di Redazione FdS
Quattro vigne impiantate con uve a coltura biologica: vigna Muzzunetto, vigna Sant’Anastasia, vigna Feudo e vigna Frassà. Otto ettari trattati senza alcuna sostanza di sintesi ma solo con rame, zolfo e agenti naturali, peraltro utilizzati con misura ed oculatezza. Nessuna concimazione, solo sovesci e ridotte lavorazioni del terreno per preservare la fertilità e favorire la biodiversità del suolo. Vitigno privilegiato il Gaglioppo insieme ad altri vitigni autoctoni, sempre più considerati i migliori interpreti del terroir. E’ questo il regno del calabrese Francesco De Franco, poco meno di 50 anni, emigrante di ritorno, architetto di formazione ma con la passione della vigna al punto da farne il suo lavoro, e di sua moglie, la friulana Laura Violino, operatrice culturale, insieme uniti dalla passione per la natura e l’arte. “Per noi essere vignaioli significa agire con responsabilità sul territorio, favorire la biodiversità, rispettare i tempi lenti propri dell’agricoltura” – dichiarano – per spiegare la filosofia che li guida nella cura delle loro vigne sulle dolci colline di Cirò, nel cuore della Calabria jonica.
Dire Cirò è dire subito Gaglioppo, un vitigno straordinario noto e vinificato sui calabri lidi già al tempo delle antiche colonie greche, allorquando quel vino rosso rubino, di robusta gradazione alcolica, veniva inviato ai Giochi di Olimpia quale trofeo per gli atleti che allora gareggiavano per la gloria e in omaggio agli dei. Ebbene, quel vitigno ed il vino che se ne ricava, nelle varianti rosso classico, rosato e riserva, è da tempo uno dei principali biglietti da visita del territorio calabrese, un valore di gusto e di civiltà assolutamente da salvaguardare già a cominciare – secondo De Franco – dalle metodiche colturali, come quelle biologiche da lui applicate nei suoi vigneti posti tra il mare e le montagne della Sila.
‘A Vita è una giovane azienda stanziata su terre argillose e calcaree caratterizzate da favorevoli escursioni termiche, nella zona d’eccellenza della produzione vitivinicola calabrese, dove la vite è coltivata da oltre 2500 anni. Nonostante una iniziale diffidenza da parte di ristoratori e buyers, i vini di Francesco De Franco hanno subito incontrato il gradimento del pubblico dei consumatori, in un crescendo di interesse ora culminata nell’attenzione riservata dal critico del New York Times, Eric Asimov, che ha segnalato il suo Cirò Rosso Classico Superiore 2010 (Gaglioppo al 100%) tra le migliori 20 bottiglie del mondo sotto i 20 dollari e uno fra i “vini inesplorati” da scoprire nel 2014. Asimov nel suo articolo racconta della sua attenzione per i vini che hanno alle spalle antiche tradizioni ma che sono poco noti e pur conoscendo il Savuto, altro vino storico di Calabria, ammette di aver scoperto il Cirò solo in tempi recenti e di essere stato “molto eccitato all’idea di dover provare questo vino fatto con l’antico vitigno Gaglioppo” un vino rivelatosi “sorprendentemente delicato ma anche profondamente tannico (…) pastoso e dal sapore di nocciola” ma capace di sprigionare “profumi di rosa appassita”. Consiglia di abbinarlo con carni grasse, non prima di averlo lasciato “aprire” in un decanter qualche ora prima di consumarlo.
De Franco è un paladino della tradizione per cui non poteva non guardare con occhio critico l’idea del Consorzio di tutela del Cirò e Melissa di cambiare le regole e permettere di usare altri vitigni, anche internazionali come Cabernet e Merlot, fino al 20%. Ha così deciso di mettere a frutto i suoi studi quadriennali all’Enologico di Conegliano, con stage in Cile e in Friuli Venezia Giulia, studi condotti dopo aver rimesso nel cassetto la sua laurea in Architettura conseguita a Firenze ed utilizzata a San Marino, e di rientrare in Calabria ad occuparsi delle vigne di famiglia. Fatta una scelta di campo molto chiara e rigorosa, si è schierato con quei piccoli produttori che hanno rivendicato il rispetto dell’identità territoriale e della tradizione in materia di vino. La produzione del Cirò – spiega De Franco – è troppo ristretta perchè abbia un senso snaturare questo vino rendendolo simile a tanti altri rossi, e ravvisa nella conquistata attenzione statunitense il segnale che il gusto americano si sta modificando grazie alle influenze europee, orientandosi verso “vini semplici, bevibili, immediati”.
Poche e nette le regole a cui ha deciso di attenersi: coltivazione biologica e tempi adeguati per il vino che deve avere almeno due anni di affinamento (quattro per le ”riserve”); puntare su vini che abbiano un carattere e “qualcosa da dire”, anche se non graditi a tutti. Il debutto del suo Cirò Classico Superiore avvenne con grande successo a Ercolano, nell’ambito della manifestazione «Parlano i vignaioli», di recente tenutasi anche a Bari. Da allora il suo Cirò sta facendo il giro del mondo e al Classico si sono aggiunti il Riserva, il Rosato, il Rosso e l’F36 p27. L’ultima frontiera di ‘A Vita è la sperimentazione di altre varietà autoctone calabresi, come il Greco nero e il Magliocco. Della serie “torniamo all’antico e sarà un progresso”, come diceva il grande Giuseppe Verdi. Ad Maiora.