Centoventi anni fa a Napoli il primo «ciak» cinematografico in terra italiana

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Veduta di Napoli - Ph. Robert Pittman

Veduta di Napoli – Ph. Robert Pittman | ccby-nd2.0

di Kasia Burney Gargiulo

IL NUOVO VOLTO DELLA NAPOLI ‘BELLE EPOQUE’

Era passato poco più di un ventennio dal compimento dell’Unità d’Italia, quando la città di Napoli – ex capitale di un Regno che per secoli aveva scritto nel bene e nel male i destini del Sud Italia –  si ritrovò a misurarsi per l’ennesima volta con una grave emergenza sociale. Nel 1884 un’epidemia di colera esplose con violenza nella città colpendo soprattutto i quartieri bassi, gli stessi descritti ne “Il ventre di Napoli”, coevo romanzo della giornalista Matilde Serao. Da qui la decisione del governo nazionale di promulgare la Legge per il Risanamento della città che dispose lo “sventramento” di una sua parte attraverso la demolizione di numerosi edifici e monumenti anche di un certo rilievo, per lasciare spazio alla costruzione di strade più ariose e di nuovi edifici borghesi detti “umbertini” che delinearono il volto moderno di quella che all’epoca era la terza città più popolosa d’Europa dopo Londra e Parigi. Fu tuttavia una soluzione parziale agli atavici problemi del popolo che nelle aree urbane più interne continuò, rassegnato e fatalista, a misurarsi coi problemi di sempre dettati dal sovraffollamento e dal degrado.

Purtuttavia Napoli rimaneva una delle città più belle del mondo grazie alla sua posizione, al contesto naturale e ad una storia plurimillenaria che la rende figlia di un “mondo antico, precristiano, rimasto intatto alla superficie del mondo moderno”, come scrisse Curzio Malaparte. Questa città microcosmo, con le radici ben piantate nel più remoto passato del Mediterraneo, si risvegliò quasi all’alba del XX secolo con l’ambizione di emulare i fasti della Parigi di Haussmann: ecco allora la costruzione di edifici monumentali spesso aperti alle soluzioni più eclettiche, secondo la moda del momento – come il Palazzo della Borsa, quello dell’Università, la Galleria Umberto I – o di strade più ampie come via Duomo, Corso Umberto I (il Rettifilo) o via Caracciolo. Interventi che andarono ad incidere su importanti quartieri come il Centro Storico, Santa Lucia, Rione Amedeo, Vomero e Vasto-Arenaccia. La consolidata fama legata alla storia e alla cultura della città nonché l’eco di questo rinnovamento urbanistico, attirarono sempre più l’attenzione di stranieri facoltosi, con conseguente incremento di alberghi, palazzi e cafés chantants, soprattutto nella zona di Chiaia, e di splendide ville sulle colline di Posillipo e Capodimonte. Napoli rinnovava così la sua vocazione di città cosmopolita mai venuta meno dai tempi più antichi fino ai giorni nostri. Non è dunque un caso che nel 1898 i fratelli Lumière, inventori del cinematografo e primi cineasti della storia, scegliessero Napoli per realizzare quella che può considerarsi la prima pellicola cinematografica girata in Italia.

Auguste e Louis Lumière

Auguste e Louis Lumière

1898: CON NAPOLI L’ITALIA DEBUTTA SUL GRANDE SCHERMO

Erano passati appena tre anni dal deposito del brevetto che decretò la nascita della Settima Arte, il Cinema. I fratelli Auguste e Louis Lumière avevano infatti certificato nel 1895 la paternità di quell’unico strumento che funzionava sia da camera che da proiettore, il cinématographe, e tenuto la prima proiezione a pagamento nel dicembre dello stesso anno a Parigi, al Grand Café sul Boulevard des Capucines. Seguì un tour iniziato con la visita di Londra e New York. Fu un successo e le immagini in movimento cominciarono a tracciare la loro indelebile impronta nella cultura popolare, a dispetto dell’iniziale pessimismo dei due fratelli, convinti che quella invenzione sarebbe stata presto dimenticata da tutti, passando nella storia umana come una meteora. Non furono molti i luoghi a cui rivolsero la loro attenzione, data la non facilità di spostamento in quell’epoca: Lione, Parigi, Londra, New York, la Spagna e finalmente l’Italia. Qui i Lumière scelsero di immortalare una sola città, Napoli, il cui fascino aveva da tempo travalicato i confini nazionali incantando artisti, letterati, gente comune. Di Napoli ci restano pochissimi minuti di immagini mute in bianco e nero, con inquadratura fissa e profondità di campo, sufficienti a cogliere la suggestività del paesaggio dominato dalla sagoma fumante del Vesuvio e l’inarrestabile vitalità di una città dedita al commercio più disparato, come testimoniano i numerosi negozi che costeggiano le strade affollate di gente a passeggio, carrozze e tram a cavalli: momenti di quotidianità lungo via Marina, il quartiere Porto, via Toledo e Santa Lucia, brulicanti di vita non diversamente da oggi.
 

 
NAPOLI IN PHOTORAMA: ALLE ORIGINI DELLE FOTO a 360°

Chiunque possegga uno smartphone ha oggi modo di sperimentare la realizzazione di scatti panoramici a 360°, ma molti neppure immaginano che già nel 1787 il pittore irlandese aveva brevettato un dispositivo chiamato “La natura a colpo d’occhio” col quale, a spettatori posti su una apposita piattaforma, mostrava un’immagine dipinta a trompe l’oeil all’interno di una sala rotonda offrendo loro la possibilità di sentirsi ‘immersi’ in un paesaggio o al centro di un campo di battaglia. Nel XIX secolo, con l’avvento della fotografia numerosi furono i tentativi di creare scatti panoramici che producessero un effetto simile, ma solo con il sistema Photorama dei fratelli Lumière, brevettato nel 1900,  fu possibile ottenere che lo scatto e la proiezione fossero perfetti, privi cioè di aberrazioni nella visione d’insieme che avveniva su uno schermo cilindrico (360°) alto 6 metri.  Il negativo veniva impressionato con il Périphote, una particolarissima macchina fotografica, mentre il positivo veniva proiettato sullo schermo cilindrico tramite il Photorama, una speciale apparecchiatura rotante composta da dodici obiettivi. Il sistema, che applicava alla fotocamera alcuni principi del cinematografo, venne sfruttato solo dal febbraio del 1902 alla primavera del 1903 in una sala al centro di Parigi, perché gli incassi non compensavano i costi. E’ probabile che l’innovazione fosse arrivata troppo tardi rispetto alle immagini in movimento del cinema la cui fruizione era già ampiamente penetrata nelle abitudini degli spettatori. Molti furono tuttavia i luoghi fotografati con questo sistema, fra cui anche la città di Napoli, come vi mostriamo nel seguente photorama dei fratelli Lumière ambientato nel quartiere di Santa Lucia:

 

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