di Enzo Garofalo
Ha appena 21 anni, la grazia disinvolta di Alicia de Larrocha e il piglio determinato di Martha Argerich, pianiste superlative di cui può considerarsi un’erede; come loro ha frequentato le sale da concerto fin dalla più tenera età e come loro sta affrontando i palcoscenici internazionali dopo aver vinto diversi concorsi di altissimo livello (cito Montréal e Van Cliburn [Silver Medal e Audience Award] per tutti) ed inciso dischi dedicati al grande repertorio pianistico, quale il recentissimo CD con i 26 Preludi di Chopin e la Sonata n. 2 op. 19 di Scriabin edito da ATMAClassique. Nel 2013 la rivista International Piano l’aveva definita “One to watch” per poi passare quest’anno a inserirla nella lista “30 under 30”, ossia l’elenco dei 30 migliori pianisti al mondo sotto i 30 anni. Ed a buona ragione. L’esecuzione del Concerto n. 1 in si bemolle minore op. 23 di Čajkovskij che l’ha vista ieri protagonista in un affollatissimo Petruzzelli, accompagnata dall’orchestra del teatro diretta da Daniele Rustioni, è stata l’ennesima prova di un talento ormai conclamato in tutte le sue sfaccettature.
Nell’affrontare questa celebre opera del grande compositore russo, che vede momenti di predominio pressoché assoluto del pianoforte – diviso fra atmosfere di solenne grandiosità e di più intimistico romanticismo – le mani di Beatrice Rana hanno prodotto suoni sommamente incisivi e meravigliosamente scolpiti, grazie a una tecnica portentosa e ad un tocco impeccabile capace di conferire a ogni nota nitidezza cristallina e intensa espressività. In particolare l’Andantino semplice del secondo movimento, si è imposto all’orecchio e alle emozioni dell’ascoltatore come una carezza, un distillato di bellezza ottenuto con una maturità di sentimento davvero sorprendente in un’artista così giovane. Applausi scroscianti e ritmate acclamazioni da parte di un pubblico entusiasta hanno salutato una sorridente Beatrice Rana pronta a ricambiare con due splendidi fuori programma: una parafrasi di List da un lied di Schumann e la Giga dalla Partita in si bemolle maggiore di Johann Sebastian Bach.
Grandi applausi anche per l’Orchestra del Petruzzelli che – diretta da un Rustioni in buona forma nonostante l’addio (temporaneo?) a un teatro e a un’orchestra con cui si era creata una buona intesa – ha reso efficacemente la potenza espressiva di un capolavoro che alterna momenti di vigorosa magniloquenza ad altri di più lirica introspezione, impegnando al massimo grado orchestra e direttore sotto il profilo interpretativo. Di buon impatto anche l’esecuzione della Sinfonia n. 41 in do maggiore “Jupiter” di Wolfgang Amadeus Mozart, imponente testamento spirituale e illuminante affermazione di fede razionale da parte di un artista sommo, capace come sempre, di fondere con maestria assoluta serenità di sentimenti e cupa tragicità e di sciogliere alla fine questo dualismo in una superiore visione di luminosa gioia.