di Enzo Garofalo
E’ da cinque giorni che il Bif&st – Bari International Film Festival sta ponendo il pubblico del capoluogo pugliese a confronto con alcuni dei massimi rappresentanti del cinema mondiale offrendo un’occasione davvero unica per raccogliere gli ultimi scampoli di un Pensiero che spesso ha conquistato il proprio diritto di esistere e di “parlare” agli altri dopo aver attraversato gli orrori della guerra, i dinieghi della più castrante censura, le più brutali forme di razzismo e di discriminazione. Un Pensiero raro e prezioso il cui semplice appalesarsi nella nostra quotidianità ci fa percepire con ancora più inquietante forza il deserto culturale, morale ed etico che ci circonda. Farsi testimone di questo Pensiero è toccato stavolta al grande regista italiano Ettore Scola, artista noto in tutto il mondo per opere cinematografiche che hanno fatto scuola fra i cineasti di ogni paese.
Ha preceduto il suo intervento la proiezione di quello che è considerato a buon diritto uno dei suoi capolavori, il film Una giornata particolare (1977), con protagonista assoluta la coppia più celebre del cinema italiano, Sophia Loren e Marcello Mastroianni, più che mai in stato di grazia. L’azione si sviluppa nell’arco di una giornata, il tempo dell’adunata fascista indetta per la visita di Adolf Hitler nella Capitale. Il contesto esterno rimane pressoché invisibile, eppure filtra – invasivo e pomposamente retorico – nella vita dei protagonisti attraverso la radiocronaca nazionale che riecheggia dal gabbiotto della portinaia di un grande condominio deserto. Una giornata che è il rivelarsi reciproco di due vite, di due anime condannate dal pregiudizio ad essere due anelli deboli della società, di allora come di oggi. Sebbene infatti 77 anni ci separino dalla storia narrata e 38 dalle riprese del film, i suoi contenuti più profondi, metastorici, permangono di profonda attualità.
Ettore Scola, 84 anni, campano di Trevico (Avellino) ma romano di adozione, è una vera icona del cinema italiano. Basterebbero tre titoli – C’eravamo tanto amati (1974), Una giornata particolare (1977) e La famiglia (1987) – a giustificare il posto di primo piano unanimemente riconosciutogli nella storia del cinema. Vignettista, sceneggiatore, autore di trasmissioni radiofoniche e televisive, ha debuttato nella regia nel 1964 intraprendendo un percorso artistico straordinario accompagnato dal consenso del pubblico e della critica internazionali. Nel 2009 proprio al Bif&st di Bari ha ricevuto il Premio “Federico Fellini 8 1/2” per l’eccellenza artistica e, su proposta del direttore Felice Laudadio, è stato nominato presidente della rassegna. Dello stesso anno è anche l’assegnazione del David di Donatello alla carriera, per i suoi 80 anni, aggiuntosi ad altre cinque statuette conquistate in precedenza e a quattro nomination all’Oscar per il miglior film straniero: nel 1977 per Una giornata particolare, nel 1978 per I nuovi mostri, nel 1983 per Ballando ballando e nel 1987 per La famiglia.
“Senza il cinema mancherebbe una fonte di idee, di dubbi, sul mondo che ci circonda”. Così ha esordito Scola rispondendo alle prime domande del critico Enrico Magrelli che ha condotto la master class. Un’affermazione che pone dunque il cinema ben oltre la funzione di intrattenimento oggi dominante e una visione in piena corrispondenza con quella dei colleghi d’oltralpe e d’oltreoceano che in questi giorni stanno emozionando il pubblico del Festival.
Intrattenimento dunque, e occhio attento alla realtà: “il cinema fin dalla sua nascita, 120 anni fa, – dice Scola – ha avuto entrambe queste anime; ha seguito due filoni, quelli tracciati dai fratelli Lumière e da Georges Méliès: la rappresentazione della realtà e l’invenzione fantastica.” Un percorso non facile, quello del cinema: “oggi – chiarisce il regista – questo mezzo espressivo ci sembra un fatto scontato, ma in realtà è nato fra grandi diffidenze. Gli intellettuali, all’inizio, guardarono il cinema con una certa indifferenza (solo in Russia il drammaturgo Vladimir Majakovskij lo considerò una nuova concezione di vita). Stessa accoglienza anche in Italia, dove ad es. lo scrittore Giovanni Verga se ne interessò ma evitò accuratamente di dare pubblicità alla cosa, mentre Pirandello non ebbe remore a farsi palesemente coinvolgere dal nuovo mezzo di espressione artistica.”
Ma a dispetto di inizi così incerti, difficilmente riusciremmo oggi ad immaginare il mondo senza il cinema: “Chiedersi cosa saremmo oggi senza il cinema – dice Scola – è come chiedersi cosa saremmo senza la letteratura…E’ un bene comune e necessario. Lo si vede anche dalla scelta dei tanti giovani che in questi giorni a Bari stanno popolando le sale di proiezione del Festival dalla mattina a notte fonda. Sono ormai sei anni che in questa città va accadendo qualcosa di unico, ossia un’affluenza stabile e numerosa in qualsiasi ora del giorno, non riscontrabile in altri luoghi…Noto che c’è il gusto per la visione ma anche la voglia di interrogarsi sulla realtà. Del resto a volte il pubblico cerca nel cinema la conferma di idee che già possiede sulla realtà e altre volte si rivolge al cinema per acquisirne di nuove…”
Per la gente è dunque una fortuna che da 120 anni ci sia sempre qualcuno disposto a portare avanti la meravigliosa ”macchina” del cinema e Scola è fra coloro che hanno compiuto questa scelta: “se non avessi fatto il cinema – racconta il regista – avrei probabilmente fatto il falegname o il calzolaio…Ma le cose sono andate diversamente e tuttavia il contatto, sia pure fugace, con questi mestieri mi ha insegnato qualcosa di utile: da ragazzo una volta vidi un calzolaio realizzare un paio di scarpe partendo dal pezzo di pelle informe e in quel momento capii come l’azione dell’uomo possa in poco tempo imprimere una trasformazione alle cose secondo un progetto ben preciso.”
Forte di questa acquisizione, e dopo l’esperienza come vignettista, Scola sarebbe approdato alla stesura di sceneggiature per il cinema, cosa che per alcuni anni fece da ”negro” ossia elaborandole senza palese attribuzione di paternità. “Era il tempo – racconta – in cui si facevano decine di film comici con Totò, Macario e altri interpreti, per cui gli autori normalmente incaricati – fra gli altri ricordo la prolifica coppia formata da Vittorio Metz e Marcello Marchesi – non riuscivano da soli a fronteggiare l’enorme mole di lavoro, per cui si rivolgevano a giovani conosciuti nelle redazioni dei giornali umoristici. Non dimenticherò mai quella volta in cui Totò scoppiò a ridere di gusto leggendo una mia sceneggiatura…Essere riuscito a divertire un attore comico come lui fu per me fu come vincere un premio Oscar.”
Per chi si cimenta in un’arte, quale che essa sia, avere dei modelli è un dato imprescindibile, ed Ettore Scola vide nello sceneggiatore Steno un esempio da imitare: “copiare è un’arte e – a differenza di quanto comunemente si crede – non è una pratica negativa, perchè se ciò che vai a copiare diventa tuo, se aiuta a far nascere qualcosa di originale, assume una funzione preparatoria a qualcosa di nuovo. L’importante è avere dei modelli e nel nostro mestiere oggi scarseggiano…Ci sono senza dubbio in giro dei registi di talento, ma mancano dei veri modelli…Forse perché c’è come una oggettiva difficoltà ad individuare un orizzonte preciso su cui puntare l’attenzione; c’è sì un tangibile disagio, ma al tempo stesso è come se non si riuscisse ad inquadrarne il colpevole…Per certi versi noi siamo stati fortunati perchè abbiamo avuto occasione di vivere e raccontare un Paese che, appena uscito dalla guerra e quindi da ricostruire, vide convogliare verso di sè le più amorevoli energie della gente. Oggi come si può amare questa Italia?
Senti che nel Paese c’è qualcosa di profondamente negativo, ma non sai neppure con chi te la devi prendere…In fondo anche oggi siamo circondati da macerie, sia pure di altro tipo rispetto al passato, ma le responsabilità sono così molteplici che diventa estremamente difficile decifrare la realtà che ci circonda. Come si fa a fare il regista, lo scrittore, il giornalista, non potendo dare alla propria azione un obiettivo chiaro e preciso? I giovani registi di oggi certamente sanno come si realizza un film, e lo sanno non meno dei registi del passato, ma ad essi manca un orizzonte…noi invece lo avevamo….sapevamo che c’era da fare qualcosa a cui volevamo e dovevamo partecipare. C’era il desiderio comune di fare qualcosa per un Paese che amavamo. Da Proust fino a Steno non sarebbe venuto fuori nulla se non ci fosse stato un amore vero verso ciò che si voleva raccontare…”
Uno sceneggiatore o un regista non è mai una figura isolata ma si inserisce in un più ampio progetto di collaborazione da cui nasce un film, e Scola ha voluto dedicare un pensiero a qualcuno dei registi e attori con cui ha collaborato: “Antonio Pietrangeli aveva uno spessore e una malinconia davvero unici; Dino Risi aveva il dono della leggerezza nel racconto, una grazia ed una naturalezza tali da non sembrare affatto che dirigesse, ed aveva inoltre una sua riconoscibilità, come la cifra distintiva di un pittore; Alberto Sordi era un ”pazzo” completo, cioè un simpatico provocatore: lo divertiva spiazzare e spaventare gli altri…Non nego che molti dei film che ho scritto per loro mi avrebbe fatto piacere anche dirigerli, ma non credo che sarei stato capace di fare meglio di quanto hanno fatto i rispettivi registi.
I ricordi si rincorrono nel racconto di Scola, ma ecco che il pensiero torna ancora una volta al presente e al Bif&st: “Qui a Bari c’è un tesoro…ed è questo Festival così amato e frequentato dai giovani. Le sale sono sempre tutte piene e trovo ci sia una curiosità che non vedo altrove. Sarebbe bello se tutto questo convergere di interesse, entusiasmo, energia, si traducesse in una più ampia possibilità di riflessione e di dibattito sulla condizione di questo nostro Paese; un Paese che va cambiato e voi giovani avete le energie per farlo. Sarebbe bello se da Bari partisse una nuova ‘contagiosa’ ondata di cambiamento…Il paese ha bisogno del vostro aiuto. Nei giovani risiede l’unica speranza per il futuro. C’è bisogno di nuovi orizzonti a cui guardare. Pertanto vi esorto a darvi da fare per tentare di cambiare le cose, altrimenti vi ritroverete in una palude. Pensate a ciò che realmente volete realizzare nella vita e profondete tutta la vostra personalità in quello che fate. Cambiare si può…noi abbiamo cambiato un paese che veniva dall’esperienza del Fascismo e voi potete fare altrettanto oggi…e potete farlo senza mitra, con le vostre idee e il vostro entusiasmo.”
I Festival cinematografici sono occasione per scoprire opere nuove ma anche per rivedere con piacere film che abbiamo amato e magari già visto più volte in altri contesti. Anche su questo Scola ha detto la sua: “Io ritengo che un film, dopo essere stato licenziato, non sia più del regista ma diventi del pubblico. Credo sia questa la ragione che giustifica la propensione di molte persone a rivedere più volte uno stesso film. Esso viene infatti percepito in modo diverso man mano che il tempo passa, e questo accade perchè noi stessi cambiamo come persone…Ecco perchè ritengo che fare un film sia per un regista davvero una grande responsabilità.”
Nel realizzare un’opera cinematografica può accadere che essa susciti reazioni contrastanti all’atto della visione arrivando a toccare la suscettibilità di qualcuno. Scola racconta infatti come alcuni sui film abbiano suscitato le ire di qualche “personaggio”: “Ciò accadde ad es. quando girai La Terrazza. La storia è quella di un gruppo di cinquantenni che si riuniscono appunto su una terrazza e fanno un bilancio delle loro vite. Sono intellettuali scontenti di sè perchè scontenti degli altri e del mondo. Ebbene, alcuni politici, scrittori e giornalisti ritennero di riconoscersi nei personaggi del film, eppure non mi ero affatto ispirato a loro. Quella identificazione scattò perchè i personaggi che avevamo creto nel film erano in realtà degli archetipi. Resta il fatto che il film divise gli animi e ci fu chi lo amò e chi lo odiò. Traggo spunto da questo aneddoto per aggiungere che ogni film che tratti della società e del nostro vivere insieme è per ciò stesso ”politico”; non c’è bisogno che ci sia una intenzione specifica dell’autore in tal senso o una particolare veste ideologica.”
La valenza ”politica” di un film traspare anche dall’esempio con cui Ettore Scola ha chiuso la sua master class riportandoci al lungometraggio Una giornata particolare: “in questo film ho trattato il tema di due identità negate in nome dell’ideologia politica e della mentalità: la donna e l’omosessualità. Quando girai ritenni che quei temi fossero ancora validi da trattare. Certo nel frattempo di passi in avanti ne sono stati fatti, ad esempio oggi è più semplice farsi riconoscere come gay, ma i due argomenti del film conservano ancora una loro attualità. Questo fa si che il film abbia ancora delle implicazioni “politiche” nel senso più ampio del termine. E a tal proposito mi piace ricordare un episodio legato proprio a questa pellicola: un ragazzo mi scrisse per confessarmi di essere gay e di aver trovato il coraggio di parlare di sè al padre dopo aver visto ‘Una giornata particolare’. Scoprire di aver influito col mio lavoro sulla vita anche di un solo spettatore è stato per me come aver vinto un premio prestigioso.”
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