di Kasia Burney Gargiulo
Una scoperta straordinaria, fra mito e storia, riporta alla ribalta il mare di Gela (Caltanissetta), già antica colonia greca della Sicilia meridionale, di cui vi abbiamo parlato lo scorso novembre, dopo il ritrovamento della nave greca più antica mai trovata in Sicilia. Nello stesso tratto di mare, di fronte alla costa di contrada Bulala, che ha già restituito tre relitti di navi arcaiche, le sabbie dei fondali – grazie alle correnti e alle mareggiate degli ultimi giorni – hanno ora disvelato un tesoro di 26 secoli fa: si tratta di 39 lingotti intatti da 1 kg l’uno di un metallo pregiato, l’oricalco, risalenti al VI secolo avanti Cristo. Questo materiale in età antica era al terzo posto per valore commerciale dopo l’oro e l’argento; era infatti considerato un metallo prezioso per la sua somiglianza con l’oro.
Secondo le analisi con “fluorescenza a raggi X” (eseguite da Dario Panetta) ciascun lingotto ripescato a Gela è il risultato di una lega di metalli composta per l’80% di rame e per il 20% di zinco e realizzata con tecniche avanzate che i coloni geloi di origine rodio-cretese avevano appreso dai fenici.
A parlare per primo di questo metallo è stato il sommo filosofo Platone nel dialogo Crizia, celebre fonte letteraria, insieme al Timeo, del mito di Atlantide, l’isola-continente dalla civiltà avanzatissima sommersa dalle acque del mare: “erano di Oricalco il muro dell’acropoli di Atlantide e la colonna nel tempio di Poseidone, sulla quale erano scritte le leggi”. In epoca storica ritroviamo l’oricalco fra i romani, ai tempi di Augusto e per buona parte dell’epoca imperiale, quando si coniarono monete, soprattutto sesterzi e dinari, con questo metallo che veniva estratto in Anatolia ed era chiamato “rame di montagna”.
Il recente ritrovamento siciliano si deve al subacqueo gelese Francesco Cassarino che con la sua associazione “Mare Nostrum” collabora da tempo con la capitaneria di Porto nella ricerca di tesori custoditi dai fondali del mare di Gela. Il recupero è stato invece curato da una squadra di sommozzatori della Capitaneria di Porto, della Guardia di Finanza e della Soprintendenza del Mare, spiazzati dalla brillantezza dei lingotti inizialmenti scambiati per oggetti aurei. Oltre ai lingotti sono state ripescate anche una macina in pietra lavica e una statuetta raffigurante la dea Demetra alta circa 30 centimetri; tutti gli oggetti saranno prossimamente esposti presso il museo archeologico della città.
“Questa scoperta – ha dichiarato Sebastiano Tusa, sovrintendente del Mare della Regione Siciliana – conferma la grande ricchezza e capacità produttiva artigianale della città di Gela in epoca arcaica come area di consumo di oggetti di pregio. Il rinvenimento di lingotti di oricalco nel mare di Gela apre prospettive di grande rilievo per la ricerca e lo studio delle antiche rotte di approvvigionamento di metalli nell’antichità mediterranea. Finora nulla del genere era stato rinvenuto nè a terra nè a mare. Si conosceva l’oricalco attraverso notizie testuali e pochi oggetti ornamentali. Dopo l’oro e l’argento, l’oricalco era infatti considerato dagli antichi uno dei metalli più preziosi e la sua invenzione era attribuita a Cadmo, figura mitologica greco-fenicia. Veniva impiegato per decorazioni di particolare pregio per il suo colore molto simile all’oro. Proveniva con tutta probabilità dall’Asia minore o dalla Grecia”
Secondo quanto ipotizzato da Sebastiano Tusa, i lingotti di Oricalco erano in arrivo a Gela quando la nave che li trasportava affondò forse per una tempesta. Dopo il ritrovamento urge ora procedere allo scavo del relitto perchè quei lingotti devono aver fatto parte di un carico importante che potrebbe apportare informazioni di rilievo ai fini della ricostruzione della più antica storia economica della Sicilia. Per fare questo è necessario reperire fondi di cui la Regione Sicilia attualmente non dispone e che la Soprintendenza del Mare spera di poter individuare fra quelli europei o procurare grazie a sponsorizzazioni di soggetti privati.
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