di Alessandro Novoli
E’ alto appena 25,4 e lungo 26,67 cm, ma ha un che di monumentale nel portamento che gli conferisce una speciale dignità e compostezza. Eppure è solo un giovane guerriero greco che conduce al passo il suo cavallo dalla lunga coda e dal corpo allungato, entrambi resi con quel tratto spigoloso tipico di molte opere di scultura arcaica alle quali hanno guardato tanti artisti moderni alla ricerca di una nuova essenzialità. A osservarlo lo si immagina percorrere uno di quei pietrosi tratturi dell’assolata Puglia, terra in cui si vuole sia stato forgiato nel bronzo, o viceversa uno di quei verdi sentieri d’altura della lucana Armento in cui è stato ritrovato agli inizi dell’800, riemerso da una tomba. In quel suo atteggiamento assorto, quasi meditativo – le mani strette con apparente indolenza intorno a redini e a una lancia che non vediamo ma immaginiamo – potrebbe essere reduce da una battaglia che lo ha visto sconfitto ma scampato alla morte, o magari vincitore, però dopo un arduo e spossante scontro. Indossa una corta tunica e in testa porta un elmo in stile corinzio, un tempo munito di cresta.
Entrambe le figure sono considerate un raffinato esempio di fusione piena per la quale l’artefice, un maestro tarantino del 560-550 a.C., è stato attento ad evitare il rischio di crepe e fori, che potevano prodursi in fase di raffreddamento del metallo, e lo ha in parte ottenuto ricorrendo all’escamotage di allungare il corpo del cavallo, evitando quindi di utilizzare troppa massa di metallo. La tecnica della fusione a cera persa con modello cavo era infatti conosciuta al tempo in cui l’opera fu realizzata (VI sec. a.C.) ma non ancora diffusamente praticata.
Sebbene sia spesso chiamato il Cavaliere di Grumentum, dal nome dell’antica città lucana nei cui pressi si credeva fosse stato rinvenuto, un nuovo studio dei primi documenti che lo riguardano ha dimostrato che il bronzetto è stato probabilmente ritrovato a circa 12 km da Armento, in un’area da cui provengono altri bronzi arcaici d’ambito funerario. Il riferimento a Grumentum pare quindi essere derivato da una erronea trascrizione del nome del luogo in una breve pubblicazione che nel 1853 si occupò dell’opera. Come i nostri lettori ricorderanno, dal territorio del piccolo borgo di montagna in provincia di Potenza, in un’area fortemente esposta a influenze greche, provengono anche la Corona aurea di Kritonios e il Satiro inginocchiato, entrambi del IV sec. a.C., oggi custoditi nel museo Staatliche Antikensammlungen di Monaco di Baviera , dei quali ci siamo già occupati per Outside Mirabilia.
Il bronzo fu acquistato la prima volta a Napoli nel 1833 dal collezionista ungherese Gábor Fejérváry, la cui vasta collezione fu più tardi ereditata dal nipote Ferenc Pulszky. Dopo essere passato attraverso varie collezioni private fu acquistato nel 1904 dal British Museum tramite la casa d’aste Canessa di Napoli.
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Bibliografia:
AA.VV. Atti del Convegno di Studi sulla Magna Grecia, vol. 37, parte 1, Arte Tipografiaca, 1999
Burn L., The British Museum book of Greece, The British Museum Press, London 1991
Walters H. B., British Museum. Select bronzes, Greek, Roman, and Etruscan, in the Departments of Antiquities, London 1915