di Redazione FdS
Di origini catanzaresi, laureato all’Università di Reggio Calabria nel 1995, un dottorato all’università britannica di Southampton, Fellow al Royal College of Physicians e alla Faculty Intensive Care Medicine di Londra, tre anni di attività all’Oxford Radcliffe Hospital in reparto medicina generale. Lui è Luigi Camporota, da 15 anni impegnato nei reparti di terapia intensiva presso l’ospedale della Guy’s e St Thomas NHS Foundation Trust oltre a insegnare Terapia Intensiva come professore onorario senior presso la divisione del King’s College di Londra che si occupa di Asma Allergica e Biologia Polmonare. E’ considerato uno dei massimi specialisti al mondo nel campo delle insufficienze respiratorie, delle tecniche avanzate di ventilazione meccanica, di ossigenazione extracorporea e di monitoraggio per l’ottimizzazione della ventilazione meccanica in condizioni critiche, materie nelle quali Camporota pubblica studi sulle principali riviste scientifiche oltre a collaborare con l’industria biomedicale. Un curriculum d’eccellenza che – riferisce il Times – lo ha portato a far parte del team di medici che hanno in cura il Primo Ministro inglese Boris Johnson, risultato positivo al Covid-19 e per oltre dieci giorni rimasto in isolamento domiciliare prima di essere strasferito in terapia intensiva nelle scorse ore dopo un improvviso aggravamento delle sue condizioni.
“Il primo ministro è in buone mani, in ottime mani. Le migliori” ha detto il portavoce del primo ministro, che ha aggiunto: “il nostro sistema sanitario nazionale funziona benissimo”. Rassicurazioni che se fanno giustamente leva sull’elevato livello di preparazione presente tra scienziati e medici operativi nel Regno Unito, non offrono altrettante garanzie circa la tenuta del sistema di fronte a una crescita esponenziale del contagio da coronavirus, quella crescita di cui sono ormai evidenti i segnali e il cui fondato timore (fondato se non altro sulla scorta dell’esperienza italiana e spagnola) aveva scatenato dure contestazioni contro Johnson. Nonostante il rischio concreto di migliaia di morti, nelle scorse settimane il premier era infatti apparso incline a non adottare particolari misure restrittive di contenimento dell’epidemia e a confidare nella cosiddetta ”immunità di gregge” presumibilmente derivante dalla libera circolazione del contagio tra i cittadini di Sua Maestà.
Una posizione successivamente rivista ma che non ha impedito a molti di intravedere nella sua personale contrazione della malattia una sorta di ‘ironia della sorte’, così come ha assunto una sapore beffardo il fatto che il 5,5% degli operatori sanitari del Regno Unito arrivi dall’UE, mentre il 13% si autodefinisca straniero, con buona pace di un dibattito sull’immigrazione che con la Brexit aveva assunto a tratti risvolti xenofobi. E mentre le cronache inglesi segnalano come i primi due medici morti di Covid-19 nel Regno Unito fossero originari del Sudan e che più di 7.000 infermieri attivi nel Paese si siano formati all’estero, lo stesso team che si sta prendendo cura di Boris Johnson – storico fautore della Brexit – è un mix delle più disparate nazionalità, tra cui quella italiana di Luigi Camporota [nel video seguente il suo intervento al Dräger Advanced Ventilation Symposium 2018, nel quale parla di tecniche di respirazione assistita].
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