Dopo 5 secoli svelato il segreto dell’Uomo Vitruviano: «si tratta di un algoritmo segreto»

Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci e la spirale di Fibonacci

L’Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci e la spirale di Fibonacci

A svelare il mistero è lo storico dell’arte sardo Roberto Concas che da gennaio esporrà il suo studio in due volumi e in una mostra a Cagliari

di Redazione FdS

“E’ un inganno. E’ molto più di quello che si vede”: a essere un inganno è l’Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci – protagonista del celebre disegno conservato nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie dell’Accademia di Venezia ed esposto al Louvre fino al 24 febbraio 2020 nella mostra per il 500° anniversario della morte del grande genio toscano – mentre a dirlo, con un’anticipazione all’agenzia Ansa, è Roberto Concas, storico dell’arte già direttore dei Musei Nazionali di Cagliari. A questa conclusione lo studioso è arrivato dopo trenta anni di riflessione e sette anni di ricerche arrivando a identificare nell’Uomo Vitruviano l’immagine dell’algoritmo segreto che gli artisti hanno usato dal IV al XVIII Secolo per contrassegnare le proprie opere come ispirate dalla Divina Proporzione. Dopo cinque secoli quindi il disegno avrebbe finalmente svelato il suo segreto, che sarebbe appunto quello di essere stato realizzato per dare forma in modo criptato all’antichissima formula aritmetica e geometrica che le botteghe usavano e tramandavano solo tra di loro, in osservanza dei parametri imposti dalla Chiesa, per realizzare ogni tipo di opera.
 

Lo storico dell'arte Roberto Concas - Image by Museo Archeologico Nazionale di Cagliari

Lo storico dell’arte Roberto Concas – Image by Museo Archeologico Nazionale di Cagliari

La tesi di Concas sarà oggetto di due volumi editi da Giunti – il primo dei quali esce a gennaio – e di una grande mostra che avrà luogo a Cagliari nel maggio 2020 organizzata da Polo Museale Statale della Sardegna, con il titolo ”L’inganno dell’Uomo Vitruviano. L’algoritmo della divina proporzione”. Nell’ambito di questa scoperta, Concas ha dichiarato di aver compreso inoltre che il disegno realizzato da Leonardo nel 1490 in realtà contiene due uomini in due diverse età della vita – forse addirittura tre – e che va guardato allo specchio per riportare alla luce l’immagine vera del disegno e dare un senso a quelli che finora era considerati ”errori”. Allorquando vide che il cerchio tracciato intorno a quell’uomo non era proprio perfetto e che nemmeno il quadrato era geometricamente preciso, Concas si era infatti chiesto, con scetticismo, se fosse mai possibile che Leonardo da Vinci non sapesse disegnare bene.

Ha così mosso i primi passi in questa ricerca, in merito alla quale ha raccontato:”tutto è iniziato dalle domande che mi sono posto sui Retabli della Sardegna, le caratteristiche pale d’altare. Perchè, mi chiedevo, hanno questa forma particolare a tre? Non c’erano risposte. Ho cercato per 30 anni. Poi ad un certo punto trovo l’algoritmo che mi fa capire quale sia la parte centrale e quale quella laterale. Ma era solo l’inizio. Nel 2012, guardando questo disegno dell’Uomo Vitruviano noto una proporzione simile nella riga sotto: due parti più piccole una centrale più grande. E’ faticoso spiegarlo ma è stato come aprire una scatola dopo l’altra, ogni soluzione me ne apriva tre insieme, una casistica. Ho iniziato a capire che il disegno contiene due volti. L’occhio destro è di un uomo maturo, quello a sinistra di un volto più giovane. Mi è venuta intuizione, se ha sempre scritto a sinistra ha imparato usando lo specchio…anche qui usa lo specchio per ricostruire la figura completa…E le misure mi hanno dato ragione”. 

Quindi due uomini, e con lo specchio si vede bene, di età diversa, ma disegnati per rappresentare quella che il Frate matematico Luca Pacioli definiva come la scienza segretissima della Divina proporzione: un ”sistema d’insieme”, ‘‘rilevabile con misure micrometriche, regole della geometria piana, calcoli aritmetici e infine con l’uso di una banalissimo specchio”, aggiunge Concas. ”Ad esempio le misure delle braccia, che sono diverse, vengono dal concetto di un numero generatore, 225,5 e 180,5. Facendo sottrazioni o divisioni si ottengono tutte le misure esatte delle due braccia”.

Leonardo avrebbe realizzato questo disegno ”perchè temeva che potesse perdersi per strada quella regola che era stata usata da architetti, artisti, letterati e poeti. Usata per la prima volta nell’Arco di Costantino, nel 315-325 dopo Cristo – spiega Concas -, gli anni del primo concilio di Nicea, il primo concilio ecumenico cristiano, essa ritorna anche nella Pietà di Michelangelo e ovviamente nella Gioconda. Erano regole semplici in fondo, come quelle del gioco del calcio, 17 regole semplici: poi all’interno c’è chi è capace di segnare come Ronaldo. Così anche Raffaello faceva capolavori stando nelle regole. L’algoritmo dal IV secolo, quando la religione cristiana diventa religione di Stato, fino al XVIII, serviva a diffondere e difendere le corporazioni. Per essere riconoscibili e certificarsi. Non bastava disegnare una Madonna, andava fatto secondo le regole segrete, che in modo semplificato potremmo definire della ‘doppia spirale’, che ha un significato filosofico molto antico, riconoscibile solo da alcuni…”. Se Leonardo avesse svelato che L’Uomo Vitruviano era tutto questo, racconta ancora Concas, ”lo avrebbero messo al rogo”.

Ecco che allora il cerchio non è un cerchio ma è esattamente la ”doppia spirale”: ”idea che mi è venuta – conclude Concas – dall’intuizione di mia figlia psicoterapeuta: quando le monti insieme ci danno tre assi che costituiscono la figura, molto sofisticata. Ma non voglio dire di più perchè il mistero non finisce qui”. Un mistero smarrito ‘‘quando con l’Illuminismo ha avuto termine il potere della chiesa e il laicismo ha preso spazio. Ma se ci guardiamo intorno ne troviamo tracce finora a noi incomprensibili, ovunque”.

”La teoria, direi meglio la scoperta del dr. Concas – ha dichiarato la direttrice del Polo Museale statale della Sardegna Giovanna Damianiè a mio avviso definibile come ‘rivoluzionaria’, capace di imporre un nuovo paradigma di lettura nella storia dell’arte, un canone rimasto inedito, che non cancella quelli a noi consueti ma apre a interpretazioni nuove, forse intuite da alcuni storici dell’arte ma mai sino ad oggi codificate”.

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