di Redazione FdS
Il team operativo è composto da tecnici informatici, ingegneri informatici, elettronici e meccanici, designer, archeologi e un architetto, mentre fra i soci fondatori troviamo 2 professori universitari, Maurizio Muzzupappa e Fabio Bruno, che rappresentano il forte legame con il mondo della ricerca accademica: è la carta d’identità di 3D Research, azienda calabrese con sede a Rende (Cosenza) nata nel 2008 da un gruppo di giovani ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Unical, che hanno voluto portare il loro know-how fuori dall’ambito accademico, creando una spin-off volta ad applicare, con approccio interdisciplinare, i risultati della ricerca tecnologica ed ingegneristica a settori finora scarsamente propensi all’innovazione. Uno di tali settori è quello dei beni culturali intorno al quale hanno sviluppato vari progetti: uno di essi è rivolto al mondo dell’archeologia subacquea che senza dubbio è il settore più problematico sotto il profilo della fruizione, data la sua accessibilità solo a sub e professionisti dotati di brevetto di immersione. Eppure si tratta di un ambito di grande fascino per il pubblico, considerata soprattutto la ricchezza dei nostri fondali, con particolare concentrazione di testimonianze archeologiche proprio nel Sud Italia. “In questo momento la 3D Research – ha dichiarato il vice presidente Fabio Bruno – sta lavorando a diversi progetti di ricerca europei molti dei quali riguardano la valorizzazione dell’archeologia subacquea, in modo da renderla uno strumento idoneo a sviluppare il turismo sotenibile nelle località costiere, e noi partecipiamo a questi progetti cercando di dare un contributo allo sviluppo di tecnologie innovative”.
Si devono infatti a 3D Research alcuni strumenti che vanno a rivoluzionare la fruibilità di questi siti, come è stato mostrato di recente in uno dei parchi archeologici sommersi più belli d’Italia, quello di Baia, in Campania, utilizzato come “case study” insieme al sito del relitto navale romano di Punta Scifo, in Calabria: il sito di Baia si trova nell’area marina protetta fra i comuni di Bacoli e Pozzuoli, a nord di Napoli, e costituisce un esempio unico in ambito mediterraneo di protezione archeologica e naturalistica subacquea. Qui, mosaici, sculture, tracciati stradali e colonne, a causa del bradisismo, si trovano sommersi a circa 5 metri sotto il livello del mare e finora sono stati fruibili solo attraverso tradizionali immersioni nei fondali. Quello di Punta Scifo si trova invece a Crotone, nei pressi del parco archeologico di Capo Colonna, ubicato sul promontorio Lacinio e noto per i resti dell’antico santuario di Hera Lacinia oltre che per il successivo insediamento dei romani: nel mare antistante, a 7/8 metri di profondità, si trova il relitto di epoca romana del III secolo d.C. che trasportava blocchi di marmo provenienti dall’Asia Minore e vasellame di diversa fattura.
In particolare, nell’ambito dei progetti IMare Culture (che oltre al MIBAC coinvolge anche vari atenei dell’area mediterranea) e VISAS, è stato presentato uno strumento innovativo in grado di garantire al turista una forma di immersione virtuale all’interno di un parco archeologico sommerso, come quello campano di Baia (Na) o quello calabrese di Punta Scifo (Kr): in particolare chi utilizza questo sistema può esplorare, senza calarsi in mare ma attraverso un apposito visore di Realtà Virtuale Immersiva, la Villa con ingresso a protiro e innanzitutto osservare lo stato attuale dell’edificio che si trova a Baia sommerso a 5 metri di profondità, oppure il carico del relitto di epoca romana che si trova nei fondali di Punta Scifo (v. video seguente). L’utente può inoltre ottenere informazioni aggiuntive, visualizzando contenuti testuali o attivandone altri in versione audio, oppure ancora visualizzando dei video a 360° realizzati per integrare lo storytelling sul sito archeologico. L’altra funzione innovativa garantita è quella di poter passare dalla visione dello stato attuale del luogo (ad es. la villa) a una ipotesi di ricostruzione del suo stato originario, in una sorta di vero e proprio viaggio a ritroso nel tempo.
Questo stesso progetto contempla poi la messa a punto di un tablet, corredato di scafandro impermeabile e di un sistema di geo-localizzazione acustica, un vero e proprio GPS subacqueo, grazie al quale visitatori-sub saranno in grado di conoscere in tempo reale la propria posizione in mare. Questa viene indicata su una mappa 3D dell’intera area, grazie alla quale è possibile tracciare il proprio percorso di visita e soffermarsi a leggere i vari “punti di interesse” recanti informazioni storico-archeologiche sui resti presenti, oltre a vere e proprie ricostruzioni in realtà aumentata che consentono di apprezzare la ricchezza e l’estensione delle ville romane dell’antica Baiae o il carico della nave romana naufragata nel mare di Punta Scifo (v. video seguente). La ricostruzione 3D dei luoghi, fruibile sia in Realtà Virtuale che in Realtà Aumentata subacquea, è stata realizzata seguendo le indicazioni degli archeologi dell’ISCR (Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro, del MIBAC) ed in particolare di Barbara Davidde che ha anche coordinato le attività in mare.
Grazie a questi strumenti si amplia dunque il target di fruizione del patrimonio sommerso, mettendolo alla portata del grande pubblico, attraverso l’uso di tecnologie interattive, realtà virtuale, realtà subacquea aumentata e serious games, progettati da scienziati, ricercatori, archeologi ed esperti museali di 8 diversi paesi del Mediterraneo coi quali la calabrese 3D Research continua a sviluppare rapporti di stretta collaborazione.
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