Splendido esempio di architettura barocca, la chiesa di San Giorgio, a Salerno, nasconde al suo interno un piccolo grande “segreto” di storia, arte e spiritualità | IL VIDEO IN ANTEPRIMA
di Redazione FdS
Una storia lunga 14 secoli e un ampio periodo di oblio in tempi moderni che ha impedito a molti salernitani – così come a chiunque altro – di godere di uno dei più splendidi monumenti barocchi dell’Italia meridionale, per tal motivo luogo pressoché sconosciuto della bella città campana affacciata sul Mar Tirreno. È quanto scopriamo della Chiesa di S. Giorgio, in via Duomo, la cui storia inizia però molti secoli prima dell’età barocca ed esattamente nel VII secolo d.C. al tempo del Ducato Longobardo di Benevento, a cui Salerno apparteneva. Infatti barocca è solo la veste finale dell’edificio, fatta salva una lieve impronta neoclassica lasciata da quel XIX secolo che ha visto l’aggiunta di un ultimo raccordo architettonico servito ad allineare la facciata della chiesa sei-settecentesca al fronte stradale. La sua cellula iniziale è in realtà longobarda, figlia di quel cristianesimo ‘guerriero’ che ebbe in S. Michele arcangelo e in S. Giorgio le sue principali icone, accanto a quelle del Salvatore e del Battista.
Si tratta di un piccolo insediamento monastico – “cella Sancti Georgi infra salernitanam civitatem” lo definisce un diploma dell’819 – successivamente ampliatosi in una più complessa struttura conventuale passata nel XII secolo alle dipendenze dell’Arcivescovo di Salerno e destinato ad accogliere, nel XVI secolo, tutte le monache benedettine della città, dopo che un provvedimento del papa aveva decretato l’unificazione di tutti i locali monasteri femminili. Il XVI secolo rappresentò dunque il primo rilevante momento di ammodernamento del complesso, intitolato a San Giorgio e al Santo Spirito, con interventi sul monastero e sulla chiesa che, come riporta un documento del secolo successivo, era considerata la più bella della città, nonché una delle più belle del Regno. Di quel periodo rimane lo splendido portale rinascimentale commissionato dalla badessa Lucrezia Santomagno.
I lavori andarono avanti dal 1590 fino al 1674, consegnando una chiesa a navata unica a croce latina con cappelle laterali, un corpo centrale quadrangolare che regge la cupola e, dietro l’altare maggiore, il coro chiuso nel 1702 per realizzare l’attuale sacrestia con volta a botte ed elementi in stucco, affrescata da Michele Ricciardi con la Vergine che dà la pianeta a Sant’Idelfonso. Nella parte alta della chiesa finestre, volte a botte con unghie di rinforzo e, sulle cappelle, una serie di grate da cui le monache di clausura seguivano le funzioni. Passarono pochi anni e si resero necessari lavori di consolidamento, il cui progetto fu affidato nel 1711 al celebre architetto napoletano Ferdinando Sanfelice del cui intervento restano chiare tracce nel monastero che si sviluppa ai lati della chiesa e che, soppresso nell’Ottocento con i decreti napoleonici, è oggi occupato da una caserma della Guardia di Finanza e da un’altra dei Carabinieri.
Entrare nella chiesa di S. Giorgio è un’impareggiabile emozione estetica, accesso privilegiato ad un prezioso scrigno di tesori d’arte fra Cinquecento e Settecento, con in più un piccolo grande ”segreto” di storia, arte e spiritualità che vi sveliamo più avanti e che solo di recente è stato riscoperto. Varcando un portale rinascimentale in pietra con fastosi battenti barocchi in legno verde oliva e fregi dorati, ci si immerge nello sfarzo della chiesa, fra ori, marmi pregiati, stucchi e maioliche, ma al tempo stesso si viene trascinati dalla corrente ascensionale di una spiritualità evocata dagli innumerevoli affreschi e tele a tema sacro. Gli echi di un paradiso agognato, sospirato, giungono così alla percezione del visitatore frammisti alla suggestiva luce della navata e ai colori dei dipinti.
Nel 1675 Angelo Solimena, padre del più celebre Francesco, firmava il ciclo di affreschi della ‘Passione’ nella volta della cantoria, un lavoro complesso che deve aver senz’altro impegnato l’intera bottega dell’artista. Splendida la cupola con il ‘Paradiso’ realizzata sul modello di quella dipinta dal Lanfranco nella Cappella del Tesoro del Duomo di Napoli. Notevoli anche i contributi di Francesco Solimena, a cui si deve una serie di pannelli murali tra cui quello delle Sante condotte al martirio, stilisticamente ispirato al lavoro di Luca Giordano, e la magnifica tela con San Michele Arcangelo, sua personale lettura del cosiddetto tenebrismo naturalista. L’opera pittorica più antica risale però al 1523 ed è la tavola di Andrea Sabatini raffigurante la Vergine con il Bambino e santi e una suora orante, posizionata su uno degli altari a destra. Di particolare pregio anche un Martirio di San Giorgio, databile ai primi decenni del XVII secolo, tre tele coeve di Giacinto De Popoli raffiguranti San Gregorio Magno, La Sacra Famiglia con San Giovannino e la Visione di San Nicola di Bari, alcune tele con un’allegoria delle Virtù dipinte a inizio ‘600 da Paolo De Matteis, e infine l’altare maggiore in tarsie marmoree policrome con inserti di madreperla, arricchito di bassorilievi e sculture.
IL «SEGRETO» MEGLIO CUSTODITO DI SALERNO
Alla sua indiscutibile bellezza barocca la chiesa di S. Giorgio unisce però la peculiarità di custodire al suo interno una preziosa testimonianza di arte e architettura longobarda sulla quale si sono riaccesi i riflettori grazie all’iniziativa del giovane archeologo salernitano Luca Galdi, dedicatosi a riscoprirla negli ultimi cinque anni, ossia da quando ne ha trattato nella sua tesi di laurea. Parliamo dei resti di quella originaria cella monastica del VII sec. d.C. con la quale comincia la storia del complesso di S. Giorgio, resti che, insieme a quelli di una piccola tomba, si trovano nascosti sotto il pavimento della chiesa rivestito di piastrelle maiolicate decorate a foglie d’acanto, piccoli fiori e un motivo geometrico a micro-scacchiera bianca e nera. Nel suo studio Galdi ha in particolare soffermato la propria attenzione su un sistema meccanico che consente al pavimento di aprirsi in cinque botole disvelando i resti longobardi composti da un’abside con gli affreschi di un tipico motivo a treccia e di una teoria di santi che si sviluppava lungo l’intera parete. Un marchingegno creato negli anni ’80 del ‘900, in occasione dei restauri seguiti al terremoto dell’Irpinia, ma da allora rimasto quasi inutilizzato e quindi inceppatosi per il lungo disuso. Da qui l’idea di ripristinare quel dispositivo finito nell’oblio e per nulla stridente in un contesto barocco, se solo si pensa agli ingegnosi e sorprendenti sistemi di scenotecnica in voga in quell’epoca.
“In questi anni – racconta Luca con entusiasmo – l’unico desiderio è stato riportare alla luce quei resti, un irrefrenabile bisogno che nasce dal sangue che ti scorre nelle vene…dalla necessità di illuminare un pezzo di storia di Salerno dando voce a quelle pietre, che non sono pietre mute ma raccontano la vita stessa dei nostri avi…” È così iniziata, grazie al nome impresso su una targhetta, la strenua ricerca della ditta che circa un quarantennio prima aveva progettato quel sistema e, dopo il suo fruttuoso esito, Luca ha avviato la caccia ai 18 mila euro necessari a rimettere in funzione l’ingranaggio. Una sfida baciata dal successo grazie alla generosità dei salernitani, al sostegno della Regione e anche ai social network. “Un pizzico di follia – aggiunge Luca – e cinque anni di lavoro ci hanno consentito di superare la parte più impegnativa. Ora non ci resta che illuminare l’area, in modo da renderla fruibile nel migliore dei modi, e restaurare le campane ottocentesche della chiesa per farle tornare a suonare”. Intanto a risuonare sono le note dei concerti di musica classica che spesso vengono organizzati nella chiesa, favoriti anche dall’eccezionale acustica del luogo, fruita proprio di recente da una casa discografica giapponese che ha reputato San Giorgio una fra le poche location italiane in grado di offrire un’acustica naturale ideale per le registrazioni musicali.
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Alla Redazione
FAME DI SUD
Buongiorno,
Per puro caso sono arrivato alla Vostra pagina web che in un articolo racconta la Chiesa di San Giorgio: il «segreto» meglio custodito di Salerno. Sono rimasto piacevolmente colpito dalle notizie dettagliate che vengono date sulla storia della Chiesa (che non conoscevo) e sugli artisti che con le loro opere la rendono importante, ma soprattutto dallo spirito che si legge tra le riga, fatto di amore per la nostra terra. Mi farebbe piacere ricevere, attraverso la posta elettronica, le news che periodicamente pubblicate.
Grazie per tutto il Vostro impegno.
Francesco Falanga
Via Trieste C.le Ambruoso, 9
84018 Scafati (Sa)
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