di Kasia Burney Gargiulo
Parve quasi che un titano o un demone infero avesse squarciato il monte alle loro spalle quando un tremito, accompagnato da spaventoso boato, irruppe a scuotere la villa fin dalle fondamenta. Posides tentò invano di placare gli animi dei suoi ospiti, il cui volto terreo aveva lo stesso colore della calcina che a tratti veniva giù dal soffitto del tablinum col rumore della grandine. Presi dal terrore, abbandonarono di corsa la casa. Le onde del mare fustigavano con violenza la riva ma presso la roccia che a sud chiude la baia riuscirono a trovare un estremo riparo mentre il superbo edificio, regno di ozi dorati, scompariva sotto il peso della cenere e del fango…
E’ verosimilmente questa la scena che un ipotetico testimone avrebbe potuto riportare dell’immane eruzione del Vesuvio che 1939 anni fa, nel 79 d.C., sconvolse Pompei ed Ercolano facendo sentire i suoi effetti devastanti fin sulla Costiera Amalfitana, precisamente dove oggi sorge lo splendido borgo costiero di Positano (Salerno). Data la distanza di 20 km in linea d’aria tra Positano e il cratere del Vesuvio, si è a lungo pensato che le località della Costiera non fossero state danneggiate; invece la colonna eruttiva, salita per oltre 20 km nell’atmosfera, fu spinta dai venti stratosferici verso sud facendo sì che anche su buona parte del Golfo di Salerno cadessero circa due metri di pomici e ceneri; materiali che misti a fango finirono così col creare sul fondovalle di Positano uno strato molto più alto alto perché a ciò che precipitava dall’atmosfera si sommarono i materiali in caduta libera dalle scoscese pareti calcaree dei Monti Lattari; un caotico ammasso piroclastico che rapidamente si sarebbe mutato in una sorta di durissimo tufo utilizzato, secoli dopo, come materiale da costruzione.
Proprio in quel fondovalle sorgeva la villa del nostro racconto, forse davvero – o forse no – appartenuta a quel Posides Claudi Caesaris, ricco liberto dell’Imperatore Claudio, dal cui nome si vuole derivi quello di Positano. Un tipo di edificio finora di raro riscontro in Costiera Amalfitana ma pienamente in linea con la moda diffusasi presso l’élite romana, soprattutto a partire dal II sec. a.C., di scegliere la costa campana come sede di lussuose abitazioni destinate al tempo libero (otium) vissuto all’insegna dell’armonia e della bellezza. Dal luglio 2018 una parte di ciò che resta di quella magnifica residenza, costruita alla fine del I sec. a.C., è tornata ad essere visibile dopo oltre dieci anni di lavori, fra scavi e restauri, che hanno interessato il sottosuolo della Chiesa di S. Maria Assunta dove si trovano inglobati i resti dell’antica dimora.
In quel luogo, a pochi metri dal mare, già dal XVIII secolo erano stati individuati i resti di una lussuosissima domus, come testimonia un rapporto stilato il 23 aprile 1758 da Carlo Weber, addetto agli scavi di Pompei, Ercolano e Stabia all’epoca di Carlo III di Borbone. A lungo se ne perse la memoria finché negli anni ’20 del Novecento un macellaio, effettuando dei lavori nella parte retrostante la sua bottega attigua alla piazzetta Regina Giovanna, nel Vallone di Fiume, ai piedi della scala della chiesa, si imbatté nuovamente nei resti della villa romana. Ma bisognò arrivare al 2003 perchè alla ennesima riscoperta – avvenuta durante lavori di scavo archeologico nell’ambito del progetto di restauro e riutilizzo delle cripte sottostanti la chiesa – si decidesse finalmente di affrontare in modo sistematico e scientifico lo scavo e lo studio della villa, avvenuti sotto la direzione scientifica della Soprintendenza di Salerno, Avellino e Benevento.
L’ambiente della domus romana ad oggi scavato si trova a circa 10 metri sotto il livello stradale, un tragitto nel ventre della terra che è un viaggio a ritroso nei millenni verso una stanza affrescata d’una bellezza mozzafiato. Le pareti del triclinio, alte ben cinque metri, si mostrano infatti coperte da raffinatissime immagini ricche di colori che denunciano tutto lo sfarzo di una residenza che dovette essere talmente vasta da occupare, da mezza costa fino al mare, gran parte dell’attuale centro di Positano: architetture trompe-l’oeil, festoni floreali, immagini mitologiche di tritoni, eroti, ippocampi, grifoni, pegasi alati e chimere, o altre, più naturalistiche, di pavoni, colombe, delfini, cerbiatti, nature morte e anche un paesaggio raffigurante la baia circondata da edifici porticati e da scogli. Il tutto sullo sfondo di campiture in blu egizio, rosso e ocra.
Gli affreschi sono nel cosiddetto IV stile (I sec. d.C.), arricchito però dalla inconsueta presenza di stucchi dipinti che, secondo gli archeologi, fanno pensare all’impiego di maestranze particolarmente qualificate diverse da quelle abitualmente operanti nell’area pompeiana. Non mancano reperti che facevano parte della struttura e degli arredi, come colonne lavorate, vasi in bronzo, vasellame ceramico riccamente decorato o i resti di un armadio in legno, materiale che ha trovato posto nel neo-istituito MAR (Museo Archeologico Romano). La villa, completamente sepolta dall’eruzione del Vesuvio del 79 e oggi, almeno in parte, tornata agli antichi splendori, era stata sontuosamente restaurata dopo i danni subiti a causa del sisma del 62 d. C. Ciò è testimoniato dal ritrovamento dell’impalcato interno, di una sega e altri attrezzi per i lavori in corso, ma soprattutto di una precedente cisterna utilizzata per l’accumulo temporaneo di grossi blocchi informi di tufo giallo napoletano che esperti scalpellini avrebbero trasformato in cubilia, ossia blocchetti tronco-piramidali destinati alla realizzazione di nuove mura in opus reticolatum. Un destino che accomuna questa villa a molte delle residenze pompeiane sepolte dall’eruzione del Vesuvio.
Il grande risultato oggi ottenuto è stato possibile grazie all’utilizzo ottimale dei fondi Fesr messi a disposizione dalla Regione Campania e alla collaborazione fra Soprintendenza, Comune e Curia vescovile di Amalfi da cui dipende la chiesa di Santa Maria Assunta dalla cui cripta medievale è partito lo scavo archeologico. Percorrendo un tragitto aereo, fatto di passerelle e scale in vetro e acciaio, i visitatori possono ammirare un contesto straordinario “perché conserva ancora la feschezza del momento in cui la sua storia si è interrotta” – ha detto la Soprintendente Francesca Casule in occasione dell’apertura al pubblico. Agli ambienti della villa, pavimentati in mosaico, si accede a gruppi di dieci persone alla volta per una permanenza massima di mezz’ora, e lo si fa passando attraverso l’ipogeo medievale con i suoi 65 sedili funebri destinati all’essiccazione dei cadaveri, in una stratificazione architettonica messa in evidenza dalla struttura trasparente del percorso.
In occasione dell’inaugurazione di cinque anni fa l’allora sindaco Michele De Lucia aveva anunciato una successiva ripresa degli scavi volta a riportare alla luce altri spazi della villa, in un processo di progressiva definizione dello spazio da essa occupato in origine. Nuove campagne di scavo si sono infatti svolte dal 2019 ed hanno consentito di riportare alla luce un nuovo ambiente interrato prospiciente al triclinium, oltre a reperti ceramici, lapidei, musivi, frammenti di pareti dipinte risalenti al I sec. d.C. con scene mitologiche, flora e fauna, elementi in bronzo, ferro e piombo, via via sottoposti a restauro. Di nuovi scavi si è quindi tornato a parlare nel 2022, quando l’attuale sindaco Giuseppe Guida ha dichiarato che obiettivo suo e dell’amministrazione comunale sarebbe stato “quello di portare a compimento lo scavo di oltre 200 mq di area ancora tutta da scoprire”, dicendosi certo che le nuove ricerche riserveranno alla città al mondo intero “nuove scoperte e grandi emozioni, suggellando Positano tra i luoghi più importanti del mondo per bellezza paesaggistica, storia e cultura”.
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Santa Maria Assunta, Piazza Flavio Gioia, 7
Orari di apertura | Dal 1 Aprile al 31 Ottobre: dal Lunedì alla Domenica
dalle ore 09.00 alle 21.00. Dal 1° novembre al 31 marzo: dalle ore 10.00 alle 16.00
Email biglietteria: ticketoffice@marpositano.it
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