di Redazione FdS
Mentre da tutto il mondo arrivano notizie di vaccini in preparazione o già pronti da testare e di farmaci antivirali di riutilizzo o di nuova concezione, per fronteggiare la pandemia da coronavirus SARS-CoV-2 responsabile della patologia ormai nota come Covid-19, dall’Università della Calabria – e per la precisione dalla sua spin-off Macrofarm – giunge notizia della messa a punto di anticorpi sintetici che, stando alle prove di laboratorio, potrebbero essere in grado di bloccare l’infezione andando ad interagire con la struttura stessa del virus. Si tratta di una strategia innovativa che fa uso di anticorpi sintetici monoclonal type (cioè che riproducono il meccanismo d’azione di anticorpi naturali) capaci di intervenire bloccando l’azione del virus sulla cellula umana, ossia quell’azione che permette al patogeno di vivere e di replicarsi. Gli anticorpi sintetici, rispetto a quelli “biologici”, hanno una maggiore stabilità e versatilità e costi di produzione più contenuti. Inoltre possono essere progettati e ulteriormente ingegnerizzati in funzione della loro applicazione specifica.
Il meccanismo d’azione del virus e quello degli anticorpi sintetici
“Il nuovo Coronavirus “aggancia” la cellula bersaglio attraverso una proteina, detta proteina spike, che si lega ad uno specifico recettore delle nostre cellule, ACE2. La tecnologia si basa sull’ingegnerizzazione 3D di polimeri a memoria molecolare, che riescono a riconoscere e captare il segmento della proteina spike (detto dominio RBD) che si lega al recettore ACE2″ spiegano Francesco Puoci, professore associato del Dipartimento di Farmacia e Scienze della Salute e della Nutrizione e la dottoressa Ortensia Ilaria Parisi, postdoc dell’Unical. Il recettore ACE2, insomma, è la porta d’ingresso alle nostre cellule che le proteine spike (dall’inglese “punta”, cioè quegli spuntoni che vediamo nelle immagini del nuovo Coronavirus) riescono a forzare utilizzando come “chiave” l’unità RBD di cui sono dotate. L’obiettivo degli anticorpi sintetici è quello appunto di riuscire a neutralizzare questa “chiave” (v. elaborazione grafica seguente) impedendo l’accesso nella cellula.
Il brevetto
Il lavoro degli scienziati Unical, sottomesso a una prestigiosa rivista internazionale, è stato già brevettato al fine di poter attrarre l’attenzione di istituzioni e aziende farmaceutiche nazionali ed internazionali. Il modello sperimentale utilizzato ha mostrato la capacità di riconoscere e legare il segmento RBD delle proteine spike bloccandone la funzione e, quindi, impedendo l’interazione tra virus e cellule ospite alla base del processo di infezione.
Il team di lavoro
“Abbiamo lavorato sotto forte stress e a ritmi forzati – spiega il professor Puoci, coordinatore del team – per poter raggiungere tali risultati in termini di sicurezza ed efficacia. La selettività di azione è stata verificata utilizzando come analogo strutturale la sequenza proteica di un dominio RBD di un altro coronavirus, la Sars, che con il nuovo SARS-CoV-2 condivide più dell’80 per cento del genoma.
Abbiamo lavorato con un budget limitatissimo, ottenendo dei risultati davvero incoraggianti per un suo prosieguo – aggiunge Puoci – Ringrazio il rettore Nicola Leone, che è sempre stato aggiornato sugli sviluppi del progetto e ha incoraggiato gli sforzi compiuti. Ringrazio anche la direttrice del Dipartimento di Farmacia e Scienze della Salute e della Nutrizione, la professoressa Marialuisa Panno, per la disponibilità operativa concessa. I prossimi passi sono la sperimentazione sul virus attivo e poi quella in vivo. Il lavoro è in progress con la voglia e la speranza di arrivare fino in fondo”.
Il team che ha contribuito allo sviluppo dei nuovi anticorpi sintetici è composto, insieme a Puoci e Parisi, anche dal professor Vincenzo Pezzi, ordinario di Biologia Applicata, e dal dottor Rocco Malivindi, tecnico sociosanitario, che hanno curato gli aspetti biologici della ricerca. Nel team anche il dottorando Marco Dattilo e il borsista Francesco Patitucci.
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