di Redazione FdS
L’ultima volta in cui ci siamo occupati dei Bronzi di Riace risale al 2019, quando vi presentammo la affascinante tesi del Prof. Daniele Castrizio, archeologo reggino, docente di numismatica presso l’Università di Messina, circa la vera identità dei due personaggi raffigurati nelle due imponenti sculture del V° sec. a.C. ritrovate nel 1972 nel mare di Riace, in Calabria. Lo stesso prof. Castrizio – che ritiene le due figure identificabili con i fratelli Eteocle e Polinice protagonisti della tragedia “I Sette contro Tebe” – è stato tra i relatori del seminario intitolato “News on the bronze statues from Riace” tenutosi ieri presso il Finnish Institute (Istituto Archeologico Finlandese) di Atene. Insieme a Daniele Castrizio – che ha conferito sul tema “Il problema della identificazione dei Bronzi di Riace: un approccio letterario” ed ha dato notizia anche del recente ritrovamento di un occhio bronzeo nei fondali di Riace, reperto molto probabilmente riconducibile allo stesso contesto archeologico e artistico delle due statue -, c’erano l’archeologo e docente universitario Konstantinos Tziampasis (“I segreti ben nascosti in mare: un breve report sulle statue in bronzo provenienti dal Mediterraneo”) e gli archeologi Christos Piteros (“Una statua bronzea da Argo”) e Antonio Corso (“Le statue di Riace, il torso Valentini, l’Atleta di Staphanos, in un contesto di nostalgia per l’età eroica dello stile severo”). Durante il seminario, organizzato dall’Istituto Finlandese e dal dipartimento di civiltà antiche e moderne dell’Università di Messina sotto gli auspici della Federazione Panarcadiana di Grecia, è emerso il grande interesse presente in Grecia intorno ai Bronzi, interesse peraltro giustificato dal coinvolgimento della madrepatria ellenica come dimostrato da alcune relazioni del convegno che hanno confermato la tesi della provenienza delle statue dalla antica città greca di Argos.
Ma vediamo a grandi linee i punti centrali emersi durante il seminario tenutosi alla presenza di numerosi rappresentanti del mondo archeologico ellenico: Kostas Tziampasis – racconta Daniele Castrizio -, dopo una disamina dei bronzi antichi trovati nel Mediterraneo, ha mostrato la base dell’agorà di Argos su cui sono evidenti i segni dei piedi e della lancia del Bronzo A, prova dunque della sua antica presenza in quel luogo. Christos Piteros – aggiunge – ha illustrato la statua in bronzo parzialmente conservata di un uomo anziano, vestito con un himation, ritrovata accanto al laboratorio di un bronzista di metà V secolo a.C. ad Argo, le cui analisi hanno provato l’identità della terra di fusione rispetto ai Bronzi di Riace, elemento che dunque confermerebbe la loro fabbricazione ad Argo, aprendo enormi prospettive di ricerca. Si tratta – spiega Castrizio – di una statua scoperta nel 1992, che si presenta coerente ai Bronzi non solo per la assoluta corrispondenza della terra di fusione interna ma anche per le dimensioni. In ordine a questa statua Castrizio rivela come lo scorso anno egli si sia recato ad Argos insieme al giornalista RAI Paolo Di Giannantonio facendo comprendere alle amministrazioni l’importanza di quel ritrovamento, per cui ora la scultura si trova in restauro. Antonio Corso ha a sua volta dimostrato l’appartenenza delle due statue da Riace al medesimo laboratorio e ha spiegato come la loro fattura sia identica a quella di una replica romana di un’opera in bronzo sicuramente di Pitagora di Reggio. Nel relazionare sullo stile delle antiche statue greche, Corso ha così aggiunto un’ulteriore prova alla teoria dell’attribuzione della paternità dei Bronzi allo scultore Pitagora di Reggio, artista elogiato da Plinio come come uno tra i migliori maestri bronzisti. Corso – chiosa Castrizio – “fa così cadere mezzo secolo di studi errati sulla bronzistica greca”.
“Per parte mia, invece – conclude lo studioso reggino – ho mostrato i nuovi segni di due perni, notati da Saverio Autellitano [grafico e visual designer di Reggio Calabria – NdR] sulla testa del Bronzo B, oltre a ricapitolare le mie ricerche iconografiche sulle due statue, che hanno ormai superato il quarto di secolo. È stata molto confortante l’accoglienza calorosa e la condivisione dei risultati da parte del numeroso e, soprattutto, qualificato pubblico.”
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