di Redazione FdS
Nel novembre 2012 ci siamo occupati per la prima volta di alcuni piccoli capolavori d’arte barocca custoditi a Catanzaro, in Calabria, nella Basilica di S. Maria Immacolata, e sconosciuti ai più. Si tratta di alcune scene, con personaggi ed ambienti, deliziosamente riprodotte in cera dalla modellatrice e pittrice napoletana Caterina de Julianis e contenute in quattro scarabattoli (teche in vetro con cornice di legno) degli inizi del ‘700. La nostra iniziativa fu ispirata oltre che dal valore culturale e artistico di queste opere, note solo agli esperti d’arte, soprattutto dal cattivo stato di conservazione di alcune di esse e dalla speranza che portandole all’attenzione del pubblico si potesse giungere ad un intervento di restauro, magari su iniziativa della Curia Vescovile o di qualche generoso privato sensibile all’arte. Ci siamo così avvalsi della preziosa collaborazione della fotografa catanzarese Anna Rotundo che, su gentile concessione del parroco della chiesa, Padre Adolfo Della Torre, ha ritratto per i nostri lettori questi splendidi manufatti dimenticati; per la prima volta, attraverso la nostra pagina Facebook, le loro immagini sono state divulgate su Internet.
In alcune immagini è ancora tangibile la loro mirabile bellezza, ma in altre sono chiaramente visibili i segni del tempo; eppure è probabile che ci siano i margini per un intervento di ricomposizione dei frammenti rimasti all’interno delle teche. Certo è che nell’arco di un anno, e nonostante la divulgazione da noi promossa anche presso alcuni giornali locali, nulla è accaduto. Finalmente però lo scorso 3 gennaio, grazie alla Delegazione FAI-Fondo per l’Ambiente Italiano di Catanzaro, in collaborazione con l’Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace, l’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici, il Circolo culturale “Placanica”, la Basilica di Santa Maria Immacolata e lo Spazio “Concentrica”, è stata organizzata una speciale visita guidata per tornare ad accendere un riflettore su queste opere, che fra l’altro hanno anche la sfortuna di essere esposte ad un’altezza improponibile (3,5 metri) per lo sguardo di un visitatore che entri in chiesa non sapendo di trovarle. Per l’occasione infatti, l’arcivescovo Mons. Vincenzo Bertolone, ne ha permesso una più adeguata collocazione, in modo da consentire di ammirarle da vicino. La Basilica dell’Immacolata, l’edificio sacro più caro ai catanzaresi per essere legato al culto della Santissima Vergine, patrona della città calabrese, ha così finalmente ridato luce a questi splendidi manufatti che si spera possano ora essere definitivamente valorizzati come meritano.
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LE CERE CATANZARESI DI CATERINA DE JULIANIS
Le quattro preziose opere di Caterina de Julianis presenti a Catanzaro ci riportano innanzitutto alla Napoli di fine ‘600 dove l’autrice nacque intorno al 1670. La de Julianis fu una di quelle rare figure femminili che a quel tempo si sono affacciate nel mondo prevalentemente maschile delle arti figurative e applicate, e lo fece con rara capacità tecnica e finezza di gusto. Le sue figurine in cera sopravvissute in Calabria raffigurano “La Natività”, “L’Adorazione dei Magi”, “Il Tempo” e “Il Compianto sul Cristo”. Di questi lavori – dei quali pochi altri esemplari figurano in chiese napoletane, musei o collezioni private – almeno gli ultimi due potrebbero risalire a data anteriore al 1727 e pare che prima di trovare collocazione nella Basilica dove oggi sono custodite, si trovassero nel palazzo del vescovo Emanuele Spinelli, anch’egli vissuto nel XVIII sec.
Non sappiamo se queste 4 opere catanzaresi siano mai state pubblicate in un volume d’arte (si è appreso invece che in occasione della recente visita del FAI l’Architetto Oreste Sergi ha presentato i risultati dei suoi studi sulle opere), certo è che in rete – prima della pubblicazione del nostro servizio fotografico – non erano reperibili immagini o descrizioni che le riguardassero, a parte qualche sparuta citazione. Fotografare le quattro opere è stata un’operazione laboriosa, essendo le teche – come si diceva prima – appese a notevole altezza sul muro di una navata e non potendo essere spostate dalla loro sede. Le leggere striature o l’effetto-nebbia che rileverete su alcune immagini non sono dovuti a difetti degli scatti fotografici ma ad aloni sul vetro delle teche contenenti le sculture in cera.
– “Il Tempo” e “Il Compianto sul Cristo”
Le ‘scene’ dedicate al Tempo e alla morte di Cristo sono quelle più danneggiate e bisognose di un urgente restauro perché presentano danni – a volte veramente macroscopici – legati ai secoli, agli spostamenti, all’incuria.
Per quanto riguarda in particolare quella avente per soggetto il Tempo, ne esiste un esemplare simile (“Il Tempo e la Morte”) conservato nei depositi dell’inglese Victoria and Albert Museum; questo esemplare potrebbe servire come termine di paragone per lo studio dell’opera calabrese, anche in funzione di un eventuale restauro. Nell’opera conservata a Catanzaro si intravede la figura anziana e barbuta di Kronos (allegoria del Tempo) con accanto un orologio e un cadavere in fase di decomposizione e, sulla sua sinistra, la morte coronata con lo scettro in mano. Sullo sfondo una scena dipinta con alcune architetture e una colonna con la sommità fiammeggiante (forse un altare) che sembrano rimandare ad un sepolcreto. Intorno alle figure, si intravedono resti frammentati di ossa umane e altri dettagli anatomici e strutturali facenti parte di questo piccolo ‘allestimento teatrale’ barocco.
Nell’analogo esemplare conservato in Inghilterra (v. foto sopra) e probabilmente proveniente da Napoli, la scena è ambientata in un cimitero fatiscente, con la figura alata di Padre Tempo seduto a sinistra che punta a un orologio, mentre una emaciata figura di mendicante seminudo, sorridente, seduto a lato dell’orologio, chiede l’elemosina, con una tiara papale ai suoi piedi. Un cadavere con interiora in vista giace accanto ai piedi del Tempo, circondato da ratti, serpenti e teschi, mentre un giovane morto è disteso sulla sinistra del mendicante e, ancora oltre, c’è la figura incoronata e scheletrica della Morte mentre regge una lancia nella destra, lo sguardo rivolto verso gli altri soggetti. Tralci di edera sopra le pietre circostanti e il terreno in pendenza, danno un senso di teatralità al tutto. Lo sfondo dipinto raffigura monumenti funerari in decadimento [Misure dell’opera: Altezza: 83 cm con telaio; Larghezza: 108 cm. con telaio; Profondità scena in cera: 20 cm. Probabilmente proviene dalla chiesa di S. Severo al Pendino, Napoli da cui sarebbe scomparso nel 1944, da allora nella raccolta di Armando Brasini (1879-1965), poi venduto dagli eredi al V & A Museum per £ 350 con il lascito del Dott. WL Hildburgh, 1966]. Presso il Victoria and Albert Museum di Londra è visibile anche un’altra opera di Caterina de Julianis dal titolo ‘Il Giudizio dei Dannati’, con l’immagine del Cristo giudicante gli empi e il cartiglio “Mors impiorum pessima”, oltre a varie altre figure allegoriche.
Dell’opera catanzarese intitolata “Il Compianto sul Cristo” è invece praticamente impossibile decifrare ad occhio l’organizzazione della scena, dato lo stato di frammentazione in cui versano le figure all’interno della teca, peraltro probabilmente ricostruibili con un attento restauro, utilizzando i frammenti recuperabili – forse integralmente – all’interno della teca stessa.
I due tableaux in cera sono entrambi altamente realistici e drammatici e, secondo l’uso del tempo, costituivano rispettivamente una sorta di “memento mori” destinato a ispirare pensieri e riflessioni sulla mortalità dell’Uomo e una rievocazione del Mistero della Passione di Cristo.
“L’Adorazione dei Magi” E “La Natività” (o “Adorazione dei Pastori”)
“L’Adorazione dei Magi” e “La Natività” (o “Adorazione dei Pastori”) sono invece le due opere in migliori condizioni, sebbene anch’esse bisognose di un adeguato restauro conservativo. La prima raffigura la scena classica dell’arrivo dei Magi davanti alla grotta di Betlemme ricostruita secondo lo stile dei capricci settecenteschi con rocce e fogliame d’edera. I tre sapienti sfilano in un corteggio animatissimo, comparendovi accompagnati da valletti e da uno gnomo giullare che regge in mano un colorato uccello. Bellissima l’immagine del primo magio prostrato in adorazione del Bambino, sotto lo sguardo amorevole e sognante di Maria e quello austero e paterno di Giuseppe. I magi e i personaggi del loro corteo, tutti ben delineati nei tratti del volto, vestono abiti di tipo cinque-seicentesco, curatissimi dalla scultrice in ogni dettaglio, come del resto quelli delle altre figure.
Anche la scena della ‘Natività’ segue i caratteri iconografici tipici della pittura dell’epoca e ci presenta la Sacra Famiglia con il bue e l’asino sullo sfondo di un ambiente costruito in blocchi di pietra. In alto una coppia di cherubini canta le lodi del Messia, mentre tutt’intorno alla Sacra Famiglia si stringono figure di pastori che suonano o che recano in omaggio arieti scalpitanti, contadini con ceste di frutta rigogliosa, donne, mendicanti. Anche in questo tableau nulla è lasciato al caso e tutto vi appare curatissimo fin nei minimi particolari: dai piccoli fiori che costellano il terreno davanti alla grotta alle espressioni dei volti dotati di una comunicativa tale da rendere quest’opera davvero vibrante di sentimento.
Caterina de Julianis
Di Caterina de Julianis si sa che fu suora e pittrice ma soprattutto fu particolarmente versata nella realizzazione plastica di figure in cera policroma con uso di cristalli per il dettaglio degli occhi. La cera colorata fu lo strumento ideale per ottenere scene a volte incredibilmente realistiche. Infatti l’artista fu ad es. particolarmente abile nel ricreare la sorprendente illusione della carne, della pietra, dei panneggi, riproducendone l’apparente materica consistenza. Sul piano estetico, un modello della de Julianis fu l’abate e ceroplasta siciliano Gaetano Giulio Zumbo (o Zummo) nato a Siracusa nel 1656 e morto a Parigi nel 1701 – i cui soggetti riguardarono per lo più aspetti legati alla morte, alla malattia e alla putrefazione dei corpi, sebbene non siano mancati nella sua produzione soggetti d’argomento sacro – ma determinante per la formazione artistica della de Julianis è stata soprattutto la tradizione dei modellatori in cera napoletani operanti già nella prima metà del sec. XVII. Sebbene la de Julianis abbia avuto in Zumbo un indiscusso maestro per circa 15 anni, riuscì con abilità a sviluppare una propria marcata personalità fatta di grande precisione tecnica ed espressività poetica che il critico Vittorio Sgarbi – proprio riferendosi alle opere di Catanzaro – ha così riassunto: “Ciò che in Zumbo fu drammatico e mortifero è nella de Julianis fantasioso, vivido, allegro; ma entrambi aspirano a meravigliare con i loro mondi paralleli, con diverse tensioni espressive. Anche oggi le cere della de Julianis chiedono ammirazione e di essere rivelate ai cittadini di Catanzaro, chiedono di poter continuare a vivere. Perché la meraviglia non abbia fine”.
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Per ulteriori informazioni: Basilica dell’Immacolata (Piazza Basilica Immacolata – 88100 Catanzaro; tel: 0961 743884, chiedere del Parroco).