Sette minuti di calorosi e convinti applausi hanno accolto pochi giorni fa la proiezione al Festival del Cinema di Cannes del film “Il racconto dei racconti” del regista Matteo Garrone, il quale già prefigura la probabilità di un sequel se non addirittura di una serie televisiva. Questo lungometraggio rappresenta la ”sfida” di un regista italiano in un genere, come quello fantasy, notoriamente appannaggio del cinema di matrice anglosassone e, a pochi giorni dall’uscita nelle sale (14 maggio), già promette di far parlare molto di sè, soprattutto considerata la positiva accoglienza riservatagli dalla stampa specializzata inglese. Il tutto grazie ad una sceneggiatura tratta da un classico della favolistica italiana, come il seicentesco Cunto de li Cunti del campano Giambattista Basile, modello indiscusso per i più grandi autori di fiabe di tutta Europa, ad un cast internazionale di attori come Salma Hayek, Vincent Cassel, John C.Reilly, Toby Jones, Bebe Cave e Alba Rohrwacher, e ad una kermesse di location italiane una più bella dell’altra. Re, regine, orchi e maghi, agiscono in scenari fiabeschi ma al tempo stesso fortemente realistici, protagonisti delle storie narrate nel film ispirate ai racconti La cerva fatata, La vecchia scorticata, La Pulce, ma senza rinunciare a suggestioni derivanti da altri capitoli della raccolta (le fiabe in totale sono 50, raccontate da 10 novellatrici in 5 giorni).
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Sebbene non manchino scene girate in altri luoghi d’Italia (Toscana e Lazio), il Sud fa la parte del leone e non poteva essere altrimenti visto che le novelle originarie del Basile sono ambientate in Basilicata (alcune storie sono ad es. legate alla città di Acerenza e al Castello di Lagopesole) e in Campania, regione dove l’autore nacque e trascorse buona parte della sua vita frequentando le corti degli aristocratici locali. Garrone e la sua troupe hanno tuttavia allargato il raggio geografico nella ricerca dei set ideali, approdando in Abruzzo, Puglia e Sicilia. E la ricerca non poteva che dare affascinanti risultati come potete constatare guardando le immagini che vi proponiamo nella photogallery a fondo pagina.
Nel primo episodio, La Cerva Fatata, si narra di una regina disperata perché non riesce ad avere figli, la quale su consiglio di un negromante decide di procurarsi il cuore di un drago marino da far cucinare ad una vergine per poi mangiarlo: un’azione che avrà inaspettate ripercussioni sulla sua vita. Per questa novella le location sono state individuate in Sicilia: innanzitutto lo splendido Castello di Donnafugata, ubicato a poca distanza da Ragusa. E’ una sontuosa dimora nobiliare del tardo ‘800 a cui la leggenda attribuisce radici più antiche, precisamente risalenti al XIV secolo quando un primo edificio sarebbe appartenuto ai Chiaramonte, conti di Modica. L’attuale costruzione, in stile neogotico, domina quelli che un tempo furono i possedimenti della ricca famiglia degli Arezzo De Spuches. L’edificio copre un’area di circa 2500 metri quadrati ed ha un’ampia facciata arricchita da due torri laterali. Il nome “Donnafugata” sembra riallacciarsi alla leggenda dell’edificio antico e all’altrettanto leggendario episodio della fuga della regina Bianca di Navarra, vedova del re Martino I d’Aragona e reggente del regno di Sicilia che sarebbe stata imprigionata nel castello primigenio dal conte Bernardo Cabrera, aspirante alla sua mano e al titolo di re. Di questa tenuta, nel film di Garrone, si mostra anche il particolarissimo e poco noto labirinto in pietra nella scena in cui la regina (Salma Hayek) insegue il figlio. Il labirinto, in cui addentrarsi e spesso perdersi, era uno dei divertimenti offerti ai suoi ospiti del barone siciliano. Restaurato di recente, con i suoi muri a secco in bianca pietra ragusana, è una splendida scenografia naturale che con la sua forma trapezoidale rimanda al labirinto inglese (in siepi di tasso) di Hampton Court. Un tempo siepi di rose rampicanti sovrastavano i muri del percorso impedendo la vista e lo scavalcamento delle corsie.
Sempre nel primo episodio del film compaiono poi le bellissime Gole dell’Alcantara: situate in provincia di Messina, sono alte fino a 25 metri e larghe dai 2 ai 5 metri e costituiscono un canyon naturale formatosi molto probabilmente a seguito di eventi sismici che hanno spaccato in due vecchi bacini basaltici consentendo all’acqua del fiume di insinuarsi all’interno. Il fenomeno viene dedotto dal fatto che la struttura delle pareti appare intatta e spigolosa e non frutto di un irregolare processo di erosione. In particolare nel territorio di Motta Camastra (Me) si trova la più imponente e nota gola dell’Alcantara, lunga più di 6 km ma facilmente percorribile per i primi 3. Spettacolare è la struttura delle pareti, di colore grigio-azzurro, create da una colata di lava basaltica che, raffreddatasi molto lentamente, ha permesso il modellarsi di suggestive forme prismatiche pentagonali ed esagonali. Nelle Gole dell’Alcantara il re di Selvascura (John C. Reilly) s’immerge nelle turbinose acque del fiume con un rudimentale scafandro per uccidere il drago e strappargli il cuore mangiando il quale la regina sterile avrà per incantesimo un figlio.
Nell’episodio La Vecchia Scorticata, si narra invece di due vecchie sorelle lavandaie: il Re di Roccaforte avrà la ventura di udire la soave voce di una di esse, alla quale chiede invano di mostrarsi, non sospettando il suo reale ed orripilante aspetto. Anche in questa novella interviene la magia a produrre sorprendenti sviluppi ed irreversibili conseguenze. Oltre alla location laziale del Bosco del Sasseto, troviamo nel film la spettacolare residenza del re (Vincent Cassel) che altro non è che il Castello di Roccascalegna (Chieti), in Abruzzo. Si tratta di una struttura difensiva suggestivamente collocata sulla cima di una sporgenza rocciosa, in posizione dominante sull’abitato. Di fondazione molto antica – fu costruito verso l’XI-XII secolo con l’ampliamento di una semplice torretta da guardia di origine longobarda – ha subito numerose aggiunte fra il Cinquecento e il Seicento ed è passato nei possedimenti di diverse famiglie nobili come gli Annechinis, i Carafa, i Corvi e i Croce Nanni.
L’ultima fiaba, La Pulce, racconta infine di un re che cattura una pulce e la mette all’ingrasso trasformandola in un animale domestico. Morto l’animale, decide di esporne la pelle promettendo in sposa sua figlia a chi saprà scoprire a quale bestia è appartenuta. Il re si ritroverà così costretto a dare in sposa la figlia ad un orco risultato vittorioso nell’assurdo palio. Ebbene, il castello dove vive il re è lo straordinario Castel del Monte, l’enigmatico maniero che l’imperatore Federico II di Svevia volle far costruire nel XIII secolo nella sua amatissima Puglia. L’edificio, situato su una collina della catena delle Murge occidentali, a 540 metri sul livello del mare, fa parte dal 1996 del Patrimonio Unesco. E’ a pianta ottagonale e ad ogni spigolo include una torre a sua volta ottagonale, così come ottagonale è la forma della corte interna: un elemento geometrico che molti riconducono a simbologie di carattere esoterico capaci di affascinare studiosi e semplici curiosi di tutto il mondo. Nello stesso episodio, l’orco che scioglie l’enigma pretendendo in sposa la figlia del re ha la sua oscura dimora nell’insediamento rupestre di Villaggio Petruscio (Mottola), un insieme di grotte abitate nell’alto Medioevo sia da uomini che da animali, con resti di complessi produttivi, chiese, spazi comuni, strutture di avvistamento e di difesa, depositi e cisterne per la raccolta dell’acqua piovana, preziosissima risorsa insieme a quella del torrente sul fondo della profonda gravina, lunga oltre 4 chilometri e popolata di una lussureggiante vegetazione mediterranea. Secondo la tradizione, il luogo deriverebbe il proprio nome da quello dell’apostolo Pietro che evangelizzò la zona negli anni tra il 42-45 d.C. mentre era diretto a Roma al ritorno da Antiochia.
In questo episodio, interamente girato in Puglia per tre settimane nel luglio 2014, compaiono infine altre due location di una certa importanza storica e architettonica e anch’esse dotate di un forte potere di suggestione: innanzitutto il Castello normanno-svevo di Gioia del Colle (Bari), costruito nell’XI secolo su un nucleo originario di epoca bizantina risalente al IX secolo. La costruzione normanna è attribuita a Riccardo, siniscalco dei duchi di Puglia e primo feudatario del territorio di Gioia del Colle. Egli trasformò il nucleo originario in una residenza nobiliare, ampliando il cortile, recintandolo con un possente muro e costruendo una delle torri. Il re normanno Ruggero II, successivamente ne modificò in parte la fortificazione, ma il castello e l’abitato circostante vennero distrutti da Guglielmo I il Malo allorché riuscì a riaffermare il suo potere in terra di Bari. La sua attuale struttura si deve a Federico II di Svevia, il quale intorno al 1230 lo rifondò assegnadogli una pianta quadrangolare con cortile interno e quattro torri angolari. Il castello fece parte del suo circuito di residenze e fortificazioni nel Sud, dalla Capitanata alla Sicilia, e destinate al controllo militare delle regioni del regno. Sotto gli Svevi il castello di Gioia del Colle fu sede di un presidio militare con alcuni ambienti destinati al soggiorno del sovrano. Antiche cronache vogliono che il castello di Gioia fosse particolarmente amato dal sovrano per le sue battute di caccia nei boschi circostanti e pare che qui sia anche nato il suo celebre figlio Manfredi. Dopo gli Svevi il maniero passò sotto il controllo degli Angioini e degli Aragonesi, diventando dapprima proprietà dei Principi di Taranto fino al ‘400, poi dei Conti di Conversano fino al ‘600 e infine dei Principi di Acquaviva fino agli inizi del ‘800: famiglie che da costruzione militare lo trasformarono in dimora residenziale.
L’altra scenografia naturale scelta da Garrone in Puglia è infine la Masseria Accetta Grande, a Statte (Taranto), la cui vetustà accertata risale almeno al XV secolo, quando risulta nei possedimenti del ricco Monastero di S. Giovanni Battista di Taranto, sede delle monache Benedettine. Agli inizi del ‘500 esse concessero in enfiteusi perpetua la tenuta alla Congregazione Olivetana di Taranto, formata da monaci dell’Ordine di S. Benedetto con sede nel Convento di Santa Maria della Giustizia. Gli Olivetani affittavano parte dei poderi di Accetta per pascoli, seminativi, boschi, allevamenti, riservando per sè un’ala della masseria. Mura e strutture difensive furono da essi via via aggiunte al nucleo originario per fronteggiare liti e contese con privati e con le Università di Taranto e di Massafra, che reclamavano antichi usi civici sul territorio della Masseria. Nel ‘700 Accetta Grande ebbe uno dei momenti di massimo splendore economico, con il grande rifiorire delle attività agricole ed un’espansione della proprietà che arrivò ad 800 ettari agli inizi del XIX sec. Con il governo francese di Giuseppe Bonaparte nel Regno di Napoli e l’abolizione degli ordini religiosi, si ebbe l’annessione al Demanio dello Stato delle loro proprietà, comprese quelle della Masseria di Statte. Sotto il regno invece di Gioacchino Murat, la Masseria entrò nel patrimonio del Duca di Taranto, il generale Etienne MacDonald, ma ritornati in auge i Borboni la Masseria rientrò nei beni della Corona. Messa in vendita, fra tanti altri beni, per ripianare il deficit pubblico del regno, fu acquistata nel 1819 da Giandomenico Cordiglia, un ricco commerciante di origini genovesi. Il resto è storia di compravendite e frazionamenti fra privati durata fino ai nostri giorni.
Ancora una volta, il Cinema, si rivela dunque uno straordinario strumento di divulgazione del nostro patrimonio culturale e ambientale, amplificandone fascino e potere di suggestione grazie al valore aggiunto del ”racconto”, che si tratti di quello riguardante in modo più diretto i luoghi medesimi oppure dell’altro, di pura invenzione fantastica, che trova nei luoghi un formidabile elemento di supporto, come appunto nel film di Garrone.
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INFORMAZIONI:
Castello di Donnafugata (Ragusa): martedì, giovedì, domenica: dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e dalle 14.45 alle ore 17.30; mercoledì, venerdì, sabato: dalle ore 9,00 alle ore 13,00. La permanenza all’interno è consentita rispettivamente e improrogabilmente entro e non oltre le ore 13,45 ed entro e non oltre le ore 18,15. Tel. : 0932.619333 – Tariffe
Gole dell’Alcantara (Motta Camastra, Me): Parco Botanico e Geologico con diverse tipologie di percorsi guidati a pagamento: Via Nazionale, 5 – Motta Camastra (Messina) – Tel. +39 0942 985010. da dentro il Parco è anche possibile limitarsi a scendere alla spiaggetta delle Gole tramite un ascensore (è previsto un ticket da 8 euro) con passeggiata in un sentiero botanico. L’accesso alla spiaggia può però essere effettuato anche a piedi (e gratuitamente) tramite delle semplici scale pubbliche che distano appena 150 metri circa dal parco (non credete a chi ne nega l’esistenza).
Castello di Roccascalegna (Chieti): Orari di apertura | Tariffe di ingresso
Castel del Monte (Andria, BAT): 1 ottobre – 31 marzo 9.15 – 18.30 (chiusura della biglietteria h. 18.00); 1 aprile- 30 settembre 10.15 – 19.30 (chiusura della biglietteria h. 19.15). Chiuso 25 dicembre e 1 gennaio. Ticket: € 5,00 Biglietto intero (dai 25 anni in su); € 2,50 Biglietto ridotto (giovani fra i 18 e i 24 anni e docenti a tempo indeterminato delle scuole statali); Gratuito fino ai 18 anni e per le categorie previste dalla normativa vigente. Costo noleggio audioguide: € 3,50 | Infopoint: 0883.569997
Villaggio Petruscio (Mottola, Ta): sono possibili visite guidate da concordarsi con l’Ufficio turistico di Mottola (Viale Jonio, tel. 099-8867640-8866948) – info@mottolaturismo.it
Castello di Gioia del Colle (Bari): Aperto tutti i giorni dalle 8,30 alle 19,30. Ticket: € 2,50 (inclusa visita al Museo Archeologico con sede nel castello), € 4,00 con visita Parco archeologico di Monte Sannace. Parte integrante della visita al monumentale castello sono infatti le sale del Museo Archeologico dove è presente una sistematica esposizione dei numerosi corredi delle necropoli di Monte Sannace e Santo Mola che coprono un ampio arco cronologico che va dall’inizio del VI al III/II sec. a.C.
Masseria Accetta Grande (Statte, Ta): situata lungo la Strada Provinciale 40 (tra Massafra e Statte), la masseria, di proprietà privata, è visitabile solo in occasione di eventi speciali che si svolgono nella sua ampia corte. Per altre eventuali occasioni di visita chiedere info alla Pro Loco di Statte: Tel.: 099.4743204 – Cell.: 346.0816399