di Redazione FdS
“È la prima mostra in assoluto a Napoli dedicata interamente a Battistello Caracciolo, il più grande pittore napoletano del ‘600 dopo Luca Giordano. Se questo artista è quanto di più vicino ad un allievo il Caravaggio abbia mai avuto, è altrettanto vero che fu un caravaggesco molto infedele, perché disegnava, affrescava e incideva…”: è quanto dichiarato dal curatore Stefano Causa durante l’inaugurazione della mostra “Il patriarca bronzeo dei Caravaggeschi: Battistello Caracciolo (1578-1635)” che si è aperta a Napoli lo scorso 9 giugno presso il Museo e Real Bosco di Capodimonte ed è visitabile fino al 2 ottobre 2022. L’esposizione è dunque la prima monografica su Battistello Caracciolo (Napoli, 1578-1635), artista che più di altri ha incarnato gli insegnamenti di Caravaggio, al punto da essere definito “patriarca bronzeo dei Caravaggeschi” dallo storico dell’arte e critico Roberto Longhi. L’idea di accendere in grande stile i riflettori su uno degli autori più iconici della pittura napoletana si deve a Sylvain Bellenger, direttore del Museo di Capodimonte, con la collaborazione istituzionale di Mario Epifani, direttore del Palazzo Reale di Napoli e di Marta Ragozzino, direttrice regionale Musei Campania. Altre due sedi napoletane – Palazzo Reale e Certosa di San Martino – sono infatti coinvolte in questo grande evento espositivo dato che al loro interno custodiscono opere del Caracciolo; circostanza che ha consentito di creare un più ampio percorso legato alla mostra di Capodimonte e anche una bigliettazione congiunta per tutta la durata della mostra.
Le opere esposte a Capodimonte nella Sala Causa sono quasi 80; molte di esse provengono da istituzioni pubbliche, italiane ed estere, enti ecclesiastici e privati collezionisti. Al Palazzo Reale sarà invece possibile visitare la sala del Gran Capitano Gonzalo de Córdoba, primo Vicerè spagnolo di Napoli, sala nei cui affreschi, realizzati da Battistello Caracciolo, è possibile scorgere, tra gli altri personaggi, anche il volto di Michelangelo Merisi da Caravaggio.
Un nuovo racconto della pittura a Napoli, a cura di Stefano Causa e Patrizia Piscitello, inaugurata lo scorso 31 marzo con la mostra Oltre Caravaggio, ha influenzato l’esposizione su Battistello Caracciolo, che grazie all’introduzione di elementi di confronto con la scultura o con opere pittoriche di varia sensibilità, consente di comprendere meglio le peculiarità di questo pittore, di individuare nuove prospettive e chiavi di lettura secondo cui guardare al ricco humus artistico del potente Viceregno spagnolo, sempre aperto all’arrivo di nuovi talenti provenienti da Firenze, dalla Spagna o da Roma. Artisti quali Jusepe de Ribera, Giovanni Lanfranco, Mattia Preti, Cosimo Fanzago, Pietro Bernini o Michelangelo Naccherino e le loro opere presenti in mostra, rendono l’allestimento un’esperienza visiva davvero unica.
Il percorso inizia con i primi dipinti dedicati al Battista, proseguendo fino agli anni alla maturità in un costante confronto con i grandi maestri dell’epoca, attivi in quel Viceregno spagnolo ricco di fermento artistico. Una carrellata di splendide opere come la celebre ‘Liberazione di San Pietro dal carcere’, ‘La Crocifissione con i dolenti’ che rimanda alla ‘Crocifissione di Sant’Andrea’ di Caravaggio oggi al Museo di Cleveland, o la ‘Gloria di San Luigi Gonzaga’, proveniente dal Gesù Vecchio, una delle chiese più importanti del centro storico di Napoli ma anche una delle meno note; un capolavoro pressoché ignoto al pubblico nel quale il santo, sospeso sulle mani degli angeli che sembrano spingerlo verso l’alto, è riemerso finalmente dalle patine del tempo nel trionfo della sua gloria grazie a un attento restauro curato da Giuseppe Mantella.
E poi ancora ‘Cristo e la Samaritana’, un gioiello dalla Pinacoteca di Brera, ‘Cristo alla colonna’ dal Museo di Capodimonte, la grande pala ‘Madonna con Bambino e Santi’ proveniente dalla Cattedrale calabrese di Stilo e di ritorno a Napoli dopo oltre 400 anni, ‘Leda e il cigno’, in prestito da una collezione privata, i bellissimi ‘Cristo soccorso dall’angelo’ e ‘Madonna col Bambino e Sant’Anna’, entrambi provenienti da Vienna, ‘Lot e le figlie’ dalla Galleria Nazionale delle Marche, Il ‘Miracolo di Sant’Antonio da Padova’ tra le opere più celebri della maturità, proveniente dalla chiesa napoletana di San Giorgio dei Genovesi, e numerosi altri capolavori.
Nato a Napoli nel 1578, dove muore nel 1635, Giovan Battista Caracciolo detto Battistello è il primo e il maggiore dei pittori caravaggeschi meridionali. L’artista fu riscoperto grazie a un articolo del 1915 uscito in due puntate sulla rivista L’Arte dal giovane Roberto Longhi (1890-1970). Lo scrittore e storico d’arte di origine piemontese non rinnegò mai la passione per il pittore, di cui riuscì a procurarsi, per la propria raccolta di quadri caravaggeschi, un’opera di vigoroso impatto come il Seppellimento di Cristo, esposta in mostra su prestito della Fondazione Longhi di Firenze. Come accennato all’inizio, a differenza del suo maestro Battistello disegna, affresca e incide. Alcuni dei lavori più impegnativi dell’ultimo periodo dell’artista, negli anni ’30 del XVII secolo, sono tra i capolavori della pittura murale in Italia meridionale. Battistello, di fatto, si forma come frescante tra la fine del ‘5oo e i primi del ‘6oo e, come pittore ad affresco, conclude, con l’aiuto di una bottega, il suo percorso in alcune delle maggiori chiese della città.
Nonostante queste sue peculiarità, il legame di Battistello con Caravaggio rimane strettissimo, come si coglie dalle parole dello storico dell’arte settecentesco Bernardo De Dominici: “Ora fra coloro che allettati rimasero da sì nuova maniera [di Caravaggio – NdR], uno fu il nostro Caracciolo, ed a tal segno se ne compiacque che, lasciate in abbandono tutte quelle da lui per l’innanzi seguitate maniere, a questa tutto si volse ed assolutamente si propose di seguitare…”. L’articolato percorso della mostra punta a comprendere non solo come e quanto Battistello Caracciolo sia stato influenzato da Caravaggio, ma anche in cosa se ne discostò. Battistello Caracciolo, infatti, è un caravaggesco in controtendenza: lo dimostrano i suoi disegni, così nitidi e veloci, strettamente correlati all’esecuzione di un dipinto. Com’è noto il modus operandi di Michelangelo Merisi da Caravaggio, per come lo conosciamo attraverso le fonti e le opere a noi pervenute, trascurava l’esercizio grafico preliminare alla realizzazione pittorica.
Di fondamentale importanza per la comprensione del ruolo del disegno nell’opera di Battistello è stato il riconoscimento della sua mano in diversi disegni conservati presso il National Museum di Stoccolma. I fogli, alcuni dei quali esposti ora a Napoli, furono portati in Svezia alla fine del Seicento dall’architetto Nicodemus Tessin il Giovane, di ritorno dai suoi viaggi in Italia. A tal proposito ancora una volta risultano preziose le parole del De Dominici: “Fu però molto studioso nelle nostre arti e d’un pensiere facea più disegni, e quello che poi eligeva, lo rivedeva con disegni fatti sul vero da figura a figura, disegnando perlopiù con lapis piombino o con penna.” Se per Caravaggio fu la notte, per Battistello l’unicità e il grande stacco del maestro, firma unica ed incontrovertibile come il suo monogramma, è l’incarnato bronzeo dei suoi Cristi, delle sue Madonne, il corpo di Sant’Onofrio. Le pareti si vestono della stessa tonalità bronzea, la stessa irregolarità, la stessa materica verità.
I progettisti, interpretando l’input dei curatori, hanno realizzato una sequenza di spazi che permette giochi di sguardi, confronti tra movimenti e contro-movimenti, presenze forti come le sculture marmoree degli apostoli che inquadrano la già citata pala Madonna con Bambino e Santi da Stilo. Dagli inizi, sino alla maturità della sua produzione artistica, si trova in ogni sala un confronto tematico e stilistico, disegnato con dovizia dai curatori, con i grandi maestri coevi, scultori e pittori. All’ingresso, un’austera finestra, che rimanda alla facciata della Cappella del Monte di Pietà a Napoli, ci lascia intravedere dietro la sua cornice lapidea e la sua severa inferriata presenze importanti come quella di Fabrizio Pignatelli, attraverso il suo scultoreo monumento funebre proveniente dalla Chiesa di Santa Maria Mater Domini di Napoli. Un’analoga apertura ci anticipa, più in là nel percorso, uno sguardo verso le ultime due sale, verso i bozzetti di Battistello, materia prima e primordiale del pittore, ed il suo ultimo scambio dialogico, in chiusura, con Mattia Preti (Scena di carità con tre fanciulli mendicanti, 1653 ca.).
Il percorso della mostra inizia con un’installazione site specific realizzata da Kaos Produzioni con la direzione artistica di Stefano Gargiulo e l’elaborazione musicale di Bruno Troisi, in cui le immagini e i suoni introducono il visitatore nei mondi di luce e ombre del naturalismo di Battistello. Le differenze tecniche e cromatiche dei suoi lavori trasformano i lividi colori metallici delle tele a olio in grandi ricami colorati negli affreschi rendendo palese come l’alternanza tra ombra e luce è condizione imprescindibile non solo per l’artista ma per la stessa vita. La profondità dell’ombra necessita della luce per essere riconosciuta, al contempo la luce semplifica, chiarisce e rassicura ma senza il buio dell’ombra l’uomo sarebbe ancora nel noioso paradiso terrestre.
La mostra su Battistello Caracciolo si inserisce nel ciclo di esposizioni portato avanti dal Museo e Real Bosco di Capodimonte su artisti napoletani e non napoletani che hanno avuto una stretta relazione con Napoli, anche se fugace, come nel caso di Picasso e, più recentemente, Jan Fabre o Santiago Calatrava, e che hanno visto il loro lavoro influenzato, spinto a esprimere qualcosa di diverso o a volte a prendere un nuovo corso, dall’esperienza napoletana. Dopo Luca Giordano, Vincenzo Gemito, Salvatore Emblema e ora Battistello Caracciolo, queste mostre monografiche sono spesso le prime in assoluto ad essere realizzate su tali artisti e contribuiscono ad una migliore individuazione di un milieu napoletano, un milieu complesso che non può essere compreso solo da mostre strettamente filologiche che spesso occultano la complessità di una metropoli aperta al mondo come Napoli.
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Museo e Real Bosco di Capodimonte (Sala Causa), Napoli
Via Miano, 2
Apertura: tutti i giorni (mercoledì giorno di chiusura), dalle ore 10.00 alle ore 17.30 (ultimo ingresso ore 17.00)
Palazzo Reale (Sala del Gran Capitano), Napoli
Piazza Plebiscito 1
Apertura: tutti i giorni (mercoledì giorno di chiusura), dalle ore 9.00 alle ore 20.00 (ultimo ingresso ore 19.00).
Info: palazzorealedinapoli.org / 081 580 8255 / pal-na@beniculturali.it
Certosa e Museo di San Martino (Chiesa e Quarto del Priore), Napoli
Largo San Martino, 5
Apertura: tutti i giorni (mercoledì giorno di chiusura), dalle ore 8.30 alle ore 19.00 (ultimo ingresso ore 18.00). Il Quarto del Priore è visitabile dalle 9.30.
Info: museicampania.cultura.gov.it /+39 0812294503 / drm-cam.sanmartino@beniculturali.it
Biglietto mostra: 20 euro cumulativo per Museo e Real Bosco di Capodimonte, Palazzo Reale e Certosa e Museo di San Martino, valido per un ingresso in ogni sito espositivo per tutta la durata della mostra, acquistabile on line oppure on site in ciascuno dei tre siti presso le relative biglietterie.
Info e prenotazioni: 848 800 288
da cellulare e dall’estero: 06 39967050 / www.coopculture.it
prenotazioni tramite app Capodimonte su App store e Google store