di Redazione FdS
La prima giornata di studi “Bergamotto: l’Essenza del Sud”, svoltasi lo scorso 19 marzo, presso l’Istituto di Studi Ellenofoni di Bova Marina (Reggio Calabria), è stata occasione per approfondire aspetti poco noti della filiera del cosidetto “Oro Verde della Calabria”. L’evento, promosso dall’Assessorato alle Minoranze Linguistiche della Provincia di Reggio Calabria, nell’ambito del progetto Conoscere per Tutelare, ha inaugurato un ciclo di conferenze che si svolgerenno nel mese di Aprile e Maggio 2016, durante le quali si focalizzerà l’attenzione rispettivamente sull’artigianato grecanico e sulla lingua greco-calabra. Il progetto intende infatti valorizzare e tutelare le eccellenze del patrimonio culturale che qualificano la Minoranza storico-linguistica dei Greci di Calabria, anche grazie l’organizzazioni di mostre temporanee.
E’ stato così per il primo incontro sul bergamotto, che ha accolto una straordinaria rosa di esperti nel campo dei beni culturali, dell’agricoltura, della scuola e del mondo alberghiero, oltre che le istiuzioni compententi. Tra gli ospiti, anche la principessa d’Afganistan Soraya Malek, invitata personalmente da Mario Candido, Assessore alle Minoranze Linguistiche della Provincia di Reggio Calabria. La principessa ha avuto modo di osservare il paesaggio grecanico, conoscere i parlanti della lingua greco calabra e l’affascinante mondo del bergamotto, di cui ha apprezzato le tante risorse culturli connesse al pregiato agrume calabrese, dall’archeologia industriale, alla storia, dal paesaggio ai prodotti dolciari e gastronomici.
Parlare di bergamotto non significa, infatti, parlare solo delle proprietà eccezionali di questo raro agrume, di aspetti commerciali o strategie di comunicazione e marketing. Il ruolo svolto dal bergamotto nella provincia di Reggio Calabria, fin dal corso dell’Ottocento, contribuisce oggi ad identificare questo agrume come un vero e proprio simbolo identitario. Basta guadare la costa ionica meridionale, colma di “giardini di bergamotto” per comprendere quanto questo agrume abbia influito non solo sulla fisionomia del paessaggio, ma anche sull’urbanizzazione delle marine, essendo stato il frutto motore di una forte economia, generatasi nell’Ottocento. Questi e molti altri aspetti culturali, connessi al bergamotto, sono stati affrontanti durante il convegno, conclusosi con l’inaugurazione nella mostra Beg Armudi, Bergamotto: l’Essenza del Sud, allestita nel Museo Agro-Pastorale di Bova Marina, al pian terreno dell’Istitituto Ellenofono che si affaccia su Piazza Municipio, proprio di fronte la villa comunale.
La mostra, coadivuata da guide esperte ed interessanti laboratori didattici, ha quindi fatto da cornice al convegno, durante il quale si è discusso anche delle misteriore origini del bergamotto. A parlarne il dott. Pasquale Faenza, conservatore di beni culturali e storico dell’arte, attualmente impegnato, in una ricerca scientifica, presso l’Archivio Statale di Norimberga, promossa dall’AIAB Calabria (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica della Calabria). Ripercorrendo la storia di questo raro agrume, Faenza ha messo in evidenzia la totale essenza di notizie sul bergamotto in Calabria prima del 1743, anno in cui un documento testimonia “piedi di bergamotto” nel villaggio di San Caterina del Trivio. Le ricerche di Pasquale Faenza sono infatti orientate ad esaminare sia le ragioni della mancanza di piantagioni di bergamotti nel catasto onciario di Reggio del 1743, sia ad indagare la veridicità delle informazioni dello Spanò Bolani, circa l’importazione, nella città delle Stretto, di un albero di bergamotto, nel 1726. Sappiamo infatti che oggi il bergamotto cresce solo lungo la sottile striscia di costa calabrese, che dallo scoglio di Scilla giunge a Punta Stilo. Misteriose ibridazioni hanno generato un albero dall’aspetto anonimo, classificato solo nel 1818 da Antoine Joseph Risso (1777-1845). Si tratta del Citrus aurantium bergamia Risso, una pianta della famiglia delle rutacee, sottofamiglia delle hesperidee, genere citrus, cui frutto, dai semi sterili è, da sempre, considerato la pietra angolare del piacere olfattivo.
Il bergamotto divenne, infatti, noto in tutta l’Europa alla fine del Seicento grazie alle proprietà dell’olio essenziale, ottenuto dalle scorse del frutto, capaci di mantenere sempre fragrante il bouquet degli effluvi profumati. Prima di allora le informazioni su questa pianta sono legate a miti, leggende e a fonti storiche spesso non chiaramente decifrabili, tanto che persino l’etimologia del nome è ancora oggi incerta. Secondo alcuni studiosi la prima notizia collegabile al bergamotto andrebbe ricercata nel “Dell’arte del cucinare, con la quale si può ammaestrare qual si voglia cuoco, scalco, trinciate o maestro di casa”, un libro di cucina, pubblicato nel 1570, redatto anni prima da Bartolemeo Scappi, cuoco personale di papa Pio V. Nel testo si parla di sei libbre di “bergamini confetti”, preparati, nel 1536, in occasione di un banchetto romano, offerto all’Imperatore Carlo V, interpretati dagli storici come bucce di bergamotto candite. Siamo però nel raggio delle ipotesi, discutibili e arbitrarie, come nel caso dell’identificazione del bergamotto con una varietà di limone, descritta, nel 1646, dal gesuita Gian Battista Ferrari, in un giardino napoletano.
Documentabili sostiene Faenza sono invece solo le carte d’archivio conservate in luoghi molti distanti dalla Calabria. La prima si riferisce all’invenzione, nel 1680, di un’acqua profumata al bergamotto, ad opera di Giovanni Paolo Feminis (1666-1736), un profumiere, originario di una piccola borgata dell’attuale provincia di Verbania, emigrato in Germania da giovane. Nessuna fonte ricorda però il Feminis soggiornare in Calabria o attraversare lo Stretto di Messina per consentire un possibile collegamento tra il suo profumo e i territori dove fin dalla seconda metà Settecento si produceva uno spirito di bergamotto dalle proprietà uniche al mondo. Certa è invece la notorietà riscossa dell’invenzione del Feminis, chiamata “aqua admirabilis”, perchè mirabile era il potere dell’olio essenziale di bergamotto di impedire la volatilizzazione dei suoi effluvi profumati. Poco più tardi, sarà Simon Barbe, famoso profumiere francese, a consigliare l’uso di essenza di bergamotto nel suo Le parfumeur francois, del 1693. Sappiamo inoltre – dice Faenza – che fin dagli inzi Settecento il bergamotto era noto in tutta Europa non solo per via del suo intenso profumo. Fa fede l’interesse dei botanici e dei collezionisti dell’epoca, attenti a classificare varietà diverse di stesse piante, in particolar modo agrumi, considerati fin del Cinquecento dei veri e propri status simbol, e per questo ricercati dai più ricchi signori d’Europa per decorare i loro meravigliosi giardini.
L’attenzione verso questo raro agrume spinse il botanico, Bartolomeo Clarici (1664-1725), a immortalare nei suoi scritti due ipotesi che circolavano a suoi tempi sulle origini del bergamotto, pianta certamente vista nelle tante ville principesche del Centro e Nord Italia. La prima delle ipotesi affermava che il termine “bergamotto” traeva origini da Bego, nome di uno sconosciuto principe d’Epiro, un piccolo stato, nell’attuale Albania, conquistato dai turchi nel 1479; la seconda ipotesi ricorda invece che l’agrume era stato classificato con l’appellativo di “Lumia Bergamotta” perché “s’assomiglia a què Peri, che, come vol l’Aldovrando, erano stati trasportati per il resto d’Europa da Bergamo, perciò bergamotti furono nominati”. Un’altra fonte decisamente interessante per la ricostruzione della storia del bergamotto è la natura morta di agrumi, dipinta, nei primi del Settecento, da Bartolomeo Bimbi (1648-1730), per conto di Cosimo III dei Medici. L’opera, destinata ad arricchire la collezioni di quadri Medici citrus, oggi nella villa di Poggio a Caiano, non lontano da Prato, raffigura dei bergamotti, chiaramente identificabili nella didascalia che scorre in basso, all’interno di un cartiglio.
Contemporaneamente, il botanico tedesco Johann Christoph Volkamer (1644-1720) riportava, nel secondo volume della sua “Continuation der Nurnbergischen Hesperidum”, del 1714, i primi disegni tecnici del frutto e della pianta di bergamotto. Lo stesso autore precisa che l’agrume era stato portato dall’Italia in Germania, e piantumanto nelle sue serre riscaldate di Norimberga. Sono questi gli anni in cui Giovanni Maria Farina, lontano parente del Feminis, rielaborava le proprietà dell’“aqua admirabilis”, brevettando un’acqua al bergamotto, a cui diede il nome della città tedesca: “Kölnisch Wasser”, in italiano “Acqua di Colonia”. Il successo del nuovo profumo consentì al Farina di aprire, nel 1714, la profumeria “Giovanni Maria Farina, di fronte alla piazza di Jülich”, nonché una fabbrica in Glockengasse, 4711: il numero civico che, ancora oggi, contraddistingue il profumo originale. L’Acqua di Colonia fece la fortuna non solo del Farina, ma anche del bergamotto. Ma dove proveniva tutta l’essenza necessaria ad alimentare la fabbrica tedesca di Johann Maria Farina? E’ questo l’indirizzo di ricerca che sta conducendo Pasquale Faenza presso l’Archivio Statale di Norimberga, oggi impegnato, insieme al Comune di Norimberga nella ricostruzione del giardino di Johann Christoph Volkamer, primo botanico che illustrò, nel 1714, il bergamotto.
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Per info sulla mostra “BEG ARMUDI: IL BERGAMOTTO” consulta il sito web aiabcalabria.it