Federico II, Re di Sicilia e Imperatore del Sacro Romano Impero nel XIII secolo, fu un grande politico e uomo di profonda cultura. Definito già nella sua epoca “stupor mundi”, la sua esistenza è sempre stata accompagnata da un alone di mistero e leggenda, in cui si sono mescolate profonda ammirazione da parte di molti e altrettanto profonda avversione nei confronti di colui che già dalla nascita portava sulle spalle il pesante fardello di un’eredità politica enorme, essendo figlio di due delle casate più influenti dell’epoca: gli Hohenstaufen e gli Altavilla.
Tante le storie, vere e presunte, sulla sua persona. Alcuni addirittura giurano non sia mai morto. Sicuramente non si è mai sopito l’interesse intorno alla sua vita, alle sue gesta e alla sua memoria: ne sono testimonianza i fiori freschi, che non mancano mai ai piedi della tomba di porfido di Federico, collocata nella Cattedrale di Palermo, secondo quanto disposto nel suo testamento.
In Puglia, terra molto amata dall’imperatore, furono invece sepolte nella Cattedrale di Foggia le viscere di Federico II. Ma la chiesa venne distrutta da un terribile terremoto il 20 marzo 1731 e di esse non c’è più traccia. Anche questo ha alimentato strane voci sulla figura dell’imperatore che fu sovente dipinto come l’Anticristo, un essere fra il soprannaturale e il demoniaco. Del resto, nessun altro imperatore medievale fu scomunicato due volte (1227, 1239) e deposto da un concilio presieduto da papa Innocenzo IV (Lione, 1245). Ma della sua morte certa è la data, e certo è il luogo. Si spense il 13 dicembre del 1250 all’età di 56 anni a Castel Fiorentino, un borgo fortificato nei pressi di Torremaggiore in provincia di Foggia.
Qui all’inizio di dicembre del 1250, Federico II durante una battuta di caccia nelle campagne della Capitanata, fu colto da un violento attacco di dissenteria. Le sue gravi condizioni non gli permisero di rientrare nella reggia di Foggia e si decise di ricoverarlo nella più vicina residenza imperiale. Qualche tempo prima gli era stato predetto che sarebbe morto “Apud portam ferream, ne lo loco che abet lo nome de flore”, (cioè presso la porta di ferro di quel luogo che ha il nome di “fiore”) e per questo motivo si tenne sempre a distanza da Firenze. Ma poi il “flore” della predizione fu proprio nella sua amata Puglia, nella sua Domus di Fiorentino dove il suo letto era stato collocato contro una porta murata dai battenti in ferro, proprio come veniva anticipato nella profezia dell’astrologo di corte Michele Scoto.
La sorte del borgo seguì quella del suo imperatore: solo cinque anni dopo la morte di Federico II il 26 ottobre 1255 fu attaccato e distrutto dalle truppe di Papa Alessandro IV, sotto il comando del Conte Ruggero Sanseverino, perché era rimasta fedele agli Svevi. Dell’antica città, un tempo strategica perché affacciata sulla piana con vista sui Monti Dauni da una parte e sul promontorio del Gargano dall’altra, nonché sul corso del fiume Fortore allora navigabile, non rimangono che pochi ruderi. Ma recenti scavi, condotti dall’Università di Bari e dall’Ecole Française di Roma, hanno evidenziato elementi che fanno pensare a Fiorentino come una sede importante, una vera e propria cittadella con una cattedrale, una zona urbana e il “Palatium” dell’imperatore.
Sorgeva su una collina detta dello Sterparone e sicuramente era una “città di frontiera”, di quelle edificate dai Bizantini all’inizio dell’XI secolo per difendere i loro territori dai Longobardi a nord e dagli arabi a sud. Il primo elemento architettonico in cui ci si imbatte è la torre al di sotto della quale sono state rinvenute tombe daune: ciò dimostra che il luogo era frequentato e abitato da tempi molto remoti. Poi, sulla destra, si sviluppava il paese vero e proprio. Oggi è possibile vedere le basi delle dimore e delle chiese che un tempo formavano la cittadella di Fiorentino che vantava ben dodici chiese, la Cattedrale a una sola navata e monoabsidale, intitolata al santo patrono del popolo longobardo l’Arcangelo Michele, e il “Palatium”. Ai Normanni si deve il castello, una motta ben difesa separata dalla città da un muro, che successivamente Federico II fece trasformare nel suo “Palatium”, dove trascorreva il tempo dedicato alla caccia e al riposo.
Emoziona oltrepassare le mura della domus, un edificio maestoso dalla forma di rettangolo imperfetto lungo 29 metri e largo 17 metri, diviso in due grandi ambienti, con pareti rivestite da belle pietre squadrate e un pavimento di terracotta, con due camini. Probabilmente il palazzo aveva uno o due piani superiori ed era delimitato da un largo fossato. Passeggiando tra i resti delle mura tornano in mente le parole con cui papa Innocenzo IV si scagliò contro Federico, i suoi figli e i nipoti: “Distruggere sino agli ultimi discendenti questa razza di vipere che mai più cingeranno corone imperiali e reali”. La tremenda condanna doveva compiersi nel giro di pochi anni dalla morte dell’imperatore, mettendo fine per sempre al sistema politico federiciano, il Sacro Romano Impero.
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