A rivelarlo sono alcuni documenti segreti ritrovati in Vaticano. Necessario un recupero globale dell’immobile, reso difficile dai costi e dalla presenza di cinque proprietari
di Kasia Burney Gargiulo
Un palazzo dall’origine misteriosa, cinque diversi proprietari dell’immobile e una ricerca nell’Archivio Segreto del Vaticano che ne ha svelato la prestigiosa appartenenza. Sono questi gli elementi di cui si compone la storia di un palazzo del XIII secolo in quel di Calvi, borgo di poco più di 2 mila 500 abitanti in provincia di Benevento. Il palazzo si trova per la precisione a Cubante (l’antico Covante), frazione di Calvi il cui nome deriva da Leo Cubans (“leone che giace”): un luogo denso di storia se si pensa che qui vi fu una colonia di Liguri voluta dal console romano Publio Cornelio Scipione, che da qui passava la Via Appia diretta ad Eclano (l’odierna Mirabella Eclano), che qui si tennero due battaglie fra il console Tiberio Sempronio Gracco ed il generale cartaginese Annone, successivamente scontratosi anche con il console Quinto Fulvio Flacco, ed uscito sconfitto in entrambi i casi. Oltre a poche tracce della via Appia Antica, del periodo romano oggi rimangono, mal conservati, i resti di un ponte, il Ponte Piano, noto anche come Ponte Rotto.
|
Ricche anche le memorie storiche medievali, ossia della stessa epoca a cui risale il palazzo sopra citato: a Cubante nel 1129 si accampò Ruggero II di Sicilia, detto il Normanno, durante la sua marcia verso Benevento e qui incontrò Papa Onorio III; nel 1137 vi si fermarono l’imperatore Lotario III del Sacro Romano Impero con Innocenzo II e con l’imperatrice Florida; nel 1194, vi soggiornò re Tancredi di Sicilia; nel 1229 vi giunse l’esercito pontificio durante la sua campagna militare contro Federico II di Svevia; nel 1407 Ladislao I d’Angiò re di Napoli vi combattè contro gli Aragonesi; ed infine nel 1437 gli Angioini capitanati dal patriarca Giovanni Maria Vitelleschi, vi sconfissero gli Aragonesi di Alfonso V d’Aragona.
Ma veniamo al palazzo noto anche come Casino del Principe: ad occuparsene, conducendo un ampio studio su documenti d’archivio è stato Mons. Laureato Maio, Canonico del Capitolo metropolitano e Direttore della Biblioteca Capitolare di Benevento. L’ecclesiastico è infatti riuscito ad avere accesso a documenti segreti dell’archivio vaticano riscontrando prova del fatto che quella di Calvi fu una delle ultime, se non l’ultima, residenza di Federico II° di Svevia nel sud Italia. Secondo quanto raccontato da Angela Norelli, proprietaria dell’agriturismo ospitato in una delle ali del palazzo, intervistata dalla testata locale Otto Pagine, il monsignore ha sciolto l’enigma grazie ad una lettera custodita nell’archivio e intestata Apud Beneventum (evidente luogo della sua stesura). L’ecclesiastico ha quindi esteso le sue ricerche sul territorio individuando il palazzo di Calvi che, grazie anche al parere di altri esperti, ha portato alla imposizione del vincolo da parte della Soprintendenza che ne ha riconosciuto la matrice federiciana. In particolare Mons. Maio ha individuato uno stralcio del documento vaticano in cui si legge: “La santa chiesa di Santa Sofia possedeva tutto il Cubante eccetto il palazzo che l’imperatore Federico fece costruire in oltraggio…”, riferimento al fatto che Federico II° avrebbe fatto costruire il palazzo in quel luogo come gesto sprezzante contro il papa Gregorio IX con il quale era in conflitto.
Si ritiene che l’edificio sia stato probabilmente eretto verso il 1229 quando Federico II ritornò dalla Crociata in Terrasanta; altri invece ipotizzano il 1240 come data di costruzione. Oggi questo immobile storico avrebbe bisogno di un progetto globale di recupero, ma la cosa è resa decisamente complicata dalla presenza di ben cinque proprietari fra cui anche il comune di Calvi. Ciascuno di essi persegue obiettivi diversi ed è difficile immaginare come si possa venire a capo della questione. Tre parti sono in vendita: una a 140 mila euro, la seconda (solo due stanze) a 10 mila e la terza a 400 mila euro. Gli unici a non vendere le proprie quote sono il comune di Calvi e la citata signora Angela Norelli. Si è calcolato che per il recupero globale dell’edificio occorrerebbe almeno un milione di euro oltre a quanto necessario per l’acquisto delle parti. Fermi restando i costi dell’operazione, l’altra ipotesi è che siano gli stessi attuali comproprietari a decidere di promuoverne in comune la ristrutturazione: ma ne hanno realmente l’interesse? o riusciranno mai a mettersi d’accordo? In realtà, a dire della signora Norelli, il vero scoglio non è la mancanza di un comune interesse al recupero ma l’entità del budget necessario. L’unica probabile soluzione, a suo avviso, sarebbe quindi quella di “accordarsi facendo intervenire un ente preposto ed esterno, al di sopra delle parti, che indirizzi verso una soluzione finale, cercando di salvare una struttura del 1200 inserendola nei percorsi europei federiciani”. “Insomma – conclude Norelli – abbiamo questa possibilità di sviluppo sul territorio, potremmo almeno sfruttarla al meglio”.