di Redazione FdS
Sono un vero e proprio trend del momento e attirano quantità enormi di pubblico prospettando grandi emozioni: sono le cosiddette ”mostre multimediali” che, attraverso l’impiego della tecnologia, riproducono opere d’arte più o meno celebri integrandone la presentazione con molteplici tipologie di linguaggi, volti a produrre nel pubblico effetti di grande coinvolgimento. Oltre a ridurre gli spostamenti delle opere originali in giro per il mondo – il che secondo qualcuno giova alla loro tutela – queste mostre consentono uno sguardo inedito sulle stesse e, con la promessa di un’esperienza emotiva di forte impatto, riescono spesso ad avvicinanare all’arte un’ampia fetta di pubblico di solito poco avvezzo a frequentare mostre e musei. Più che di esposizioni in senso stretto, visto che gli originali sono assenti, esse hanno il taglio di uno ”spettacolo sull’arte”, che acquista un senso solo se – come ha giustamente sottolineato la storica dell’arte Antonella Sbrilli in un suo intervento su Art Tribune – la tecnologia vi viene impiegata “per le potenzialità che offre (visione aumentata, interazione, suggerimenti di relazioni) e non come mera sostituzione di immagini alle opere”.
Un risultato che, secondo gli addetti ai lavori, si può ottenere evitando che la tecnologia prevarichi la funzione comunicativa che è chiamata ad assolvere e garantendo che l’informazione veicolata raggiunga il pubblico nel modo più corretto possibile. In altri termini la multimedialità deve sorprendere ed emozionare, ma mai essere proposta come un surrogato virtuale dell’opera d’arte originale, l’incontro con la quale deve viceversa essere sempre stimolato nello spettatore. Coerente con queste premesse, ha debuttato al Museo Multimediale di Cosenza, lo scorso 15 maggio, la mostra Van Gogh Alive-The Experience, approdata in Calabria dopo aver fatto il giro delle principali città del mondo e portando quindi con sé il primato di mostra più visitata in assoluto fra quelle del suo genere. Inutile dire che l’effetto Van Gogh non si è fatto attendere, riproponendo anche in questo caso la febbrile attesa e la foltissima partecipazione che normalmente caratterizza ogni mostra delle sue celebri tele, riconfermandone l’ormai consolidato ruolo di superstar dell’arte condiviso con nomi del calibro di Leonardo e Caravaggio.
Accedere alla mostra è semplice, basta scendere i pochi gradini che introducono nel cuore sotterraneo della centralissima Piazza Bilotti (angolo C.so L. Fera), capolinea dello splendido Museo All’Aperto Bilotti (MAB), e raggiungere l’ingresso del Museo Multimediale di recente apertura. Un breve percorso, costellato di pannelli che rievocano i momenti salienti della breve vita e carriera di Van Gogh, introduce alla sala che, come si addice a questo genere di mostre, ha la neutralità di uno spazio che non ammette distrazioni, affinché l’esperienza ”immersiva” sia totale. Il pubblico viene fatto entrare ogni ora a folti gruppi e il visitatore è libero di muoversi in un ambiente nel quale ogni superficie diventa uno schermo utile a una narrazione per immagini avvolgente e suggestiva.
Buio in sala. Partono i tempestosi accordi del movimento ”presto” della “Estate” di Antonio Vivaldi, a evocare il travaglio di un’esistenza breve (l’artista morì a 37 anni) ma artisticamente prolifica (ha prodotto quasi 900 dipinti e più di mille disegni), per quanto il riconoscimento della grandezza del suo lavoro sia prevalentemente postumo. “Morire non è la cosa più difficile per un artista” è, non a caso, la frase di Van Gogh che meglio riassume l’inquietudine di una vita tutta protesa verso l’arte ma ripagata da mille difficoltà e nevrosi. Questa è solo una delle tante citazioni estrapolate da pagine di diario e lettere dell’artista quali brevi e folgoranti meditazioni sull’arte, sulla vita, sulla morte, che s’alternano sugli schermi alle monumentali immagini dei suoi dipinti. Alla sinistra l’opera intera, a destra un primo dettaglio e così via…di schermo in schermo, di particolare in particolare, fin dentro la pennellata, densa di colore e di energia vitale, in quel caleidoscopio di linguette “minute, accostate, flesse, orientate, parallele a blocchi” che accrescono la potenza espressiva del soggetto rappresentato, fino a farlo vibrare.
Sono più di 3000 le immagini delle opere di Van Gogh in grande scala e in alta definizione pronte ad assorbirvi nell’unicità del suo stile riempiendo di forme e colori tutta la sala. Dall’Autoritratto con orecchio bendato, a La camera di Vincent ad Arles, la Notte Stellata, La chiesa di Auvers, il Campo di grano con volo di corvi, passando per i celebri Girasoli, gli altrettanto famosi Iris azzurri e una miriade di altri dipinti, schizzi, disegni e pensieri scritti, la mostra è un emozionante viaggio attraverso il lavoro e le esperienze di questo immenso artista, la cui vita viene ripercorsa per fasi relative al periodo (1880-1890) trascorso ad Arles, Saint Rémy e Auvers-sur-Oise, luoghi in cui nacquero molti dei suoi capolavori.
E mentre trascorrono i minuti il visitatore può cogliere l’evolversi di uno stile sempre più personale fino a diventare unico: dall’iniziale ammirazione per i pittori della Scuola di Barbizon alle critiche rivolte agli Impressionisti coi quali condivise solo il rapportarsi al reale con approccio immediato, rimanendo peraltro indifferente al loro uso del colore e della materia in funzione della mutevolezza della luce; e ciò a favore di un tratto forte e deciso e di un intenso cromatismo che hanno fatto definire l’esperienza figurativa di Van Gogh “post-impressionista di tendenza espressionista”, in quanto l’artista accentua i valori emozionali ed espressivi dell’opera stessa fecondando il dato naturalistico col suo più profondo sentire.
Alcune delle opere presentate sono animate, come i fiori del Ramo di mandorlo che sbocciano e richiamano l’influenza japoniste di fine ‘800, o il Campo di grano con volo di corvi, coi neri uccelli messi in fuga da un improvviso colpo di pistola che evoca il suicidio del pittore. E ad accrescere la potenza delle immagini c’è la musica, da quelle prime travolgenti note vivaldiane ad altre di Bach, Schubert, Liszt, fino a splendide pagine di compositori coevi come Claude Debussy o Erik Satie. Il tutto coordinato attraverso il sistema SENSORY4, che combina motion graphics multicanale, suono surround di qualità cinematografica e fino a quaranta proiettori ad alta definizione in grado di creare un ambiente multiscreen che garantisce un’esperienza dinamica, informativa e visiva di grande coinvolgimento, nella quale la ‘multimedialità’ si moltiplica all’inverosimile tra foto, selfie e dirette su Facebook da parte del pubblico.*
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*La mostra, aperta fino al 15 settembre 2018, è accessibile dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 20.00 (sabato, domenica e festivi fino alle 21.00). Biglietti: intero, 13 euro; ridotto, 9 euro. Gratuito per bambini di età inferiore a 6 anni e portatori di handicap con accompagnatore | Info Museo: 0984 1781861