Dopo l’eccezionale scoperta di un antico edificio brettio, nel piccolo borgo calabrese è nata Scherìa, Cooperativa di Comunità che, oltre a promuovere attività legate all’agricoltura, all’artigianato e all’ambiente, ha preso in gestione il locale polo museale e la nuova area archeologica. Fra gli ideatori del progetto Ricardo Stocco, l’archeologo veneto autore della scoperta
di Redazione FdS
Nel Sud Italia, giorno dopo giorno, cresce la consapevolezza che territori sfuggiti all’industria pesante o scenario del suo fallimento, possano trovare una nuova ragione di vita nella riscoperta o reinterpretazione delle proprie radici, della propria storia, delle proprie tradizioni. In che modo? Avviando attività improntate a un modello di vita e di economia sostenibile, come quello volto all’utilizzo dei beni comuni a scopo culturale e turistico. E’ quanto sta avvenendo a Tiriolo, suggestivo borgo di circa 4 mila abitanti, affacciato su un poggio in posizione panoramica sull’istmo di Catanzaro-Sant’Eufemia, nel punto più stretto dell’intera penisola italiana (appena 33 km in linea d’aria): dalla centrale piazza Italia si ha infatti in un sol colpo la visione dei due mari, il Tirreno e lo Jonio, con la vista che si allarga fino alle Eolie e all’Etna quando l’orizzonte è particolarmente nitido.
Come tanti paesini della Calabria, anche Tiriolo paga il suo tributo all’emigrazione e all’invecchiamento della popolazione, anche se la sua posizione di cerniera fra l’interno e le due coste l’ha resa meno isolato di altri centri, soprattutto grazie alla stazione ferroviaria e all’importante scalo aeroportuale della vicina Lamezia. Non manca una certa presenza di piccole e medie imprese capaci di dar valore alle specificità locali, come la produzione dell’olio d’oliva, la lavorazione dei prodotti agricoli e le piccole botteghe artigianali, mentre i servizi vedono molti Tiriolesi impiegati soprattutto nelle località della costa. Oggi però a Tiriolo c’è un gruppo di persone che, resistendo a una drammatica scelta di fuga, ha deciso di investire sul proprio borgo dalle radici plurimillenarie. Lo ha fatto creando una Cooperativa di Comunità che punta a creare opportunità di lavoro attraverso la cultura, il turismo, l’agricoltura e l’artigianato.
TIRIOLO FRA MITO E STORIA
Prima di raccontarvi questa inconsueta esperienza di innovazione sociale è il caso però di partire dal contesto. A cominciare dalle origini leggendarie, che vorrebbero Tiriolo fondata da genti elleniche sei secoli prima della guerra di Troia o addirittura identificata con la mitica Scherìa, patria felice dell’omerico popolo dei Feaci. La storia e l’archeologia ci parlano invece di un luogo abitato fin dall’età della pietra, come rivelato da reperti quali asce levigate, scalpelli rudimentali e raschiatoi di ossidiana, e ancora frequentato nell’età del Bronzo e poi in quella del Ferro quando probabilmente vi si insediarono genti Enotrie. Al tempo delle colonie greche (VIII sec. a.C.) finì col risentirne l’influenza, proseguita anche dopo l’avvento, nel IV sec. a.C., dei Brettii, popolo di stirpe italica disceso fin qui dal nord della Calabria.
La successiva presenza romana trova invece la sua più rilevante testimonianza nella celebre tavoletta bronzea con inciso un testo riguardante il Senatus Consultum de Bacchanalibus, un decreto del II sec. a.C. col quale il senato romano vietava i Bacchanalia, riti orgiastici a cui partecipavano anche le élites e pertanto considerati contesto di possibili cospirazioni contro lo stato. Il reperto, rinvenuto nel 1640 durante i lavori per la costruzione del palazzo dei Cigala, signori del luogo, si trova oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna, offerto nel 1727 in omaggio all’imperatore Carlo VI d’Asburgo. Nell’odierno Antiquarium civico di Tiriolo se ne conserva una copia insieme a iscrizioni, monete, ceramiche e vari altri reperti legati alla storia del luogo, di cui si custodiscono testimonianze anche presso il Museo Provinciale di Catanzaro.
LA TOMBA BRETTIA A CAMERA
Non meno importante è la tomba brettia a camera scoperta pochi anni fa in località Castaneto, contrada di quello che i Romani chiamavano l’Ager Teuranus, e oggi ricomposta in una sala dell’Antiquarium civico. Un’opera monumentale del IV-III sec. a.C. in blocchi squadrati di calcare locale, sicuramente appartenuta a un personaggio di notevole rilevanza sociale e inserita all’interno di una necropoli, in controtendenza con l’ubicazione isolata frequente presso i Brettii per questo genere di tombe. Sulla fronte, in corrispondenza dei blocchi angolari, spicca l’elegante presenza di due semicolonne scanalate costeggiate da un listello verticale che completa il motivo decorativo.
Un’infiltrazione di acque meteoriche, un’antica violazione o forse il crollo della struttura, ha fatto sì che le ossa umane e il corredo fossero ritrovati in uno stato caotico; tuttavia è stato possibile recuperare diversi reperti fra unguentari, frammenti di strigili in bronzo, un’anforetta frammentaria, parte di uno strumento musicale a fiato in osso, strisce di cuoio, una testina femminile in terracotta, due frammenti di un arto equino in terracotta, chiodi di ferro, elementi in piombo attribuibili a paramenti di cavallo, un coltello in ferro, frammenti di grappe in piombo, e frammenti di ceramica a vernice nera pertinenti ad una piccola coppa e a uno skyphos. La tomba dovette essere riutilizzata più volte perché i resti ossei rinvenuti appartengono a più individui, e parte di essi risultano semi-carbonizzati. Non mancano inoltre resti ossei di origine animale, anch’essi con evidenti tracce di combustione.
IL “PALAZZO DEI DELFINI”
Ma la scoperta archeologica più eclatante, sempre legata alla presenza brettia, è quella avvenuta nel 2015 in località Gianmartino, dopo un’indagine con georadar, che ha rivelato la presenza di un fitto reticolo di strutture murarie e di piani pavimentali sepolti a profondità comprese tra i 15 e i 90 centimetri dall’attuale piano di campagna, e uno scavo finanziato con i fondi POR della Regione Calabria su richiesta della locale amministrazione comunale. L’area, già nota per il ritrovamento nel ‘600 della tavola bronzea del Senatus Consultum, ha così restituito alcune strutture riferibili a un edificio del IV-III sec. a.C. di probabile destinazione religioso-sacrale, ricco di decorazioni e molto ben conservato – con muri conservati per oltre 1 metro e mezzo di altezza – del quale risultano leggibili varie fasi di costruzione, ristrutturazione e riutilizzo, prima che un violento incendio lo distruggesse.
Giovanna Verbicaro, archeologa della Soprintendenza per le Provincie di Catanzaro, Cosenza e Crotone, e il suo collega veneto Ricardo Stocco, responsabile tecnico dello scavo, descrivono uno spazio articolato in un lungo corridoio colonnato sul quale si affacciano tre ambienti, oltre a una stanza (parzialmente scavata) pavimentata in cocciopesto con riquadro centrale a mosaico raffigurante due delfini e un terzo pesce di specie incerta; una seconda stanza dotata di porta monumentale, una terza con pavimento a cocciopesto decorato a motivi geometrici e, infine, un grande atrio-vasca.
Insomma una preziosa testimonianza della presenza brettia nel catanzarese interno e di un insediamento che fu senza dubbio fra i più importanti dell’area istmica. Nello scavo sono emersi anche alcuni aspetti inediti della cultura brettia, come ad es. l’uso nelle strutture murarie della tecnica della ‘’terra cruda’’, compattata in situ, intonacata e poi dipinta. Di notevole rilievo anche la decorazione architettonica, come i capitelli lapidei degli stipiti e delle colonne, dipinti in rosso e nero e quasi integri, o i frammenti, sempre in pietra, di cornici e architravi. Fra i reperti mobili invece un nucleo di oltre cento monete cartaginesi d’argento, tre gruzzoli di monete brettie bronzee, occultate poco prima che scoppiasse l’incendio, contenitori per derrate alimentari, maschere e numerose figure femminili in terracotta – variamente abbigliate, acconciate e atteggiate – dal cui studio ci si aspetta di ricavare ulteriori informazioni su questo interessante sito.
“Per me – ha osservato Stocco – questo angolo di Calabria è stato una vera rivelazione. E se le premesse sono queste, ritengo che con ulteriori stanziamenti mirati si potrebbe continuare il lavoro di ricerca nell’area di Gianmartino – e anche in altre zone, visto che questo paese è ricchissimo di archeologia – per riappropriarsi di una ricchezza che non ha confronti né con le fabbriche del Nord-Est né con altre risorse economiche. In questo senso io penso che il turismo, ma solo quello responsabile e davvero sostenibile. possa considerarsi la risorsa e la prospettiva vera del futuro di Tiriolo”.
SCHERIA: NELL’ANTICHITA’ LE RADICI DEL FUTURO
E non è un caso che in breve tempo, quest’area archeologica – esplorata fra il 2014 e il 2016 alle spalle dell’istituto scolastico là dove fino a pochi anni prima c’era il campo sportivo del paese – sia diventata motivo di entusiasmo e di aggregazione, vedendo una partecipazione appassionata e quotidiana dei cittadini di Tiriolo alle fasi di lavoro e scavo, seguite da un veloce progetto di messa in sicurezza e valorizzazione del sito stesso. Diventata Parco urbano nell’Aprile del 2016, l’area di Gianmartino è dunque là, sotto gli occhi di tutti, vicinissima al centro del paese, prova materiale di un passato importante, dal forte valore identitario. A intercettare questo entusiasmo è Ricardo Stocco, l’archeologo chiamato alla direzione tecnica dello scavo: “fui invitato – racconta – da una società siciliana che partecipò all’appalto; alla sua offerta tecnica aggiunsi un po’ della cosa che più amo, cioè l’ “archeologia pubblica”, e vincemmo. Da allora sono stato più in Calabria che in Veneto o altrove, perchè le cose da fare qui sono tantissime, soprattutto se si vuole evitare che tanti ragazzi giovani debbano partire senza sapere bene per dove, perchè, per quanto…”
E difatti, già durante i lavori di scavo stratigrafico si è creato spontaneamente un gruppo di giovani tiriolesi che, mossi da senso di curiosità per il procedere delle ricerche, hanno cominciato a condividere idee, aspettative e progetti con l’archeologo responsabile, che oggi si divide fra Treviso, Castelfranco Veneto e il borgo calabrese. “Ne è nato un dialogo sulla piazza del paese – racconta Stocco – durante il quale è emerso quale patrimonio avessero fra le mani, una risorsa superiore a quelle di altri luoghi d’Italia, che forse era il caso di far fruttare”. La proposta è stata accolta con entusiasmo; ne è seguita la creazione del gruppo FB “La Tiriolo che vorrei” e la richiesta all’archeologo di guidarli nella creazione di una Cooperativa di Comunità.
Dai primi incontri informali di quel nucleo di 4-5 ragazzi, il progetto ha così finito col coinvolgere quasi un centinaio di persone che, per mesi, si sono riunite, hanno discusso, si sono confrontate, mettendo sul tavolo disagi, problemi, modi per affrontarli, progetti e emozioni. E nel novembre 2016 nasceva finalmente la Coperativa “Scherìa” con 40 soci fondatori fra i 19 e i 65 anni (11 le donne) e l’adesione di altre due persone nel giro di qualche mese; i soci sono tutti diversi per grado e percorso di formazione, estrazione sociale, condizione economica e lavorativa, e come tali pronti a un confronto costante per alimentare questo inedito progetto di innovazione sociale. Scherìa si è proposta infatti di progettare e creare, insieme a tutti gli attori della comunità locale, valide opportunità lavorative per i suoi Soci, salvaguardando e valorizzando il patrimonio paesaggistico, storico, artistico, archeologico, antropologico locale. “Scherìa – osserva Stocco, oggi presidente del sodalizio – è una realtà che ci ha permesso di ritrovare l’archeologia vera, quella condivisa con la gente che vive nei luoghi, e di avere qualche opportunità in più, utilizzando solo quello che c’è già, da sempre, senza doversi inventare alcunché”.
DAI BENI CULTURALI, ALL’AGRICOLTURA, ALL’ARTIGIANATO
I membri di Scherìa si sono così organizzati in gruppi di lavoro, in modo da focalizzare gli obiettivi e consentire a ciascun singolo socio di mettersi alla prova nel settore che meglio si adattava alle proprie competenze ed ai propri interessi (Agricoltura, Artigianato, Turismo e Cultura, Sociale, Ambiente, Comunicazione). Dai gruppi così costituiti si sono generati diversi progetti, molti dei quali hanno trovato concreto sviluppo:
il gruppo Cultura, originariamente separato da quello del Turismo, ha esordito con la stesura di un progetto per la partecipazione al bando pubblico Cultura Crea di Invitalia. Per la prima volta la Cooperativa si è cimentata nella realizzazione in team di un piano di impresa, con la messa in campo di competenze diversificate (Economia e Archeologia). In stretta simbiosi con il tavolo Turismo, è nato così TirioloAntica, un progetto volto alla gestione del Polo Museale, del Parco Archeologico e dei servizi turistici di Tiriolo, con una forte carica di innovazione tecnologica. Inutile dire che la proposta è stata un successo, garantendo il conseguimento del finanziamento. Fra le idee proposte nel progetto CulturaCrea, l’ospitalità data a diversi gruppi scolastici e turistici, ai quali sono stati proposti laboratori didattici (scavo esperienziale, laboratorio di ceramica, laboratori di agricoltura e botanica), visite guidate ed escursioni naturalistiche; così come non sono mancati progetti in condivisione con le aziende locali. Ispirandosi infine al principio sempre valido della condivisione del sapere e della necessità di rispondere adeguatamente alla richiesta turistica, è inoltre nata l’idea del progetto Scherìa si (in)Forma, finalizzato alla formazione di accompagnatori culturali interni alla Cooperativa.
Dal gruppo agricoltura è nato invece il progetto Terre di Comunità, volto all’acquisizione ed al recupero di terre (pubbliche e private) incolte; l’iniziativa-pilota è OrtoZero, che ha previsto la stipula di un contratto di comodato d’uso con un privato cittadino, il recupero e la messa a coltura di circa 1 ettaro di terreno. Un progetto completo, che dallo studio delle specificità del terreno è passato attraverso la progettazione al computer della suddivisione delle colture e delle quote, il ripristino e la messa a frutto del terreno, fino alla fase di comunicazione. Idea di fondo, la vendita di 40 quote di fornitura di verdure varie per i mesi Giugno-Agosto, con un’interessante coinvolgimento di persone estranee alla cooperativa e la garanzia di sostenibilità economica del progetto stesso.
Il gruppo artigianato si è ispirato alla secolare tradizione dell’artigianato artistico di Tiriolo, che sebbene noto soprattutto per la lavorazione di preziosi tessuti (i “vancali”), include anche abili liutai e ceramisti. Partendo dal bagaglio di competenze e dall’esperienza di tre diversi artigiani che operano all’interno della Cooperativa, il gruppo sta portando avanti un progetto di autoformazione, volto alla condivisione delle competenze manuali ed alla costituzione di un team di artigiani in grado di far fronte alle esigenze produttive. La Cooperativa ha inoltre creato un marchio artigianale, Manufactum, che contrassegna prodotti rigorosamente realizzati secondo tecniche tradizionali e rispondenti a precisi parametri di qualità, dalla materia prima alla manifattura, ma aperti a schemi decorativi nuovi, ideati prendendo spunto dal patrimonio archeologico di Tiriolo.
Un territorio che voglia farsi risorsa su cui costruire lavoro ed economia richiede naturalmente anche cure e manutenzione: è questo il presupposto da cui è nato il principale progetto del gruppo Ambiente. Partito con l’esperimento di comunità Green4You (quattro domeniche ecologiche che hanno viste coinvolte le istituzioni e le aziende del comune di Tiriolo, accanto a Scherìa), il gruppo è successivamente approdato al più ampio progetto EverGreen che ha comportato la presa in gestione, per un periodo, da parte della Cooperativa, della manutenzione del verde in aree comunali.
“Questi risultati – raccontano i soci di Scherìa – sono stati raggiunti non senza difficoltà, discussioni, scontri, incontri, tante riunioni e molto lavoro, fisico e mentale. Esperienze che hanno reso consapevoli noi e l’intera comunità di come, lavorando insieme, si possa fare tanto e crescere più velocemente”.
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