di Redazione FdS
Continua il “fuoco incrociato” della ricerca scientifica contro la celiachia, diffusissima malattia autoimmune dell’apparato digerente derivante da una forma di intolleranza al glutine, proteina presente nel grano, nell’orzo e nella segale e quindi in tutti quegli alimenti composti da tali cereali di cui si trovano tracce anche nei prodotti di uso comune come farmaci, integratori, ecc. Com’è noto, le persone affette da celiachia nell’assumere alimenti o prodotti che contengono glutine, vanno incontro ad una reazione del loro sistema immunitario che scatena una infiammazione capace di danneggiare i villi, le piccole protuberanze della mucosa intestinale che consentono l’assorbimento nel sangue delle sostanze nutritive; se i villi sono danneggiati la persona manifesta tutta una serie di disturbi oltre a sintomi da malnutrizione, sebbene apparentemente si alimenti con regolarità. Dopo la notizia dello scorso giugno della messa a punto da parte di ricercatori dell’Università di Foggia di un rivoluzionario metodo per modificare le proteine del glutine, imprimendo ad esse dei cambiamenti tali da non scatenare – nel soggetto affetto da celiachia – la cosiddetta “cascata infiammatoria”, meglio nota come «intolleranza al glutine», ecco arrivare un’altra bella notizia che fa ben sperare in una soluzione definitiva.
La notizia arriva ancora una volta dal Sud Italia, e precisamente da un gruppo di ricercatori dell’Isa (Istituto di Scienze dell’Alimentazione) del CNR di Avellino che ha messo a punto un nuovo metodo scientifico consistente nel detossificare la farina, impedendo all’organismo di riconoscere le proteine del glutine, tossiche per il celiaco, ed evitando così la reazione infiammatoria.
“Considerato che alla base della patologia celiaca vi è una reazione infiammatoria al glutine – ha spiegato il professor Mauro Rossi ricercatore senior dell’Istituto di Scienze dell’Alimentazione del Cnr – la nuova strategia sviluppata al CNR consiste in un trattamento enzimatico “food grade” [cioè compatibile con l’alimentazione umana – NdR] applicato direttamente sulle farine o semole di grano ed in grado di mascherare le sequenze tossiche del glutine. In tal modo il glutine non viene più riconosciuto dai linfociti responsabili dell’infiammazione“.
Secondo gli scienziati che hanno elaborato il metodo, esso non va in alcun modo ad alterare le proprietà organolettiche dei cibi. Da un punto di vista tecnologico ed organolettico – ha chiarito Rossi – non ci sono differenze sostanziali con la normale farina. Ha inoltre anticipato che grazie alla collaborazione con un gruppo aziendale interessato allo sviluppo commerciale di questo metodo, sta per partire il trial clinico in partnership con il Policlinico Umberto I di Roma che servirà a validare definitivamente la strategia.
I risultati della sperimentazione si attendono per prima dell’estate con l’auspicio che entro l’anno la farina “detossicata” (dotata cioè di glutine ma reso inoffensivo per l’organismo) possa essere immessa sul mercato a disposizione del già altissimo e crescente numero di celiaci (le statistiche riferiscono di 1 celiaco ogni 100 persone in Italia e nel resto del mondo).
1 su 100: è la stima dei celiaci in Italia e in tutto il mondo.
100: è la spesa in euro al mese per alimenti senza glutine a carico del servizio sanitario per una donna adulta e 150 per un uomo.
200: sono gli euro spesi per famiglia per la diagnosi, laddove non sia stato applicato il decreto sulle malattie rare che consente la diagnosi gratuite anche ai parenti di primo grado.
1200: le strutture di ristorazione in Italia, alberghi, ristoranti pizzerie e gelaterie, che possono vendere alimenti ai celiaci in sicurezza.
1.736: è il numero dei prodotti senza glutine contenuti nel registro Nazionale degli alimenti, quello dei prodotti erogabili. Nato nel 2001 con decreto Veronesi, allora ne conteneva 281.
85.000: sono le diagnosi di celiachia in Italia ogni anno.
500.000: i celiaci in Italia che non sanno ancora di esserlo.
150 milioni: è la spesa complessiva in Italia per gli alimenti senza glutine di cui 130 nel circuito farmaceutico e 20 nella grande distribuzione
2005: a partire da quell’anno i celiaci dispongono di una legge di tutela che garantisce loro il diritto di avere un pasto senza glutine in tutte le mense pubbliche.