di Kasia Burney Gargiulo
Capita a volte di svegliarsi un giorno e di trovarsi di fronte a un bivio; uno di quei momenti di scelta capitale che almeno una o due volte nella vita succede a chiunque di dover compiere. E allora la mente e il cuore vagano in tutte le direzioni possibili – rimanere dove si è o scegliere una delle altre prospettive che si presentano – alla ricerca di una risposta che alla fine saranno l’intuito, il buon senso o la necessità a dettare. E’ quanto accaduto ad Alessandra Paolini, 47 anni, calabrese di Cosenza, che all’indomani della morte del padre, titolare dell’Agricola Doria, l’azienda di famiglia, ha deciso di prenderne le redini e di rilanciarla lasciando il suo lavoro di avvocato e tornando alla terra, nella sua amata Calabria. L’alternativa sarebbe stata lasciar morire un’azienda che esiste fin dai primi del Novecento, con la conseguente perdita del lavoro per i suoi operai e l’abbandono di una terra che oggi regala ottimi frutti alla famiglia di Alessandra e a tutti coloro che acquistano i prodotti Doria.
Alessandra ammette di aver tentato inizialmente di portare avanti l’azienda e la propria professione, ma alla fine si è resa conto che era impossibile svolgere nella giusta misura e con i risultati ideali due lavori impegnativi contemporaneamente. Ha scelto la terra, con i suoi ritmi duri, la cura continua che richiede, e lo ha fatto partendo da zero: “Non sapevo nulla di agricoltura”, racconta in un’intervista rilasciata di recente alla testata Millionaire. “Mi sono confrontata con chi nell’azienda ci lavorava da sempre, con gli altri professionisti del settore, ho studiato, ho seguito le fasi di lavorazione…”.
L’azienda Doria era specializzata soprattutto nella produzione di pesche e agrumi. Comprendeva anche un piccolo vigneto, ma Alessandra – ritenendo economicamente insostenibile la concorrenza del vino estero – ha deciso di sradicarlo e di iniziare a produrre olio d’oliva di alta qualità. Una scelta che ha garantito risultati di grande successo perchè l’azienda oggi produce soprattutto olio extravergine di oliva monocultivar in sette varietà, con una resa che va dai 4mila ai 6mila litri ogni anno su 10 ettari di terreno (con prezzi dai 9 ai 13 euro a litro). Il successo commerciale ha portato con sè anche prestigiosi riconoscimenti come la Corona Maestro d’olio 2013 conferita dall’Acccademia Maestro d’olio per la Monocultivar Grossa di Cassano.
“Inizialmente – dice Alessandra – gli altri produttori hanno criticato la mia scelta convinti che i consumatori vogliano sempre lo stesso olio e che quindi fosse azzardato offrirne loro così numerose varietà. Io sono stata caparbia avendo intenzione di stabilire un rapporto di fiducia con loro, raccontando la mia azienda, la varietà dei prodotti che offriamo, il duro lavoro che c’è dietro quello che facciamo. E alla fine questa scelta ha pagato”.
A proposito di costruzione di un rapporto di fiducia diretto con i clienti, Alessandra si dice convinta che nessuno meglio degli imprenditori stessi che la fanno può raccontare l’attività agricola. Spesso circolano informazioni imprecise e se ne crea una percezione distorta, senza escludere un sistema di mercato che badando soprattutto alla massimizzazione del profitto non offre al consumatore gli strumenti per distinguere ed apprezzare con consapevolezza la qualità di un prodotto. Peggio ancora la politica e le associazioni di categoria che, dice Alessandra, “sono incapaci di fare i vantaggi degli imprenditori agricoli”.
Alla domanda “rifarebbe oggi la sua scelta?”, Alessandra Paolini risponde che nonostante le incertezze che pure ha attraversato la rifarebbe “un milione di volte”. Una sicurezza che le deriva dalla consapevolezza di quanto sia grande in ogni campo il patrimonio dell’Italia, che in particolare nel settore olivicolo vanta ben 540 varietà di ulivi, superando ogni altro paese al mondo. Alessandra crede nella proverbiale ”marcia in più” degli Italiani, ma a condizione – dice – che “facciamo noi stessi”, perchè “quando proviamo a scimmiottare gli altri perdendo di vista la qualità del prodotto…beh allora noi italiani siamo destinati a perdere”.