di Redazione FdS
Se, come diceva Michelangelo in una delle sue Rime, “una sola lucciola può far guerra alla notte”, figuratevi migliaia di esse che volteggiano, s’inseguono, planano, con moto solo apparentemente bizzarro e irregolare. E’ il rito naturale e affascinante dell’accoppiamento di questi coleotteri che a volte in gruppi isolati, a volte in veri e propri sciami, fluttuano nell’aria delle sere preestive, in ambienti ecologicamente integri, regalando all’osservatore momenti di magica suggestione. Non è un prodigio, ma un complesso “gioco” di sostanze chimiche che va sotto il nome di bioluminescenza, caratterizzato dall’emissione di luce visibile da parte di organismi viventi; a produrlo è il processo di ossidazione di una molecola fotogena detta luciferina col ruolo determinante di un enzima noto come luciferasi. Questo fenomeno è presente sia nelle larve che nelle lucciole adulte nelle quali è legato appunto all’accoppiamento: i maschi emettono segnali ritmici luminosi cercando con questo sistema di attirare l’attenzione delle femmine, che a loro volta emettono luce a un ritmo differente, solitamente più continuo e duraturo. La sua spiegazione scientifica non toglie tuttavia fascino a questo spettacolo della natura diventato ormai sempre più raro a causa dell’alterazione dell’habitat di questi piccoli insetti dovuta all’uso di pesticidi o della sua distruzione determinata da una crescente antropizzazione. Fino a pochi decenni fa, soprattutto tra fine maggio e inizi di giugno, era abbastanza comune veder comparire le lucciole quasi per incanto nelle periferie dei piccoli centri abitati e, ancor più, negli spazi aperti di campagna e nei boschi. Oggi esistono persone che hanno il triste primato di non averle mai viste in vita loro, e i pochi luoghi d’Italia in cui ancora riescono a regalare la loro poesia diventano accorsatissimi grazie a visite guidate appositamente organizzate alla ricerca di un incontro ravvicinato. E’ quanto avviene in Puglia, nel bosco di Sant’Antuono, un lembo di territorio ricco di biodiversità, che riassume in circa 520 ettari un po’ tutte le espressioni naturalistiche del territorio murgiano, dal bosco di Fragno e Roverella, alle boscaglie di Leccio o Frassino, alle macchie di Pino d’Aleppo; specie arboree a cui si aggiungono varietà arbustive ed erbacee come il Perastro, l’Acero minore, l’Albero di Giuda, il Biancospino, l’Oleastro, il Prugnolo, il Terebinto, il Lentisco, il Pungitopo, l’Asparago, la Fillirea, il Cisto marino, il Cisto rosso, il Mirto, il Rosmarino, il Timo, e anche alcune varietà di orchidee selvatiche.
Il bosco di Sant’Antuono si trova lungo la Strada provinciale 36 che si snoda tra Mottola e Martina Franca (Taranto), nel cuore di un bellissimo territorio che un tempo fu feudo dei Duchi Caracciolo-De Sangro di Martina Franca, l’XI° dei quali, Francesco III, oltre ad abitare lo splendido palazzo cittadino, diresse quella che a fine ‘700 fu considerata un’azienda agricola modello, facente capo a un affascinante fortilizio che oggi giace abbandonato nella vicina San Basilio, piccola frazione di Mottola, cittadina a sua volta nota per le cosiddette Grotte di Dio, mirabile complesso di chiese rupestri d’epoca medievale. A poca distanza si trova anche l’Oasi WWF di Monte Sant’Elia, stupenda area collinare delle Murge orientali, Sito d’Importanza Comunitaria e Zona di Protezione, affacciata su una gravina e sul golfo di Taranto, in territorio di Massafra. Ma tornando alle lucciole, scopriamo che a Sant’Antuono si danno convegno ogni anno due delle 2000 specie di Lampiridi (Lampyridae), famiglia di coleotteri diffusa in tutto il mondo: si tratta della Lampyris noctiluca e della sua stretta parente Luciola lusitanica, che danno spettacolo con la loro brillante e pulsante luce giallo-verde. Una volta lasciata l’auto sulla provinciale, il percorso per vederle (è consigliabile quello guidato, sia per motivi didattici che di sicurezza) inizia all’imbrunire e si protrae per qualche ora inoltrandosi lungo sentieri che attraversano un’area un tempo frequentata da carbonai, boscaioli e briganti ed incrociano fra l’altro rigogliose querce, antiche cisterne e tratturi della transumanza. Se si è fortunati – mentre nell’aria mite della sera riecheggia il verso di qualche uccello notturno – al fascino naturale del luogo andrà presto ad aggiungersi la magia di quelle migliaia di piccole luminarie viventi che riusciranno a destare stupore anche nel più austero dei visitatori.
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