Castello di Roccascalegna: il luogo da fiaba che ha sedotto anche il cinema

Abruzzo - Il Castello di Roccascalegna (Chieti) svetta sulla sua rupe di arenaria - Ph. Pietro valocchi | CCBY-ND2.0

Abruzzo – Il Castello di Roccascalegna (Chieti) svetta sulla sua rupe di arenaria – Ph. Pietro Valocchi | CCBY-ND2.0

di Kasia Burney Gargiulo

Ha lo stigma della bellezza assoluta, magico com’è in qualsiasi ora del giorno, con le più differenti condizioni di luce e immerso in un paesaggio straordinario che muta colori ed atmosfere col passare delle stagioni. E’ il Castello di Roccascalegna, borgo di 1250 abitanti in provincia di Chieti, salito meritatamente agli onori delle cronache dopo la folgorante comparsa nel film di Matteo Garrone, Il Racconto dei Racconti, pellicola del 2015 tratta dalla celebre opera letteraria seicentesca Lo cunto de li cunti, del favolista napoletano Giambattista Basile. E’ qui infatti che per molta parte si ambienta La Vecchia Scorticata, uno dei tre episodi che si intrecciano nel film, nel quale lo splendido maniero abruzzese di origine medievale fa da magione del Re di Roccaforte (l’attore Vincent Cassel): costui ha la ventura di udire una soave voce femminile che non sospetta provenire da una orripilante vecchia lavandaia reclusa con la sorella coetanea in una catapecchia al di sotto della rocca. Invaghitosi di quella voce il re chiede invano alla donna di mostrarsi, finché sorprendenti sviluppi non interverranno a dar corpo ad una fiaba dai toni cupamente gotici.
 

Una scena del racconto ambientato a Roccascalegna, da ''Il racconto dei racconti" di Matteo Garrone

Una scena del racconto ambientato a Roccascalegna, da ”Il racconto dei racconti” di Matteo Garrone

La ribalta internazionale garantita a questo luogo meraviglioso – peraltro da anni meta di visitatori – dalla uscita del film nelle sale italiane e dalla sua contemporanea partecipazione al Festival del Cinema di Cannes, non ha risparmiato al Castello di Roccascalegna il brivido di una fine ingloriosa quando, a marzo del 2015, a causa delle forti piogge, franò un pezzo del massiccio su cui si erge superbo insieme al complesso di San Pietro, lasciando uno spigolo della chiesa sospeso nel vuoto a 30 metri di altezza. Una procedura di somma urgenza avviata dal Genio Civile presso la Regione, riuscì a metà aprile a far ottenere al Comune una prima tranche di finanziamenti (400 mila euro) necessari per i lavori di messa in sicurezza del costone franato; un’operazione difficoltosa, dato il carattere impervio del luogo, e non ancora conclusa. Allo stato attuale il sito ufficiale del Castello (www.castelloroccascalegna.com) ne prevede la visitabilità seguendo le regole anti-covid (è consigliabile prendere contatto con i responsabili qualora programmiate una visita: tel. 3358767589 – castellomedievaleroccascalegna@gmail.com).
 

Castello di Roccascalegna: incanta la location abruzzese del film ‘Il racconto dei racconti”

Il Castello di Roccascalegna (Chieti) - Ph. Pietro Valocchi | CCBY-ND2.0

Castello di Roccascalegna: incanta la location abruzzese del film ‘Il racconto dei racconti”

La rampa di accesso al Castello di Roccascalegna (Chieti) - Ph. Pietro Valocchi | CCBY-ND2.0

Castello di Roccascalegna: incanta la location abruzzese del film ‘Il racconto dei racconti”

Il Castello di Roccascalegna (Chieti) con torre di avvistamento - Ph. Pietro Valocchi | CCBY-ND2.0

Castello di Roccascalegna: incanta la location abruzzese del film ‘Il racconto dei racconti”

La chiesa di S. Pietro sulla rupe di Roccascalegna (Chieti) - Ph. Pietro Valocchi | CCBY-ND2.0

Castello di Roccascalegna: incanta la location abruzzese del film ‘Il racconto dei racconti”

La chiesa di S. Pietro sulla rupe di Roccascalegna (Chieti) vista dal basso - Ph. Pietro Valocchi | CCBY-ND2.0

 
Crediti immagini: Ph. Pietro Valocchi | CCBY-ND2.0
 

Questo luogo affascinante, proteso sulla valle del Riosecco, con l’imponente massiccio della Majella a fargli da sfondo, ci parla della lotta altomedievale fra Longobardi e Bizantini nella sfida per il predominio in quest’area. Si ritiene infatti che fondatori del borgo siano stati proprio i Longobardi occupanti l’Abruzzo meridionale e il Molise a partire dal VII sec. All’origine del castello, costruito nell’XI-XII sec. sulla suggestiva rupe che domina la valle, vi sarebbe infatti una torre di avvistamento longobarda. Ma è fra il ‘500 e il ‘600 che il castello subisce le sue più profonde trasformazioni dettate da nuove esigenze a partire da quella dell’utilizzo delle armi da fuoco. Passato attraverso varie signorie – da quella degli Annechinis, che rafforzarono le torri esistenti e ne fecero aggiungere una circolare, a quella dei Carafa, sotto i quali venne eretta la cappella del Santissimo Rosario, a quella dei Corvi, che fecero costruire tra l’altro il muro protettivo della rampa di accesso – dal 1700 in poi il maniero è rimasto in abbandono, esposto alle intemperie e depredato dalle popolazioni locali. Finalmente nel 1985 gli ultimi proprietari, i Croce Nanni, hanno donato il castello al Comune che ne ha disposto il restauro portato a termine nel 1996. Un ‘intervento, quest’ultimo, che ha ridato splendore al maniero rendendolo visitabile.

Come ogni castello che si rispetti, anche quello di Roccascalegna ha le sue leggende, di cui la più nota è quella dell’editto sullo “Jus promae noctis” che un famigerato barone Corvo de Corvis avrebbe imposto a metà del ‘600, riportando in auge la prassi medievale di costringere ciascuna giovane sposa del feudo a trascorrere la prima notte di nozze con il signore del luogo anzichè col legittimo marito. La voce popolare narra di una vendetta consumata da una delle vittime o dal suo sposo che, travestito da donna, avrebbe lavato col sangue del barone l’onta del disonore. Una fine tragica dagli ulteriori risvolti oscuri se si crede alla storia secondo la quale il barone, accoltellato sul letto incriminato, avrebbe lasciato l’impronta di una sua mano insanguinata sopra una roccia della torre poi crollata nel 1940. Negli anni che precedettero il crollo vi fu chi era pronto a giurare di aver visto quell’antico sangue resistere ad ogni tentativo di cancellazione dalla pietra, così come fra i più vecchi del posto c’è chi sostiene di aver continuato a vedere quella mano insanguinata anche dopo la rovina della torre. Le leggende naturalmente non ammettono repliche, almeno fino a quando non spunti fuori qualche documento in grado di smentirle o di confermarle. Del resto è anche questo il loro fascino: creare un prodigioso alone di mistero intorno ad un qualche nucleo di verità storica. E se il destino preserverà questo luogo, come tutti si augurano, alle suggestioni del passato potrà aggiungersi anche quella creata dal grande spettacolo del Cinema.

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