di Redazione FdS
Dal 29 marzo al 30 giugno 2019, al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, si svolge la mostra “Canova e l’antico”, dedicata al confronto fra il grande genio del Neoclassicismo italiano e l’arte antica, sua fonte di ispirazione. “L’ultimo degli antichi e il primo dei moderni” è non a caso la definizione che ben si addice al sommo Antonio Canova e alla sua arte sublime. Per la prima volta, viene dunque messo a fuoco in una mostra quel rapporto continuo, intenso e fecondo che legò Canova al mondo classico, facendone agli occhi dei contemporanei un “novello Fidia”. “Imitare, non copiare gli antichi” per “diventare inimitabili” era il monito di Winckelmann, seguìto da Canova lungo tutto il corso della sua attività artistica.
L’esposizione, articolata su due piani del Museo, presenta tutta la variegata produzione artistica canoviana, dal disegno, al bozzetto, al dipinto, al gesso, ai marmi: con capolavori di prim’ordine, a partire dal celeberrimo gruppo delle Grazie, proveniente dall’Ermitage di San Pietroburgo.
“Solo in questo Museo – dichiarano gli organizzatori – era possibile articolare un discorso così complesso e così affascinante, nel confronto diretto fra le creazioni canoviane e le grandi opere del passato, in un crescendo di meraviglie che torna a incantare gli occhi del moderno spettatore come fu per i contemporanei di Canova”.
Prestiti internazionali connotano la mostra: il nucleo eccezionale di ben sei marmi provenienti dall’Ermitage di San Pietroburgo, che vanta la più ampia collezione canoviana al mondo – L’ Amorino Alato, L’Ebe, La Danzatrice con le mani sui fianchi, Amore e Psiche stanti, la testa del Genio della Morte e la celeberrima e rivoluzionaria scultura delleTre Grazie – ma si potrà ammirare anche l’imponente statua, alta quasi tre metri, raffigurante La Pace, proveniente da Kiev e l’Apollo che s’incorona del Getty Museum di Los Angeles. A questi si aggiungono, tra i capolavori in marmo riuniti per la mostra nel Salone della Meridiana, la bellissima Maddalena penitente da Genova, il Paride dal Museo Civico di Asolo, la Stele Mellerio, vertice ineguagliabile di rarefazione formale e di pathos.
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ESPERIENZE IMMERSIVE
Due installazioni dedicate ad Antonio Canova, saranno ospitate in due architetture scenotecniche del diametro di 6 metri, collocate nell’Atrio del Museo. Un percorso visivo di alto profilo scientifico tra spettacolo e approfondimento, un viaggio dal micro al macro, dalla farfalla di Amore e Psiche, a Ercole che scaglia Lica, ai grandi miti scolpiti nel marmo bianco, fino alle tempere policrome su fondo scuro dedicate alla danza. Ad accompagnare il pubblico, tra emozione e conoscenza, sarà la voce di Adriano Giannini con la colonna sonora originale del violoncellista Giovanni Sollima. Audio: diffuso in italiano e inglese
Programmazione Didattica ed Eventi legati alla Mostra
CANOVA E NAPOLI
Il grande artista veneto giunge a Napoli nel 1780 per ammirare le bellezze della città, le antichità ercolanesi e di Paestum. Nel secondo “Quaderno di viaggio” scrive di Napoli: “per tutto sono situazioni di Paradiso”. In esso riporta delle visite alla Cappella Sansevero, di cui apprezza il “Cristo morto” di Giuseppe Sammartino, alla Galleria di Capodimonte e al Museo di Portici, dove all’epoca erano riunite le antichità ritrovate negli scavi dell’area vesuviana. Gli appare “di maravigliosa bellezza”, fra i bronzi, il “Mercurio seduto” della Villa dei Papiri di Ercolano. Ottiene il permesso per disegnare il nudo all’Accademia (di Belle Arti), allora ospitata a San Carlo delle Mortelle. Nella sede attuale dell’Istituto, nella Gipsoteca, è possibile ammirare di Canova alcuni calchi in gesso. Torna a Napoli nel 1787 e scolpisce per Francesco Maria Berio il gruppo in marmo Venere e Adone – oggi a Ginevra – opera del genere “delicato e gentile” destinata a un tempietto nel giardino del palazzo del marchese in via Toledo. Per il napoletano Onorato Gaetani, Canova pensa alla scultura di genere “forte” o “fiero” Ercole e Lica, ispirandosi al modello ideale dell’Ercole Farnese e alla soluzione compositiva dell’Ettore e Troilo – opere oggi conservate al MANN – ma il gruppo, acquistato successivamente dal romano Giovanni Torlonia, non arriverà mai a Napoli. Realizza poi per il conte Paolo Marulli d’Ascoli l’Erma di Vestale, opera che lascerà Napoli prima per la Svizzera e poi per il Getty Museum di Los Angeles.
Dopo la parentesi della Repubblica Partenopea, re Ferdinando IV di Borbone, chiede a Canova una statua-ritratto, che giungerà solo nel 1821. Sarà collocata su indicazione dello stesso Canova, nella nicchia dello Scalone monumentale dell’allora Real Museo Borbonico, oggi Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Nel decennio francese scolpisce i busti in marmo di Carolina e Gioacchino Murat, che conosciamo soltanto dai gessi, perché ormai dispersi. Nello stesso periodo, prima il re Giuseppe Bonaparte poi Gioacchino Murat, gli commissionano un Monumento equestre di Napoleone, che l’artista non porterà a termine per la caduta del dominio francese. Ma poi, Ferdinando I di Borbone, tornato sul trono di Napoli come re delle Due Sicilie, chiede a Canova di completare il monumento ma con la statua di suo padre, Carlo III. Oggi è possibile ammirarla in Piazza del Plebiscito.
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