di Redazione FdS
Sul promontorio dei dintorni di Crotone, oggi noto come Capo Colonna, a partire dal VI sec. a.C. ha svettato a lungo il santuario di Hera Lacinia, uno dei più importanti della Magna Grecia, dedicato alla omonima divinità di origine ellenica protettrice delle donne e della fertilità. Nel XVI secolo d.C. fu quasi completamente saccheggiato per riutilizzarne il marmo e la pietra come materiale da costruzione. In origine l’imponente complesso sacro comprendeva un tempio da 48 colonne alte oltre 8 metri. Un‘unica colonna di ordine dorico è però sopravvissuta fino ai nostri giorni, imponendosi – pur nella sua isolata unicità – quale elemento di grande suggestione paesaggistica e storica insieme agli altri resti archeologici emersi nel territorio circostante, scenograficamente affacciato sull’azzurro mar Jonio. Nella stessa area sorge oggi anche un antico santuario dedicato alla Madonna di Capo Colonna (evidente figura sostitutiva della dea Hera) nel quale si venera un’immagine della Madonna attribuita a San Luca. Nei suoi pressi sono emersi di recente i resti di un foro romano che una incredibile decisione da parte delle autorità competenti (Soprintendenza per i Beni Archeologici e Comune) – a quanto riportano fonti giornalistiche locali – ha disposto venga ricoperto da una funerea colata di cemento armato. Tutto ciò risulta un grave attentato al patrimonio storico e alla naturale vocazione turistica di un luogo per il quale nulla di decisivo è mai stato fatto finora per garantirne un’adeguata valorizzazione.
A denunciare la folle operazione è Fabrizio Carbone, redattore della testata locale Crotoneinforma.it che dal 27 dicembre scorso sta seguendo la vicenda. Egli ha messo in evidenza come questa decisione risulti tanto più assurda se solo si considera che dopo decenni di inattività si è ricominciato a scavare a Capo Colonna e che gli archeologi raccontano “di scoperte eccezionali, di ritrovamenti inattesi e significativi di cui nulla si sa dalla stampa locale o nazionale, semplicemente perché nulla è giunto loro”. Ebbene, per la prima volta si scava proprio davanti al Santuario cristiano di Capo Colonna, viene ritrovato quello che si ritiene essere il foro romano, ma ecco che improvvisamente viene ricoperto di terra e destinato ad essere sepolto da una colata di cemento armato. “In una Crotone che muore da qualsiasi angolazione la si guardi, si ricopre di cemento l’unica speranza per il futuro di questa terra, l’archeologia e il turismo”, ha scritto ieri Carbone in concomitanza della messa in opera della prima colata di calcestruzzo, un’azione posta in essere “contro il tempo, contro le proteste, contro le denunce, contro le interrogazioni parlamentari”.
Carbone ha lanciato un’invettiva contro la locale classe politica accusandola di assoluta cecità e contro l’intera città di Crotone, colpevole di subire passivamente questo attacco al suo glorioso passato e al suo futuro di località dalle forti potenzialità culturali e turistiche. Ed ecco che finalmente qualcuno, fra i comuni cittadini, ha reagito oggi pomeriggio: verso le 14.00 circa trenta persone si sono infatti presentate al cantiere di Capo Colonna intenzionate a fermare la cementificazione del Foro Romano. Il comitato spontaneo è riuscito per ora a bloccare la posa di altro calcestruzzo, oltre quello che orrendamente già copre parte del piazzale. I cittadini hanno manifestato l’intenzione di presidiare il cantiere per tutta la notte fino a domani mattina, aspettandosi che altri crotonesi arrivino in massa verso le 7.00 per un sit in di protesta in piena regola. In ogni caso – minacciano i manifestanti – il presidio non verrà rimosso fino a quando non sarà revocato il progetto che – a quanto pare – prevede la copertura totale del Foro Romano ritrovato davanti all’edificio sacro. Al momento non risultano dichiarazioni ufficiali da parte della Soprintendenza per i beni Archeologici della Calabria nè da parte delle amministrazioni locali.
Di seguito alleghiamo (sono scaricabili) alcuni documenti dai quali è partito il caso: 1) La seconda lettera che le associazioni culturali crotonesi “Gettini di Vitalba” e “Sette Soli” hanno inviato al Ministero Beni Culturali e ai responsabili degli uffici periferici calabresi, nonché al Sindaco di Crotone e al dirigente dell’Urbanistica (una prima missiva risale al mese di settembre); 2) Il comunicato stampa che riferisce della lettera inviata.
Augurandoci che qualcuno fornisca spiegazioni plausibili intorno a tutta questa vicenda, all’appello del primo gruppo di cittadini crotonesi di buona volontà si unisce anche quello di Fame di Sud affinché il rispetto e la difesa della nostra memoria e identità siano riaffermati come imprescindibili valori del vivere civile, presente e futuro.
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