A San Francisco, un team di scienziati coordinato dal catanzarese Davide Ruggero neutralizza il meccanismo che rende i tumori invisibili al sistema immunitario
di Redazione FdS
Dagli Stati Uniti arriva una notizia che promette di rivoluzionare il trattamento dei tumori, soprattutto di alcune forme particolarmente aggressive di quella che rimane una patologia ancora fortemente temuta, nonostante gli indiscutibili progressi terapeutici compiuti negli ultimi anni. Si tratta di una importante scoperta attinente alla possibilità di bloccare il meccanismo che impedisce al sistema immunitario umano di svolgere efficacemente la propria azione difensiva in presenza di certe forme tumorali. A compierla un team di studiosi capeggiato da una delle figure di punta delle ricerca internazionale sul cancro, il calabrese Davide Ruggero, 48 anni, di Catanzaro, da anni attivo a San Francisco, presso il Dipartimento di Urologia e la Scuola di Medicina dell’Università della California, dove guida un team di ricercatori impegnati nello studio dei meccanismi d’azione di alcune delle forme tumorali più pericolose per l’uomo.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Medicine, dimostra come le cellule dei tumori producano specifiche proteine importanti per la loro crescita, una delle quali è la proteina PD-L1 che rende tali cellule invisibili dall’attacco del sistema immunitario. La ricerca aveva già stabilito che determinati farmaci sono in grado di bloccare tali proteine, rendendo così le cellule del tumore aggredibili dalle difese naturali del corpo umano; il trattamento non è però risultato efficace contro alcuni tumori molto aggressivi come quello del fegato, per cui si è reso necessario tentare un nuovo approccio, consistito nel provare a bloccare a monte la produzione stessa di tali proteine. La nuova metodica ha avuto successo, come dimostrato dallo studio sui topi di laboratorio nei quali è stato scoperto “il modo con cui le cellule cancerogene producono la proteina PD-L1”, risultato che ha portato i ricercatori ad individuare un composto in grado di bloccare tale produzione e ad avviare la sperimentazione sull’uomo. “E’ stato trovato un nuovo punto debole del cancro, che consente di uccidere le sue cellule”, ha detto Ruggero, il quale ha spiegato come questa nuova fase di ricerca sia stata orientata proprio sul tumore al fegato che costituisce la seconda causa di decessi per cancro nel mondo e che, come accennato prima, si era mostrato resistente al precedente approccio terapeutico. Tuttavia, ha aggiunto lo scienziato, la stessa metodica utilizzata per questa forma di cancro può rivelarsi efficace anche contro altri tumori, come “il linfoma, il cancro del colon, o quello del polmone”.
Di Ruggero e degli scienziati da lui coordinati si era parlato già nel maggio 2018, quando furono resi noti gli esiti di uno studio sul cancro alla prostata, nel quale fu notato come due mutazioni genetiche vadano a modificare l’attività di una proteina chiamata eIF2A, trasformandola in P-eIF2a. Così alterata, essa funge da regolatrice del consumo di energia di cui il tumore ha bisogno per svilupparsi, per cui consente al cancro di accrescersi e diffondersi nell’organismo. Ruggero e i suoi colleghi hanno scoperto che i tumori aggressivi sono particolarmente dipendenti dall’azione di questa proteina, il cui blocco induce la massa tumorale alla morte per eccesso di lavoro e conseguente consumo di tutte le energie. Studi sui topi di laboratorio hanno permesso di individuare un composto in grado di bloccare la proteina P-eIF2a portando i tumori all’autodistruzione. Anche in questo caso si è ritenuto che la proteina in questione possa essere alla base di altri tumori aggressivi oltre che di quello alla prostata, per cui sono stati avviati ulteriori approfondimenti a cui farà seguito la sperimentazione sull’uomo.
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