di Redazione FdS
Cominciarono in epoca immemorabile a frequentare le regioni del nostro Sud ma finirono col toccare l’intera penisola italiana, dalla Sicilia fino alla foce del Po. Vi svolsero commerci con le loro navi e vi fondarono più stabili empori instaurando con le popolazioni locali uno scambio non solo di merci ma anche e soprattutto di cultura e di civiltà, come mostrano i reperti ritrovati in diversi insediamenti e il lascito di particolari forme architettoniche. Sono i Micenei, gli albori della cui storia datano intorno al XVII secolo a.C. segnando l’Età del Bronzo della Grecia continentale. Le loro città più importanti furono Micene, Tirinto, Pilo, Argo e Tebe e la tradizione tende a identificarli con gli Achei, Argivi o Danai cantati da Omero nell’Iliade e nell’Odissea. Ora proprio da una di queste città – da quella Pylos in cui si conservano le vestigia del palazzo di Nestore, il saggio re che insieme ad Agamennone convocò tutti i re greci per la conquista di Troia, vi inviò circa 90 navi e fu tra gli unici a tornare in patria sano e salvo – spunta fuori la ricchissima tomba di un guerriero di 3500 anni fa. A ritrovarla, nei pressi dell’antico palazzo reale, un team internazionale di archeologi guidati da ricercatori dell’Università statunitense di Cincinnati. Ad essi toccherà ora il privilegio di studiare e catalogare gli oltre 1.400 oggetti rinvenuti: gioielli, armi, armature,vasi di bronzo, argento e oro.
Il corpo sdraiato del guerriero è stato ritorvato con una spada di bronzo al fianco e circondato da un corredo di suppellettili e gioielli finemente lavorati e ben conservati (numerosi ed insoliti per una sepoltura maschile), la cui ricchezza ha lasciato stupefatti gli archeologi anchè perchè il suo studio aprirà un interessante spiraglio sull’universo suggestivo degli eroi cantati da Omero nei suoi celebri poemi. “Probabilmente si tratta della scoperta più importante da 65 anni a questa parte” – ha affermato James C. Wright, direttore della Scuola Americana di Studi Classici di Atene. Thomas M. Brogan, direttore dell’Institute for Aegean Prehistory Study Center for East Crete, ha invece definito il ritrovamento “il culmine” della sua carriera archeologica, sottolineando come tombe dal corredo così ricco si possano “contare sulle dita di una mano”.
La sepoltura, datata intorno al 1.500 a.C., si trova nei pressi del luogo dove molti anni dopo sarebbe sorto il Palazzo di Nestore, imponente centro amministrativo distrutto nel 1.180 a.C., all’incirca al tempo in cui si pensa si sia svolta l’epica guerra di Troia narrata da Omero. A tal proposito gli archeologi hanno tenuto a precisare che è categoricamente da escludersi che quella ritrovata sia la tomba del leggendario re Nestore o quella di suo padre, Neleo, visto che il guerriero li precede entrambi di due o tre secoli. Poichè, com’è noto, ci sono diversi legami fra la civiltà micenea e quella minoica dell’isola di Creta, soggiogata dalla prima, il ritrovamento di questa tomba potrebbe piuttosto fornire preziose informazioni sul passaggio dalla cultura minoica a quella micenea. Infatti è piena di manufatti provenienti dall’Isola di Creta e James C. Wright ritiene che essa sia riconducibile proprio al momento culminante del periodo minoico (quindi a ridosso del suo declino), motivo per cui sarà molto utile per comprendere la fase di passaggio dall’una all’altra civiltà.
La scoperta della tomba risale al 18 maggio scorso e si deve a Jack L. Davis e Sharon R. Stocker, una coppia di studiosi dell’Università di Cincinnati attiva a Pylos da 25 anni. I due archeologi avevano iniziato a scavare nei pressi del Palazzo sperando di rinvenire semplici abitazioni costruite intorno ad esso, quand’ecco emergere nel primo giorno di scavo due pareti ad angolo retto inizialmente scambiate per la struttura di una casa o di una camera, ma infine rivelatesi appartenere ad una tomba. Questa è risultata intatta, fatta eccezione per la lastra di chiusura da una tonnellata, collassata sul sarcofago ligneo sottostante. Deterioratasi ogni traccia di quest’ultimo, rimaneva solo il corpo di un uomo di 30-35 anni, molto probabilmente un membro di spicco dell’aristocrazia locale, con piazzate alla sua sinistra alcune armi, tra cui una lunga spada in bronzo con impugnatura d’avorio rivestito in oro e un pugnale con elsa d’oro.
Sul suo lato destro vi erano invece quattro anelli d’oro con belle incisioni minoiche e circa 50 pietre sigillo minoiche incise con immagini di dee e di tori saltellanti. “Ero semplicemente stordito dalla qualità della scultura”, ha dichiarato Wright, notando che quegli oggetti “devono essere usciti dai migliori laboratori dei palazzi di Creta”. Una placca in avorio intagliato con un grifone, animale mitico che proteggeva dei e re, si trovava invece tra le gambe del guerriero. Intorno al suo collo, una collana d’oro di più di 30 pollici di lunghezza con due pendenti a foglia di edera, perfettamente conservata. Lungo il suo fianco destro e diffuse intorno al capo vi erano oltre mille perle di corniola, ametista, diaspro, agata e oro: alcune di esse forse decoravano un sudario, come sembrano suggerire diversi centimetri quadrati di tessuto a fili trasversali sopravvissuti per 3500 anni. La tomba conteneva inoltre coppe in oro, argento e bronzo. Tra gli oggetti anche uno specchio di bronzo col manico in avorio, sei pettini d’avorio, numerose fasce sottili di bronzo, probabilmente appartenenti alla sua armatura, e diversi denti di cinghiale facenti parte dell’elmo. Per via dei grifoni raffigurati nella tomba, gli scopritori hanno deciso di definire l’uomo il “guerriero grifone”, personaggio del quale peraltro non è facile stabilire l’esatto ruolo sociale. E’ noto, grazie alle tavolette in lingua Lineare B qui ritrovate decenni or sono, che il palazzo di Pilo aveva un re o ”wanax”, ma non è dato sapere se questa carica esistesse già ai suoi tempi.
Solitamente le tombe greche antiche vengono datate grazie alle ceramiche che contengono, stavolta del tutto assenti dato che i vasi ritrovati sono forgiati in argento o oro e non in umile argilla. Da frammenti però rinvenuti sopra e sotto la tomba si è dedotto che essa sia stata costruita nel periodo noto come Tardo Elladico II, la cui cronologia corrisponde, secondo alcuni, ad un lasso di tempo che va dal 1600 al 1400 a.C., e secondo altri dal 1550 al 1420 a.C.
La cultura micenea a cui appartiene il guerriero ebbe il suo avvento quando a Creta la civiltà minoica si era ormai affermata, favorita dalle dimensioni dell’isola e dalla sua posizione favorevole per il commercio marittimo tra Grecia continentale e Oriente, “oltre ad avere una popolazione sufficientemente numerosa per resistere ad attacchi esterni” come ha affermato Malcolm H. Wiener, esperto di preistoria dell’Egeo. Un cultura, quella minoica, che esercitò una forte influenza sulle genti del sud della Grecia. Ma appena i Micenei acquisirono più forza e fiducia in se stessi, riuscirono ad imporsi sui loro precedenti mentori, fra l’altro adattando la scrittura cretese Lineare A nella scrittura greca in Lineare B le cui testimonianze, su tavolette d’argilla, sono state trovate sia a Knosso (Creta) sia a Pilo e in altri palazzi del continente.
La tomba ritrovata a Pilo si colloca proprio in questo passaggio di civiltà, come si evince dalla presenza di oggetti culturalmente minoici ma utilizzati in ambiente miceneo. Sarebbe interessante anche capire se quegli oggetti avessero una normale diffusione o se siano ascrivibili ad un qualche saccheggio, visto che ad un certo punto i Micenei invasero Creta. Circa questo aspetto l’archeologo Davis si dice convinto che essi non originassero da un saccheggio ma che al contrario avessero un significato particolare per il giovane sepolto nella tomba, magari sulla scia di idee religiose approdate da Creta sulla terraferma. Non a caso i Micenei usarono il simbolo sacro minoico delle corna di toro nei loro affreschi e sui loro edifici e le loro stesse pratiche religiose sembrano il risultato della fusione tra motivi minoici e altri della Grecia continentale.
Intanto vi è in programma uno studio della tomba con le più avanzate tecniche di analisi come quella del DNA, i cui campioni forse estraibili dai denti del guerriero potrebbero dirci se sia nato in Grecia. Qualora poi dalla tomba dovesse emergere anche del materiale di origine vegetale, esso potrebbe consentirne una datazione al radiocarbonio, notoriamente molto precisa. L’antropologa Lynne Schepartz, dell’Università di Witwatersrand a Johannesburg, in Sud Africa, studierà invece i resti scheletrici. Ad ogni modo lo studio della tomba potrebbe dare importanti risposte agli interrogativi che hanno spinto gli studiosi a scavare in questo luogo nel tentativo di capire come e quando la città di Pylos e i suoi governanti fossero riusciti a controllare un territorio estremamente esteso e a sostenere più di 50 mila abitanti durante l’età del bronzo.
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