L’orgoglio di un primato. A detenerlo è Satriano di Lucania, paese pittoresco e “pittorico” nella valle del Melandro. La sua storia si legge come un gigantesco libro illustrato, con i suoi centocinquanta murales che dal 1988 hanno fatto di Satriano la più vasta pinacoteca en plein air d’Italia. Attraverso la creatività degli artisti dell’Associazione APV – Arte per la valle -, la comunità si racconta, accoglie, celebra e si interroga, promuovendo una ricostruzione iconica del suo passato, fondata sul potente richiamo attrattivo del linguaggio artistico e sul fascino ludico della scoperta. Le strade, le piazze, le scalinate e i cortili si fanno piattaforme di contatto sorprendente e inatteso con i viaggiatori, determinati a dare voce allo spirito del luogo.
L’interno si fa esterno attraverso il gioco illusionistico del trompe l’oeil, i paesaggi dipinti amplificano la percezione diretta dell’atmosfera circostante, schegge di storia evocano le vicende della nobile Sichelgaita, i gesti quotidiani del lavoro dei campi e dei maestri artigiani, insieme alle scene della devozione popolare tributata al Santo patrono e alle leggende locali assumono talora un tono epico, a volte fantastico, altre ancora ironico. Il paese e l’intera comunità sono i protagonisti delle storie che si snodano lungo tutte le strade, i vicoli e le piazze, in una sorta di competizione tra chi si aggiudica sulle parete esterne della propria casa l’affresco più bello.
Nell’omonima piazza, in cui campeggia la statua bronzea dedicata al Pietrafesa, compare il ciclo pittorico dedicato al celebre pittore satrianese Giovanni Di Gregorio (1579-1656). Il suo spirito aleggia un po’ ovunque nel paese: pare che abbia ispirato i murales proprio un aneddoto legato all’infanzia del pittore, che disegnava col carboncino sui muri del suo paese prima che fosse mandato a Napoli a coltivare il suo talento.
Un altro primato compete a Satriano, la celebrazione del carnevale più antico della Basilicata. Il rito, incurante della flessibilità delle date del carnevale, comincia sempre nello stesso giorno, il 17 gennaio, a rimarcare il rapporto esistente tra S. Antonio abate, il maiale e le comunità agro-pastorali contadine meridionali. L’interpretazione del significato simbolico del rito riecheggia antiche celebrazioni pagane – il sacrificio di Dioniso – attraverso la morte rituale di una vittima. Domenica 7 febbraio la foresta e il paese si animeranno di rumit (eremiti), urs (orsi) e quaresime.
Il rumit è l’uomo-albero, completamente coperto di tralci d’edera, che vaga in silenzio tra le strade del paese strusciando il fruscio (un bastone con la cima di pungitopo) alle porte delle case. È il modo di annunciare la sua presenza e di fare la questua. Chi riceve la sua visita rispetta il silenzio e in cambio di un buon auspicio dona qualcosa (fino a qualche anno fa generi alimentari, ora qualche moneta). Mentre la natura vegetale infonde docilmente l’energia vitale della primavera, le maschere zoomorfe degli urs, completamente ricoperti di pelli chiare, scatenano il loro spirito selvaggio, cui si oppone la resistenza dei pastori e dei guardiani. La sera si svolge una sorta di pantomima collettiva, ‘A Zit, un matrimonio con rovesciamento dei ruoli, destinata a sancire il lieto fine del connubio uomo-natura. La processione è accompagnata da una vecchia inquietante vestita di nero, che minaccia la morte come una Parca e incute nei presenti un rispetto che simula il terrore.
Oggi i giovani satrianesi si servono dei rumit per lanciare un messaggio ecologista universale. L’attivismo civile e l’impegno per la tutela dell’ambiente rappresentano le fonti di ispirazione dei responsabili dell’associazione Al Parco, generosi organizzatori delle Camminate degli uomini-albero, a sostegno della candidatura di Matera-Basilicata 2019, e delle ultime edizioni del Carnevale di Satriano di Lucania.
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