di Redazione FdS
Fra le meraviglie ritrovate negli archivi musicali di Napoli c’è un piccolo capolavoro di creazione melodica e poetica che porta la firma del napoletano Francesco Provenzale, compositore vissuto fra il 1624 e il 1704, fra i capostipiti della grande Scuola Musicale Napoletana famosa in tutta Europa. Provenzale è considerato il primo grande compositore napoletano a comporre opere, ma il suo prestigio risiede principalmente nella sua attività didattica, la quale formò i più importanti compositori napoletani attivi agli inizi del XVIII secolo.
Il brano che vi presentiamo è la Cantata per soprano e archi “Care selve, amati orrori”, articolata in quattro parti: una introduzione strumentale (allegro), una prima aria divisa nelle due strofe “Care selve, amati orrori” e “In voi dolente io veggio” seguite dal recitativo “Ecco l’alto cipresso” e dalla seconda aria “Vorrei lasciar, oh Dio!”.
Questa cantata, di suggestiva ambientazione arcadico-pastorale, è l’accorato lamento che il pastore Mirtillo dispiega rivolgendosi alla natura circostante che sembra partecipare del suo dolore per la perdita dell’amata Clori. La musica e le parole evocano immagini d’una bellezza malinconica e struggente che raggiunge l’apice nella seconda aria nella quale il personaggio di Amarilli trasfonde nel canto tutta la sua inconsolabile sofforenza d’amore. Ascoltando questa cantata par quasi d’immergersi in uno di quei cupi paesaggi boschivi tipici del celebre pittore napoletano Salvator Rosa, contemporaneo di Provenzale.
Ecco per voi il testo della cantata, affinchè possiate assaporare significati e atmosfere di questa bellissima composizione vocalmente interpretata dal bravissimo soprano Roberta Invernizzi con la esecuzione orchestrale dei Turchini di Antonio Florio, tratta dal CD “Il Canto della Sirena: Cantate Napoletane dell’ eta barocca”:
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A
ARIA 1: “Care selve, amati orrori
che lo spirto di mia Clori voi serbate
ascoltate, ascoltate
il mio dolor.
In voi dolente io veggio
arsi i fiori, tetre l’ombre, e secchi i fonti.
Orridi e scoronati,
rimir’a voi dintorno,
l’annosa quercia, il pino, il faggio, l’orno
che per dolor di Clori,
lascian coi rami al suol e frondi e fiori.
RECITATIVO: Ecco l’alto cipresso
Nel di cui tronco antico
lasciai, quando vivea la bella Clori,
e ‘l suo bel nome impresso,
In quel pratello assisa
il mio canto ascoltò e mi rispose.
Qui di giacinti, e rose
il seno si adornò si cinse il crine;
e qui di fresche brine,
colmi i novelli pomi a lei donai.
Ahi rimembranza! Ah, vista al cor funesta;
La fredda tomba è questa,
che le ceneri accoglie
della ninfa gentil, del mio tesoro,
che sovente spargea di frondi, e fiori,
ed inondai di pianto:
ed or di lei accanto,
per l’ultimo ristoro,
chieggio morte al dolor e pur non moro.
ARIA 2: Vorrei lasciar, oh Dio!
In quella tomba anch’io
incenerito il cor d’amor fedele.