mediterraneo, disseminando in ciascun porto sensori creativi che si sarebbero propagati e diffusi nell’entroterra. Durerà quattro mesi l’evento, tra i più attesi per portata scientifico-culturale nel calendario delle iniziative di Matera-Basilicata 2019.
Ai visitatori della mostra sarà disvelato un Rinascimento inedito e sorprendente, ben più capillarmente esteso rispetto al fenomeno culturale che siamo soliti circoscrivere ad alcune città delle regioni italiane centro-settentrionali e alle capitali dell’Europa continentale. A tale scopo, un allestimento suggestivo di oltre venti sale dà corpo agli esiti delle indagini e dei più recenti studi storico-artistici. Il percorso negli spazi del Palazzo Lanfranchi è da viversi come un viaggio, durante il quale gli oggetti esposti raccontano di sé, dei loro autori e committenti, delle idee e delle novità che si affermano nel linguaggio e nella grammatica dell’arte, facendosi largo tra gli stili di una tradizione consolidata.
Sono accostate opere d’arte provenienti da prestigiosi musei nazionali ed esteri, insieme a pezzi “scoperti” in condizioni di semi-abbandono nelle chiese dei paesi della Basilicata interna, tanto nel Materano, quanto nel Potentino. D’ora in poi non solo a Firenze, a Milano o a Roma ricorrerà il nostro immaginario quando ci riferiremo al Rinascimento, ma a Napoli e alle sue province e alla penisola iberica, alla riscoperta dei contatti tra le opposte sponde adriatiche e ai continui scambi tra Venezia, la Puglia e Istanbul. Benché Napoli rappresenti un punto di riferimento, il rapporto dialettico tra centro e periferia assume caratteristiche sistemiche e policentriche, polifunzionali e ramificate, piuttosto che gerarchiche.
Ispirati dai maestri fiamminghi come Jan Van Eyk, Colantonio e Antonello da Messina ricevono numerosi incarichi. Nel San Girolamo nel suo studio di Colantonio, opera del 1444, il padre della Chiesa è raffigurato mentre compie il suo prodigio più celebre, l’estrazione di una spina dalla zampa di un leone, nello spazio realistico del suo studio. Nell’opera intervengono nuovi portati figurativi di matrice iberica. A tale orizzonte si riferiscono i quattro retabli provenienti dalla Sardegna. Un richiamo umanistico all’antico, di grande impatto, è nella maestosa Protome equina in bronzo di Donatello, commissionata per l’arco trionfale di Alfonso d’Aragona.
Il Maestro dalmata conosciuto con il monogramma ZT firma una Madonna di Costantinopoli proveniente da Spinazzola, esempio di contaminazione di elementi fiamminghi, catalani e ragusani, collegato alla presenza della duchessa Angela Castriota Skanderbeg a Gravina in Puglia. Andrea Sabatini da Salerno, il cosiddetto “vero Raffaello di Napoli”, insieme a Polidoro da Caravaggio dipingono alla “maniera nuova”. Le quattro tavole riscoperte da Pierluigi Leone De Castris a Napoli rappresentano le opere più significative del soggiorno dell’artista Polidoro in Italia meridionale. In particolare i tondi, per la tecnica a grisaille, quasi un bianco/nero davvero poco noto, ricordano gli affreschi a chiaroscuro da lui dipinti sulle facciate di alcuni palazzi a Roma. Il celebre artista veneto Andrea Mantegna è invece autore del dipinto raffigurante S. Eufemia, datato 1454 e oggi custodito nella Galleria Nazionale di Capodimonte. L’opera, originariamente parte di un trittico, è arrivata nella cattedrale lucana di Irsina (Matera) grazie a una consistente donazione portata personalmente in paese da tale Robertus de Amabilibus, originario del luogo ma trasferitosi a Padova, dove era divenuto rettore della chiesa di S. Daniele: un gesto di munificenza dettato dalla volontà di celebrare l’avvenuto ripristino nel 1452 del vescovato di Irsina allora accorpato a quello pugliese di Andria.
Tra le sculture marmoree, gli Angeli adoranti della Chiesa del Crocifisso a Lagonegro sono attribuiti ai maestri scultori catalani, attivi nell’Abbazia di Montserrat. Grandi pezzi di oreficeria riportano alla stagione del gotico internazionale; libri e manoscritti, tra cui un unicum, la Cronica di Taverna di Giuseppe di Jerovasio, che ricostruisce la storia delle comunità del territorio di Catanzaro, tra XV e XVI secolo; carte geografiche e portolani, abiti e monete, insieme a ventotto mattonelle pavimentali da Capua, appositamente restaurate. Fanno idealmente parte della mostra opere che potranno essere visitate in città e nelle località limitrofe (o da esse originarie), come la Cappella dell’Annunziata e le sculture dei fratelli Aurelio e Altobello Persio nella Cattedrale di Matera, il polittico di Cima da Conegliano nella Chiesa di S. Maria Maggiore di Miglionico e un’opera di provenienza padovana nella Cattedrale di Irsina, come la statua lignea della santa da alcuni attribuita a Pietro Lombardo, ma ritenuta opera del Mantegna dalla storica dell’arte barese Clara Gelao e da alcuni altri studiosi; una scultura che fece parte della succitata donazione fatta nel 1454 da un prelato locale affermatosi a Padova. “Tu non conosci il sud”, recita un verso di Vittorio Bodini. Non si era mai visto finora un Sud così rinascimentale.
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Data Inizio: 19 aprile 2019
Data Fine: 19 agosto 2019
Costo del biglietto: Con “passaporto” di Matera 2019 o con ticket di 10 Euro; Riduzioni: Come da normative vigenti.
Prenotazione: Nessuna
Orario: 9.00 – 20.00 [Mercoledì 11.00 – 20.00]
Telefono: diretto uff. 0835 2562245 / mobile 338 8831053
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