di Redazione FdS
E’ una storia paradossale, eppure non sorprendente in questa Italia che sta facendo macello dei propri Beni Culturali. E’ accaduta a Porto Empedocle (Agrigento), la Vigàta dei romanzi di Andrea Camilleri, ma poteva succedere ovunque si fosse prospettata una situazione analoga. Il proprietario dello storico Palazzo Montagna, pezzo di memoria della nota cittadina siciliana, si è visto bocciare dalla Soprintendenza il progetto di recupero proposto e d’impulso, infischiandosene delle conseguenze legali del suo gesto, ha deciso tre giorni fa di far demolire il palazzo nel corso della notte.
La circostanza-tipo espressa da un caso del genere è quella di un proprietario privato che possiede un immobile sotto vincolo della Soprintendenza per i Beni Culturali e che si trova nella situazione o di non avere il denaro necessario per un recupero (ma al tempo stesso di avere l’obbligo di garantirne la sicurezza) o che, pur avendo i mezzi economici per un restauro, non riesce a trovare un accordo con l’ente publico competente su come attuarlo. L’ente pubblico dal canto suo, se da un lato non può intervenire con fondi pubblici su un bene privato (sebbene vincolato), d’altro canto spesso e volentieri non ricorre al mezzo dell’esproprio che gli consentirebbe almeno di acquisire il bene al patrimonio pubblico e di gestire quindi direttamente l’immobile. Si creano così quelle situazioni stagnanti che lasciano poi spazio a conseguenze disastrose come quella capitata in Sicilia o come quella successa a Bari poche settimane fa dove la chiesa altomedievale di S. Giorgio Martire, nell’attesa di una soluzione, è stata incendiata da balordi.
Tornando al caso siciliano, l’iniziativa avventata del proprietario ha comportato la perdita di un palazzo ricco di storia, legato a famiglie ed attività economiche del territorio, elementi che senza dubbio potevano renderlo un significativo polo di attrazione culturale. Conosciuto dagli empedoclini come “u casamentu”, il Palazzo Montagna è stato location anche di alcune scene dei racconti di Andrea Camilleri (soprattutto in “Un filo di fumo”), scrittore che a Porto Empedocle è nato 89 anni fa. Il Palazzo fu costruito nel 1856 ed oltre ad essere utilizzato come residenza privata fu anche sede della filiale di una società americana, per cui era conosciuto anche come Stabilimento Goldheart, dal nome della società stessa che realizzò una raffineria nella zone dell’antico Molo.
Il proprietario – l’architetto Salvatore Burgio, ex assessore ai Lavori pubblici di Porto Empedocle – è ora stato denunciato alla Procura dalla Soprintendenza di Agrigento. L’uomo, che aveva acquistato il palazzo nel 2003 dagli eredi della famiglia Montagna, avrebbe compiuto l’assurdo gesto di distruggere un bene soggetto a vincolo, accettando le conseguenze derivanti, piuttosto che rischiare una denuncia nel caso che un eventuale crollo avesse prodotto danni a persone o cose. Il progetto di Burgio bocciato dalla Soprintendenza era quello di trasformare il palazzo in “un centro per l’accoglienza turistica collegata ai futuri flussi crocieristici del Porto”; purtroppo non ci è dato sapere in che modo questa finalità fosse perseguita da un punto di vista architettonico, ossia in che misura la nuova destinazione andasse ad incidere sulla struttura originaria dell’immobile.
Ha fatto bene ad abbatterlo; era solo un rudere pericolante. La sopraintendenza e’ cieca, autoreferenziale. Dove era la sopraintendenza quando hanno cementificato la Valle dei Templi ?
Questa, signor Cudini, è la sua opinione ma le facciamo notare che nel caso del palazzo di Porto Empedocle purtroppo non collima con l’osservanza della legge, la quale non dà facoltà ad un privato di abbattere un bene storico vincolato. Se il proprietario ne aveva elaborato un progetto di recupero, evidentemente il palazzo non era poi così inservibile come sostiene lei. Si trattava solo di rivedere il progetto e trovare una soluzione. Non si butta giù un palazzo sulla scia di una rabbia compulsiva, per quanto alimentata da giuste ragioni.
Bene storico vincolato…e’ un rudere; questo e’. Il proprietario ha elaborato, a quel che si legge, due progetti, entrambi non graditi alla Soprintendenza. Un bene storico….mattoni ammalorati in precario equilibrio.Voi redazione, che siete certamente piu’ informati di me…dove era la Soprintendenza durante il saccheggio della Valle dei templi? Se poi sostenete che non si butta giu un palazzo storico, vincolato, la teca dell’Ara Pacis la hanno rasa al suolo, per innalzare, con il compiacimento delle Belle Arti, una piscina d’autore.
Certe scelte (o omissioni) delle Soprintendenze le conosciamo benissimo. Ma le loro evidenti responsabilità non autorizzano il privato cittadino a compiere a sua volta scelte contrarie alla legge.
si vede che non hai mai avuto a che fare con la Soprintendenza, i progetti di recupero si fanno proprio perche’ l’edificio e’ in uno stato di degrado, dopo piu’ e piu’ progetti bocciati, ha fatto bene a buttarlo giù, se aspettava loro sarabbe crollato lo stesso, allora tanto meglio un crollo controllato.
A quanto pare lei ha una visione un po’ distorta del concetto di legalità. Non è distruggendo l’immobile che il proprietario si è posto al riparo da responsabilità. Ne ha evitato un tipo (quella derivante da danni causati da crolli spontanei) ed ora va incontro ad altro tipo di responsabilità.
Finalmente un articolo che difende la legalità ed i beni culturali. Aggiungerei che nessuno ha obbligato il proprietario ad acquistare il ‘rudere pericolante’, come qualcuno lo ha definito. E’ stata una sua scelta.