“Deposuit potentes de sede et exaltavit humiles. Ha deposto i potenti dal loro trono e ha innalzato gli umili.”
Se si prestasse attenzione a questi due versetti del cantico del Magnificat, nel Vangelo di Luca, forse si potrebbe comprendere come mai l’antichissima tradizione di torri umane costruite a più piani e in diverse figure e composizioni numeriche e roteanti su se stesse – di cui peraltro si sottolineano in sede antropologica quasi esclusivamente i significati simbolici politico-sociali – sia saldamente legata alla devozione mariana e in particolare a quella Madonna sofferente e fragile, la Madonna cosiddetta della Pietà, che reca tra le braccia, piangente, il corpo del Cristo morto.
La festa ha come scenario consueto quello paradisiaco della Contrada degli Orti, ad Irsina (Matera) nel cuore di un Basilicata (1) ancestrale, magica, intatta, lungo il declivio che conduce dai campi al borgo arroccato come un aquilotto sulla collina antistante, presso i due santuari mariani immersi tra le ferule e le ginestre, dove il monachesimo casadeiano (2) si sostituì per volontà normanna alla antichissima presenza bizantina.
Qui si realizza ancora oggi la tradizionale torre ruotante di uomini, costituita da gruppo di giovani, generalmente dieci, di cui cinque si dispongono in cerchio in modo da creare una base ad altri cinque che, montando con i piedi sulle spalle dei primi, si dispongo su due o tre piani a formarne le sommità e i pinnacoli. Tutti intonano una filastrocca che è anche uno sberleffo al potere, a qualsiasi potere. Un invito al dissenso, forse, alla ribellione. O forse solo un modo per sublimare nel gioco la rassegnazione, il disincanto.
Se è vero che la torre umana si carica di significati politici e sociali che la rendono un “memento” rivolto ai poteri di volta in volta egemoni, non se ne sono mai indagate fino in fondo le possibili implicazioni teologiche che spesso si annidano, più o meno consapevolmente, nelle manifestazioni del folklore e della devozione popolare. E perché da tempi antichissimi, ad Irsina, le mani e le braccia dei giovani si intrecciano a formare architravi, contrafforti, guglie e pinnacoli di architetture umane, proprio nei giorni in cui si celebra, solitamente nell’ultima decade di maggio, la Vergine della Pietà.
Da tempo, ormai, la Associazione “Torri Umane”, con l’entusiasmo dell’architetto Leonardo Zienna, si prodiga con encomiabili risultati (una delle ultime performance a Roma, il giugno scorso, nel prestigioso Auditorium Parco della Musica) a dare nuova linfa a questa tradizione che rischiava, come altre, di andare dimenticata: a loro si devono le belle edizioni del Festival internazionale delle Torri umane che si auspica venga rinnovato a breve e che ha visto in passato il coinvolgimento anche dei gemelli catalani, i monumentali “castells”.
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(1) In Basilicata la tradizione si riscontra anche a Ferrandina (Mt) e a Melfi (Pz) e presenta analogie con pratiche in uso anche in altre regioni italiane e in altre parti del mondo come la Spagna, il Marocco, l’India.
(2) Per monachesimo casadeiano si intende quello che nel Medioevo si affermò in località sede di edifici religiosi (abbazie, priorati, semplici chiese e relative pertinenze) che ebbero legami con l’Abbazia francese della Chaise-Dieu in Alvernia.