di Kasia Burney Gargiulo
A volte una scoperta casuale può dare l’avvio a insperati percorsi di conoscenza: è quello che è avvenuto nel 1978 ad Isernia, in Molise, quando – durante i lavori di sbancamento per la superstrada Napoli-Vasto, nella periferia orientale della città – fu rinvenuto in località La Pineta un giacimento di resti del Paleolitico (Età della Pietra). La sua individuazione si deve ad Alberto Solinas, un appassionato di preistoria, che raccolse i primi reperti. Dal 1979 il sito è stato scavato sistematicamente dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise in stretta collaborazione con l’Università degli Studi di Ferrara, sotto la direzione scientifica di Carlo Peretto, professore ordinario del Dipartimento di studi umanistici di Unife ed ancora titolare della concessione di scavo rilasciata dal Ministero dei beni e le attività culturali e del turismo. Fu una scoperta eclatante perchè accese i riflettori su quella che è considerata dagli studiosi la sede di una delle comunità umane più antiche d’Europa (secondo alcuni “la più antica” ), quella del cosiddetto Uomo di Isernia (Homo Aeserniensis), databile a circa 730 mila anni fa: una prova inconfutabile dell’età remota del primo popolamento del nostro continente, di cui il giacimento paleolitico di Isernia costituisce una delle più complete testimonianze.
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In realtà la presenza dell’uomo in quest’area, fu inizialmente dedotta soltanto da vari elementi indiretti emersi dagli scavi, mancando all’appello veri e propri resti umanoidi, almeno fino a quando nel 2014 non è stato rinvenuto un incisivo superiore sinistro appartenuto ad un bambino morto all’età approssimativa cinque-sei anni e risalente a 586 mila anni fa (ad oggi il più antico resto umano d’Italia). Il reperto è stato attribuito ad un esemplare di Homo heidelbergensis sulla base delle sue caratteristiche, dimensioni ed età cronologica; una tipologia di essere umano che è attestato in Europa a partire da circa 600 mila anni e costituisce l’antenato dell’Uomo di Neanderthal diffusosi successivamente in tutta Europa e scomparso con la diffusione dell’uomo ‘moderno’ (Homo sapiens). Prima di questo importante ritrovamento, l’azione umana nel sito molisano de La Pineta risultava leggibile ad esempio nella disposizione in circolo di grandi massi su un suolo cosparso di resti ossei di animali selvatici, un’area di ”bonifica” lungo le sponde paludose del fiume che è espressione della capacità di quegli antichi uomini di predisporre un ambiente particolare, forse comprensivo anche di uno spazio sacrale dedicato ad entità naturali percepite come temibili.
Gli abbondanti resti di fauna rinvenuti nell’area appartengono a numerose specie: dal bisonte all’elefante, al rinoceronte, per citare gli animali più frequenti, mentre meno numerosi sono i resti di orso, ippopotamo, cinghiale, daino e megacero. In particolare in questo sito sono stati trovati i resti fossili di Panthera leo più antichi d’Europa, risalenti a più di 700.000 anni fa. Dalla cernita dei sedimenti sono inoltre emersi resti di microvertebrati, fra cui pesci, anfibi, rettili, tartarughe, uccelli e diverse specie di roditori.
Fin dall’inizio, il sito de La Pineta ha goduto dell’attenzione nazionale e internazionale (indicativa in tal senso fu ad es. la copertina che nel 1982 la nota rivista americana Nature dedicò al giacimento preistorico di Isernia), e ciò soprattutto da parte di numerosi ricercatori italiani e stranieri che hanno contribuito allo studio del giacimento e delle migliaia di reperti recuperati grazie agli scavi. Un’attività che ha prodotto anche numerosissime pubblicazioni scientifiche e divulgative determinanti per la valorizzazione del sito preistorico. L’importanza del giacimento paleolitico di Isernia è stata riconosciuta anche dall’Unesco che, nel 2013, ha assegnato a La Pineta il prestigioso scudo blu a garanzia di protezione internazionale in caso di conflitti armati e catastrofi naturali.
A suscitare tutto questo interesse sono state innanzitutto la remota antichità del sito e la ricchezza della serie stratigrafica, caratterizzata da depositi lacustri, fluviali e vulcanici, utili a definire la successione degli eventi geologici per un’ampia parte dell’Italia meridionale e quindi dell’intero bacino mediterraneo. Dal punto di vista della fauna preistorica, il sito si è inoltre rivelato particolarmente interessante perchè l’abbondanza di resti animali ha permesso lo studio di antichissime popolazioni di bisonte e rinoceronte, oltre a svelare la presenza di specie mai segnalate in Europa per zone così meridionali. Da tre distinti suoli di abitato individuati dagli studiosi, sono emerse migliaia di reperti capaci di offrire preziose informazioni sulle modalità di produzione degli strumenti litici, sulle attività di caccia e di macellazione degli animali, sull’organizzazione degli spazi abitativi e sulle strategie di sussistenza. Proprio per questo suo multiforme carattere, gli studi sul sito sono stati condotti con criteri interdisciplinari, coinvolgendo settori che vanno dalla geologia alla geomorfologia, pedologia, paleontologia, palinologia, cronologia, paleontologia umana, antropologia, paletnologia. Ciò ha permesso di ottenere un quadro articolato dell’insediamento, utile non solo a fini scientifici ma anche divulgativi.
A partire dal 1999, l’attività esplorativa è stata agevolata dalla costruzione di un padiglione di circa 700 mq a copertura dell’area di ricerca, scelta che ne ha permesso la svolgimento in diversi mesi dell’anno. Le campagne di scavo più recenti si sono focalizzate soprattutto sull’archeosuperficie più ricca di materiale archeologico, nonchè custode delle testimonianze di frequentazione umana dell’area e di sfruttamento delle risorse ambientali a scopo alimentare, ma il contesto ha ancora tanto altro da offrire all’interpretazione degli studiosi che qui giungono da tutto il mondo, ragione per cui una continuazione degli interventi di scavo rimane l’obiettivo sempre auspicabile ai fini di una comprensione più completa di questo luogo straordinario.
Presso il Museo Paleolitico di Isernia (che ha sede nel complesso di Santa Maria delle Monache) è oggi possibile visitare una mostra permanente dell’antica archeosuperficie contenente molti reperti provenienti dal sito de La Pineta. L’esposizione comprende anche ricostruzioni del paesaggio preistorico della zona ed alcune postazioni interattive che forniscono tutte le informazioni sul sito. Si scopre così che gli studi finora effettuati hanno permesso la ricostruzione di taluni aspetti della vita dell’uomo preistorico di Isernia e dell’ambiente in cui viveva: ecco così comporsi l’immagine di un gruppo di poche decine di individui insediatosi in accampamento lungo le sponde del fiume e capace di rendere calpestabile l’area abitativa “bonificando” parte della sponda paludosa del corso d’acqua con pietrame e grandi ossa ottenute con attività di caccia giornaliera rivolta ai mammiferi presenti nella zona. Le condizioni climatiche del tempo fanno però delineare il quadro di un paesaggio estremamente diverso da quello attuale, con ampie zone a steppa-prateria non prive di alberi, che nutriva numerosi pachidermi. Ad una lunga stagione arida seguiva una breve stagione umida nel corso della quale le acque del fiume si ingrossavano esondando nelle zone limitrofe e ricoprendole di sabbia e limo. L’accampamento umano dovette avere un carattere temporaneo e stagionale, espressione di una vita nomade vissuta sulla scia degli spostamenti di quegli animali dai quali dipendeva la stessa sussistenza di quegli antichi uomini.
Bibliografia:
– AA.VV. , Isernia La Pineta: un accampamento più antico di 700.000 anni, Catalogo della mostra omonima, Calderini Editore, Bologna 1983, pp. 1-126.
– Accorsi C.A. – L’apporto della palinologia nella ricostruzione dell’ambiente, in “Homo: Viaggio alle origini della storia”. Catalogo della mostra (L.Chiais, : Cremaschi, C. Peretto, B. Sala, Ed.), 1985, pp.192-202
– Peretto C. – Le industrie litiche del giacimento paleolitico di Isernia La Pineta, la tipologia, le tracce di utilizzazione, la sperimentazione – Istituto Regionale per gli Studi Storici del Molise “V. Cuoco”, C. Iannone Editore, 1994, Isernia.
– Peretto C. – I reperti paleontologici del giacimento paleolitico di Isernia La Pineta: L’uomo e l’ambiente, Cosmo Iannone Editore, Isernia, 1996, pp. 625.
– Peretto C. – I suoli d’abitato di Isernia La Pineta, natura e distribuzione dei reperti, Cosmo Iannone Editore, Isernia 1999, pp. 1-200
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Museo del Paleolitico, Isernia
Località La Pineta
Tel. e Fax: 0865 290687
Orario di apertura: martedì – domenica 09.00-19.00
Lunedì chiuso
Biglietto: Intero: 4,00 € – Ridotto: 2,00 €