di Redazione FdS
I siciliani Valentino Romano dell’Università di Palermo e Francesco Calì dell’Irccs Oasi Maria SS. di Troina (Enna) sono i due scienziati italiani che hanno fatto parte del team internazionale di studiosi a cui si deve lo studio genetico che ha portato ad una nuova importante scoperta sull’origine degli Europei. Dalla ricerca è emersa traccia nel Dna degli Europei di una terza popolazione ancestrale oltre le due note finora. Il gruppo, coordinato dall’Università statunitense di Harvard e da quella tedesca di Tubinga, ha ottenuto il risultato confrontando il Dna isolato da resti umani ossei di circa 7500 anni fa, ritrovati in tre siti archeologici dell’Europa centrale e settentrionale, con il Dna di 2.400 individui appartenenti a 200 popolazioni odierne scelte in diverse zone del mondo. La scoperta è stata divulgata dalla prestigiosa rivista scientifica internazionale Nature che, considerata l’importanza dello studio, ha dato risalto alla notizia dedicandole la copertina con il titolo: “Melting pot – tre popolazioni ancestrali per i moderni europei”.
La ricerca si è concentrata sulle migrazioni dei gruppi nomadi e sui processi di formazione delle popolazioni stanziali, con la creazione dei primi villaggi, fenomeno che nell’Europa centrale ebbe luogo circa 7.500 anni fa e fu accompagnato dalla comparsa di un particolare tipo di ceramica detta “Linearbandkeramik” o “ceramica lineare”. Il primo problema è stato comprendere se i cambiamenti derivarono dal contatto con gruppi del vicino Medio Oriente emigrati in zona o se piuttosto fossero da attribuire a contatti saltuarii. Alcuni recenti studi sul genoma degli antichi “cacciatori-raccoglitori” e dei primi agricoltori neolitici ha lasciato dedurre che vi sia stata una consistente migrazione di popoli verso l’Europa riconducibile alla diffusione dell’agricoltura. Rimaneva quindi da capire quali fossero state le conseguenze sul piano demografico e geografico di tali migrazioni sugli indigeni “cacciatori-raccoglitori” già presenti nel continente.
A questo proposito è stata utile l’analisi del Dna ricavato da resti ossei preistorici rinvenuti in tre aree archeologiche dell’Europa centrale e settentrionale. Il primo reperto proveniente da Stoccarda è riconducibile a un agricoltore neolitico vissuto circa 7mila anni fa, il secondo, trovato a Loschbour nel Lussemburgo, è di un “cacciatore-raccoglitore” vissuto 8mila anni fa, mentre il terzo gruppo di reperti ossei appartiene a sette “cacciatori-raccoglitori”, rinvenuti a Motala in Svezia e vissuti 8mila anni fa. E’ stato quindi fatto il confronto col Dna di popolazioni attuali e ne è derivato che gli attuali europei con alta probabilità discendono da almeno tre popolazioni ancestrali: la prima è una popolazione di “cacciatori-raccoglitori” indigeni; la seconda, una popolazione di agricoltori medio-orientali giunti in Europa 7.500 anni fa e la terza, individuata dal più recente gruppo di studiosi, si colloca nella regione euro-asiatica settentrionale e geneticamente rappresenterebbe una sorta di “ponte” genetico tra europei e nativi americani.
Il Dna di questo terzo gruppo risulta diverso da quello dell’antico “cacciatore-raccoglitore” del Lussemburgo così come da quello dei primi agricoltori europei. Dai dati si evince che esso arrivò nell’Europa centrale dopo l’arrivo dei primi agricoltori, sebbene per ora non sia possibile giungere ad una datazione esatta. Tale fattore euro-asiatico è in proporzione il più piccolo rilevabile in Europa, non superando mai il 20%, sebbene la si ritrovi in quasi tutti i gruppi europei oggetto dello studio. Confrontando i dati del Dna moderno con quelli del Dna antico si è stabilito che quasi tutti gli attuali europei hanno un fattore genetico riconducibile alle succitate tre popolazioni ancestrali, anche se compaiono differenze nella proporzione con cui ciascuna delle tre componenti compare tra le varie popolazioni europee.
Gli europei settentrionali presentano una maggiore componente ancestrale compatibile con quella dei “cacciatori-raccoglitori” – nei Lituani raggiunge addirittura il 50% – mentre i meridionali sono più affini agli agricoltori neolitici, sebbene questi ultimi a loro volta presentino nel Dna una componente rapportabile ai “cacciatori-raccoglitori”. Gli agricoltori neolitici dell’Europa centrale presentavano a loro volta differenze di Dna rispetto ai gruppi immigrati dal Vicino Oriente, apportatori dell’agricoltura in Europa.Con questi ultimi presenta una forte affinità genetica la popolazione siciliana, così come i maltesi e gli ebrei Ashkenaziti. “Questo dato, basato su campioni di Dna siciliani analizzati provenivano da donatori della Sicilia sud-orientale – ha commentato il prof. Romano – non ci sorprende in quanto trova riscontro nella abbondante documentazione archeologica che ci parla di rapporti intensi e duraturi tra la Sicilia e il vicino Oriente per le epoche preistorica e protostorica, così come nei numerosi studi di archeogenetica della popolazione siciliana pubblicati dal nostro gruppo di ricerca negli ultimi 15 – 20 anni”.
Dall’insieme di dati oggetto del recente studio emerge dunque l’avvento nel cuore dell’Europa di una profonda trasformazione demografica e con la scoperta di questa terza popolazione ancestrale di origine euroasiatica settentrionale si aprono nuovi orizzonti di studio in ambito archeologico sulle culture preistoriche che possono essere state associate al suo arrivo.