di Roberta Schenal Pileggi*
Nell’antica Medma, odierna Rosarno in provincia di Reggio Calabria, fondata dai Locresi entro la prima metà del VII sec. a.C., sorgevano floride aree sacre: esse attiravano numerosissimi fedeli, i quali vi si recavano di consuetudine con un ex-voto, segno tangibile della loro devozione. I doni votivi più frequenti erano le statuette in terracotta, che periodicamente venivano occultate entro fosse scavate ad hoc per permettere l’esposizione delle nuove offerte. Prima ancora che si avviassero, grazie al celeberrimo archeologo Paolo Orsi, le indagini scientifiche, Rosarno fu oggetto di scavi clandestini proprio per portare alla luce queste splendide terrecotte e immetterle nel mercato antiquario, nell’ambito di una sistematica opera di depredamento abusivo subito dal Sud Italia a cavallo tra ‘800 e ‘900, che ebbe come conseguenza la dispersione di reperti magnogreci a vantaggio delle istituzioni museali europee e americane.
Una significativa testimonianza al proposito è rappresentata dai pinakes, quadretti in terracotta con scene a bassorilievo riconducibili al culto di Persefone, rinvenuti in migliaia di frammenti a Locri Epizefiri, ma prodotti anche nella subcolonia di Medma: riconoscibili con facilità grazie alle caratteristiche del colore e dell’impasto dell’argilla, i pinakes medmei sono in alta percentuale confluiti nelle collezioni museali d’oltralpe, dal British Museum alla Schloß Fasanerie di Adolphseck, ai Musei degli Istituti di Archeologia di Göttingen e Tübingen, all’Allard Pierson Museum di Amsterdam, nonché oltreoceano al Met di New York.
L’esemplare più significativo è custodito presso le Staatliche Antikensammlungen di Monaco di Baviera sin dal lontano 1865, giuntovi dopo essere stato immesso nel mercato antiquario a seguito del probabile rinvenimento a Rosarno durante i deprecabili ‘sterri’ per opera del vescovo di Mileto mons. Mincione.
Esso conserva la metà superiore di una scena di epifania di due divinità entro lo spazio sacro del santuario, evocato dal bruciaprofumi centrale, lo strumento attraverso cui si produceva, durante gli atti di culto, il fumo odoroso capace di congiungere idealmente gli uomini con gli dei. A sinistra è Hermes, identificabile per il copricapo a larghe falde che di norma indossa, il petaso, e per l’attributo del caduceo, il bastone con serpenti attorcigliati. A destra è una figura femminile che tiene elegantemente fra le dita innanzi a sé un grosso bocciolo; sul suo avambraccio sta un grazioso piccolo erote con in mano una lira, di cui viene indicata con precisione la cassa di risonanza costituita da un carapace di tartaruga. Tutto sembra suggerirci l’identificazione con Afrodite, che viene raffigurata anche in un circoscritto ma significativo numero di pinakes locresi, a testimonianza di una sua venerazione come divinità complementare alla dea Persefone: mentre quest’ultima protegge la sfera dell’amore istituzionalizzato attraverso il matrimonio, ad Afrodite è ricondotto l’amore inteso come sessualità.
Ogni particolare iconografico si riempie, dunque, di fascinosa simbologia e quel bocciolo rigonfio ci sembra racchiudere tutta la forza primigenia pronta ad implodere grazie alla musica ammaliante e seduttiva di Eros. Ed ecco che nel cuore della Baviera inaspettamente grazie al “nostro” pinax diventa possibile almeno per un momento immaginare colori e profumi dell’assolato paradiso mediterraneo con il suo glorioso passato di dei, devoti ed artisti-artigiani capaci di trasmetterci il patrimonio culturale religioso magnogreco con raffinate ed al contempo palpitanti immagini.
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*Roberta Schenal Pileggi, torinese, laureata in Archeologia della Magna Grecia a Torino, ha avviato la sua attività professionale di archeologa collaborando con la Soprintendenza della Calabria a Locri Epizefiri. Alle ricerche sul campo ha preferito in seguito l’attività di catalogazione – coordinando tra l’altro progetti su base regionale – e di divulgazione, per conto del Ministero dei Beni Culturali e dell’Università della Calabria. Ha partecipato all’allestimento di Musei nella sua regione ed attualmente rientra nel gruppo di progettazione del percorso allestitivo del nuovo Museo Nazionale di Reggio Calabria. Ha lavorato in mostre a carattere tematico sui vari aspetti della civiltà della Magna Grecia ed in altri allestimenti temporanei, come quello dei reperti al momento esposti, insieme ai Bronzi, presso la sede del Consiglio regionale della Calabria Palazzo Campanella. E’ fra gli autori del Corpus dei pinakes locresi ed ha firmato numerose schede di reperti archeologici dalla Calabria esposti in mostre nazionali ed internazionali. Il suo interesse alla divulgazione dei beni culturali calabresi si è anche esplicitato nel campo storico-artistico, grazie alla redazione di guide turistiche, all’attività di art tutor per conto di FMRArte ed ora alla collaborazione con Grand Tour-Incontri con l’arte. E’ membro del Comitato d’Onore di Fame di Sud.