Due giganti della musica come Brahms e Čajkovskij hanno chiuso la prima fase del fortunato ciclo de I Concerti del Mattino (riprenderà il prossimo ottobre) che la coraggiosa direzione artistica di Massimo Biscardi ha voluto proporre in questi mesi al pubblico domenicale del Teatro Petruzzelli di Bari, conquistando alle 11.30 una fascia di progammazione pressochè inedita per l’ente lirico-sinfonico pugliese. Protagonista del concerto il Sestetto Stradivari, un ensemble nato nel 2001 in occasione di una rassegna di concerti proposti in concomitanza della mostra romana su “L’arte del violino”, che ha permesso a tali interpreti di utilizzare gli strumenti Stradivari in esposizione per eseguire pagine del repertorio cameristico dedicato al sestetto. Il gruppo è composto da David Romano (violino), Marlène Prodigo (violino), Raffaele Mallozzi (viola), David Bursack (viola), Diego Romano (violoncello) e Sara Gentile (violoncello), tutti membri dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia con alle spalle anche importanti esperienze solistiche.
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In programma due straordinarie lavori per sestetto d’archi: il concerto si è aperto con i quattro densissimi movimenti del Sestetto n. 1 per archi op. 18 di Johannes Brahms, opera giovanile del compositore tedesco considerata uno dei suoi capolavori nel genere cameristico, un lavoro di ampio respiro che denota il progressivo avvicinamento dell’autore alla Sinfonia oltre ad inaugurare quel lavoro di recupero della tradizione classica che avrebbe caratterizzato il suo percorso artistico pur armonizzandosi sempre con il ricorso ad accenti romantici e prediligendo non di rado la spontaneità dei tratti della musica popolare viennese e ungherese. Uno spirito di grande distensione ed amabilità, non privo di venature di grande vitalità e prorompente allegria caratterizza questo lavoro che Brahms considerò una delle sue cose migliori. Di questo meraviglioso sestetto si è impadronito anche il cinema tramite il regista francese Louis Malle che lo ha utilizzato nella colonna sonora del film “Les Amants”, del 1958.
Le frequentazioni fiorentine di Čajkovskij, viaggiatore a spese della sua amica e mecenate Nadeszda von Meck, sono all’origine dell’appassionato “Souvenir de Florence” op.70. In realtà, di italiano in quest’opera c’è soltanto l’uso della melodia, di un lirismo cantabile ricorrente nelle opere italiane, una scelta che Čajkovskij continuò a coltivare negli stessi anni in cui in Italia si cominciava a ripudiarla, come lo stesso autore ebbe a contestare a compositori del tempo come Busoni e Sgambati. Ma la sua, più che italiana, fu una melodia tipicamente russa fin dal primo movimento del sestetto il cui tema iniziale è di stampo folkloristico, per non parlare del tema russo dell’ultimo tempo. La spiegazione è che in realtà il “Souvenir de Florence” è soltanto una metafora dello stato di serenità e vivacità creativa vissuto a Firenze. Ad ogni modo un vero capolavoro del creatore della “Patetica”.
Misurarsi con brani di tali grandi dimensioni e di così rilevante intensità espressiva si prospetta sempre un’impresa ardua, anche per gli interpreti più scafati; da questo punto di vista il Sestetto Stradivari, impeccabile nell’esecuzione di entrambe le composizioni, ha mostrato mirabili doti di equilibrio e concentrazione assistite da quella sensibilità che traduce le note musicali in palpitanti emozioni, che il pubblico – prodigo di applausi – ha dimostrato di aver pienamente recepito.