di Kasia Burney Gargiulo
Sarà che le civiltà antiche che hanno popolato l’Italia sono una indissolubile componente del nostro Dna, un elemento che anche il più sfrenato modernismo tecnologico non riesce a sradicare completamente, certo è che ogni qual volta una loro traccia, anche frammentaria, riemerge dalle viscere della terra, riesce a toccare le corde delle nostre emozioni. E’ quell’impronta di bellezza – a volte presente anche negli oggetti più umili, – e ancor più di vita, cristallizzata in forme, colori, funzioni, capace di evocare un mondo plurimillenario di cui subiamo il fascino e di risplendere come l’oro o il diamante anche in mezzo al fango limaccioso di uno scavo fatto sotto la pioggia, fra le pareti spoglie di una tomba; una suggestione data dal tempo passato su oggetti giunti fino a noi a rappresentare gli archetipi dell’antichità.“E’ – come disse il grande scultore polacco Igor Mitoraj – il mistero dell’antico che si manifesta a noi per frammenti, per allusioni, per evocazioni come i riflessi di un’Atlantide scomparsa”.
A ricordarcelo è il nuovo ritrovamento archeologico compiuto pochi giorni fa nel Sannio Caudino, a Montesarchio (Benevento), appena una decina di giorni dopo il rinvenimento di un monumentale cratere a figure nere del VI sec. a.C. Stavolta a spuntar fuori, dallo stesso scavo disposto dal Comune in via Napoli per lavori di ampliamento della rete fognaria e curato dall’archeologa Luigina Tomay, sono alcuni vasi attici, testimonianza di consolidati contatti dell’aristocrazia sannita con il mondo greco: si tratta di un lekythos a figure nere con scene di simposio (probabilmente del VI-V sec. a.C.) e di un cratere a campana a figure rosse con immagini di divinità, di epoca un po’ più recente. Il lekythos è un tipo di vaso dal corpo allungato, collo stretto con un’unica ansa e ampio orlo svasato, utilizzato nell’antica Grecia così come nelle colonie magno-greche per conservare e versare olio profumato e unguenti, mentre il cratere era un vaso abbastanza grande, impiegato per mescolare vino e acqua nel simposio greco, e poteva avere varie forme fra cui quella a campana, foggiata appunto a mo’ di campana rovesciata e con orlo svasato, rialzato su un piede con corto stelo e dotato di due piccole anse nella parte superiore del corpo.
Sono questi gli elementi ricavabili dalle foto che, molto parsimoniosamente, la Soprintendenza ai Beni Archeologici ha permesso di scattare senza peraltro rilasciare, al momento, dichiarazioni ufficiali in merito alla nuova scoperta che, lo ricordiamo, è avvenuta in un’area quotidianamente colpita dal deprecabile fenomeno degli scavi clandestini ad opera di tombaroli, la cui azione, oltre a depredare il patrimonio culturale, ne altera i contesti impedendone la corretta lettura. Anche gli ultimi oggetti ritrovati andranno, dopo un attento restauro, ad aggiungersi alle collezioni del già ricco Museo Archeologico Nazionale del Sannio Caudino che ha sede nel Castello di Montesarchio.© RIPRODUZIONE RISERVATA