DOP, IGP, STG, DOCG, DOC, IGT…sono tutti marchi di qualità, riservati ad alcuni prodotti che rispettano determinate caratteristiche. Ma cosa significano? I marchi DOCG, DOC e IGT sono riservati ai vini, e definiscono le cultivar, le località di provenienza e le lavorazioni. STG sono le specialità tradizionali garantite, ovvero produzioni che seguono alcuni criteri da almeno 30 anni. Attualmente, le uniche due STG italiane sono la pizza e la mozzarella. DOP significa “di origine protetta”: ne fanno parte i prodotti di alcune zone ben delimitate e che seguono un disciplinare restrittivo e particolareggiato; condizione fondamentale è che tutto il percorso di lavorazione sia effettuato in tali zone. Il caciocavallo silano che si produce in Calabria ha un marchio DOP, ma per quanto possa sembrare strano viene prodotto anche in Abruzzo. Questo perché anche in quel territorio si possono rispettare alcune regole inerenti la razza delle vacche, la qualità del latte, i mangimi, le procedure di lavorazione.
L’IGP, invece, è l’indicazione geografica protetta, ossia un marchio di origine attribuito a quei prodotti agricoli e alimentari per i quali una determinata qualità, la reputazione o un’altra caratteristica dipende dall’origine geografica, e la cui produzione, trasformazione e/o elaborazione avviene in un’area geografica determinata. La IGP comporta quindi, che almeno una fase del processo produttivo (non quindi tutte come per la DOP) avvenga in una particolare area seguendo le regole produttive stabilite nel disciplinare di produzione. Un esempio di IGP è la patata silana, la cui peculiarità è tutta lì, nel territorio in cui nasce. Non è legata ad una varietà in particolare: ne vengono coltivate diverse, con varie caratteristiche, che le rendono adatte ad ogni tipo di preparazione. Si va dalla Marabel, delicata e precoce, a pasta gialla all’Agria, adatta a tutti gli usi; dalla Desirée a buccia rossa, ottima per gli gnocchi, alla Nicola, da servire in squisite insalate, come ci ha raccontato Pietro Tarasi, presidente del Consorzio Produttori di Patate Associati, nella video intervista che trovate a fondo pagina.
Ciò che rende la patata silana diversa da tutte le altre, è dunque la condizione climatica e geologica in cui nasce. E’ una patata avvezza all’alta quota e agli sbalzi termici: cresce a 1300 mt. con temperature che variano di oltre 20° tra il giorno e la notte. Queste condizioni così particolari l’hanno resa particolarmente robusta e resistente alle malattie; inoltre la sua buccia spessa respinge l’attacco di insetti e la rende adatta anche alla conservazione, avendo un periodo di latenza molto lungo, prima della germogliatura. Inoltre, il suolo dell’altopiano silano è ricco di sali minerali, e l’acqua sorgiva con cui vengono irrigati i solchi arriva direttamente dalle quote più alte, senza trascurare, infine, che l’aria della Sila è ritenuta dagli scienziati tra le più pulite al mondo. Dal punto di vista gastronomico, essendo ricca di amido ha una polpa soda e asciutta che la rende adatta a lunghe cotture.
Tutte queste caratteristiche hanno regalato alla patata silana il marchio IGP e ne hanno fatto uno dei prodotti d’eccellenza del nostro territorio. Si semina in aprile e si raccoglie a settembre: nei primi giorni di ottobre si svolgono in Camigliatello Silano, il caratteristico paesino situato al centro dell’altopiano, numerose sagre ed eventi dedicati al prezioso tubero.
VIDEO-INTERVISTA A PIETRO TARASI, PRESIDENTE DEL CONSORZIO PRODUTTORI DI PATATE ASSOCIATI
LA RICETTA
Lasciandomi ispirare dalla spessa buccia che ricopre le deliziose patate silane IGP, ho pensato di proporvi una ricetta inusuale, appetitosa e antispreco: le bucce di patata fritte al miele.
Ingredienti:
Bucce di patata silana IGP
Olio extra vergine di oliva Brutio DOP
Sale
Miele di castagno (più deciso), o di acacia (più leggero)
Preparazione:
Lavate bene le patate sotto l’acqua corrente ed asciugatele, prima di sbucciarle. Lasciate poca polpa attaccata alla buccia. Riducete le bucce in listarelle larghe circa un dito.
Preparate una bacinella con acqua e ghiaccio. Portate a bollore dell’acqua salata ed immergetevi le bucce per 4/5 minuti. Nel frattempo scaldate in una padella abbondante olio. Scolate le bucce con una schiumarola e tuffatele nell’acqua ghiacciata. Immergetele immediatamente nell’olio bollente, senza asciugarle, per qualche minuto (per evitare schizzi d’olio basta immergere un paio di fette all’inizio, per abbassare il punto di fumo, e poi aggiungere le altre; ad ogni modo, volendo, potete usare la friggitrice al posto della padella). Scolatele su carta assorbente e servitele cosparse di un filo di miele.
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