Apertura speciale per gli scavi di un villaggio neolitico del 6000 a.C. Non è l’unico della città pugliese che, in località Passo di Corvo, annovera il sito neolitico più grande d’Europa
di Redazione FdS
La Puglia è stata uno dei primi territori della penisola italiana ad essere investito da quella nuova corrente di civiltà attestatasi nell’ultimo periodo della Preistoria noto come Neolitico. Uomini provenienti dal Mediterraneo orientale più di 8000 anni fa portarono con sé un modello di vita che vide l’abbandono del nomadismo, la fondazione dei primi villaggi, l’affermarsi dell’agricoltura e dell’allevamento, la nascita dei primi manufatti in ceramica. Una vera e propria rivoluzione che in varie ‘ondate’ avrebbe poi raggiunto il Mediterraneo occidentale e l’Europa centrale. Nell’Italia meridionale la cultura neolitica si diffuse soprattutto tra la seconda metà del VI millennio a.C. e gli inizi del V, in aree come il Tavoliere delle Puglie, l’Irpinia, la Basilicata e la Sicilia, per poi diramarsi verso nord e verso ovest. Proprio in Puglia è di questi giorni l’apertura al pubblico, con uno speciale open day, del sito archeologico neolitico compreso nel Parco Urbano ‘Campi Diomedei’ in allestimento nell’area dell’ex Ippodromo, in via Romolo Caggese, e prossimo a diventare, con i suoi 23 ettari, uno dei più grandi parchi urbani d’Italia. Il suo nome è un omaggio a Diomede, eroe greco della guerra di Troia, alla cui leggenda è legato il mito di fondazione di diverse località pugliesi.
Un pezzo della storia più remota di Foggia e del suo territorio viene così ufficialmente restituito ai cittadini, ai quali è stata illustrata l’evoluzione degli scavi iniziati alla fine degli anni ’90 intorno a quello che – ha spiegato Italo Maria Muntoni, funzionario archeologo della Soprintendenza BAT – si è rivelato essere un villaggio neolitico del 6000 a.C. esteso su un’area di 1880 metri quadri, con spazi domestici delimitati da fossati di recinzione, muretti a secco, fornaci e piastre di cottura, testimonianza delle primissime comunità umane che hanno praticato l’agricoltura. Tra i reperti venuti alla luce, tutti di grande interesse, va menzionato uno scheletro con annesso corredo funerario, spoglie di un uomo del Neolitico risalente circa al VI millennio. Importanti anche i rilievi di archeobotanica, che hanno evidenziato la presenza di cereali e leguminose, oggetto delle primissime pratiche agricole. L’accesso al luogo, dove peraltro continuano i lavori, la cui consegna – ha detto Ugo Fragassi, responsabile della ditta che li sta curando – è prevista per gli inizi della prossima estate, è stato reso possibile grazie alla collaborazione tra Comune, Soprintendenza e Ministero dei Beni Culturali; enti la cui sinergia, unitamente alle pressioni esercitate da varie associazioni cittadine, ha permesso – fin dai primi scavi, e nonostante gli innumerevoli ritardi – di sottrarre l’area dell’ex Ippodromo a mire speculative di carattere edilizio.
La musealizzazione dell’importante sito archeologico prevede anche un collegamento con la vicina Villa Comunale, dove nel 1977 sono state portate alla luce testimonianze simili a quelle dei Campi Diomedei (un fossato a “C”, aree di focolare, un silos per il grano e almeno 8 sepolture, sistematicamente analizzati solo nel 1998), segno che l’estensione dell’insediamento doveva essere molto più vasta di quanto le singole aree emerse non lascino pensare a prima vista. Alcuni studiosi ipotizzano infatti che l’estensione dell’abitato andasse ben oltre i limiti della Villa comunale e dell’Ippodromo, per spingersi fino all’attuale via Fortore. Una decisione opportuna, questa del collegamento tra i due siti, soprattutto alla luce del vergognoso stato di degrado in cui è stato lasciato per anni quello rinvenuto all’interno della Villa Comunale.
GLI ALTRI SITI NEOLITICI DI FOGGIA: PASSO DI CORVO, IL PIÙ GRANDE D’EUROPA
Va aggiunto che la presenza neolitica nel territorio comunale di Foggia non si esaurisce nei due importanti siti cittadini sopra menzionati, dovendosi segnalare anche quelli in località Pantano, tra i quartieri Salice Nuovo, San Lorenzo ed Ordona Sud, e soprattutto il Parco Archeologico Passo di Corvo, in c.da Arpinova, che con i suoi 130 ettari di estensione è considerato il più grande villaggio neolitico d’Europa, nonché uno dei rari siti neolitici visitabili in Italia.
Il sito fu scoperto casualmente nel 1943 durante una spedizione aerea della Royal Air Force, una missione esplorativa alla ricerca di obiettivi nemici da bombardare. Le immagini ricavate dal fotografo di bordo misero in evidenza nell’area di Arpinova una singolare concentrazione di strade, mura, fossati, recinti, incavi, destando il sospetto della presenza di una enorme base sotterranea. L’analisi delle immagini fatta da esperti fugò però quel sospetto e tutto il materiale venne archiviato finché dopo la fine della guerra esso fu ripreso, e ampliato con nuovi rilievi, dagli studiosi tra cui l’archeologo e capitano inglese John S. P. Bradford (1945) e successivamente l’archeologo rumeno Dinu Adamesteanu (1962), che analizzandolo riuscirono a localizzare oltre duecento insediamenti neolitici, come quelli ubicati lungo gli affluenti del Triolo, lungo la Salsola, il Celone, il Candelaro, il Cervaro, il Carapelle e l’Ofanto. Circa a metà degli anni ’70 fu avviata una vasta campagna di scavi affidata all’Università di Genova sotto la direzione del Prof. Santo Tiné in quello che si rivelò essere il più vasto dei siti identificati in quelle foto aeree.
Furono così portati alla luce i resti di un insediamento che tra il VI e il IV millennio a.C. dovette ospitare almeno 300 abitanti, con tracce di diverse unità abitative, fossati a ‘C’ utilizzati per protezione e drenaggio del terreno attorno alle singole abitazioni, cisterne per l’acqua piovana, silos, recinti, 16 sepolture e oggetti della vita quotidiana e del culto oggi custoditi nel Museo Civico di Foggia e nel Museo Archeologico Nazionale di Manfredonia. Non sono mancati i reperti di interesse archeobotanico come leguminose e cereali, attestanti con evidenza le attività agricole dell’insediamento. Oggi il sito di Passo di Corvo è, come si accennava prima, uno dei pochi parchi archeologici del Neolitico visitabili in Italia e ospita anche la riproduzione di scene di vita domestica e agricola grazie alla ricostruzione in scala 1:1 di una capanna neolitica, con fossato e animali. Il sito è facilmente raggiungibile, trovandosi poco fuori dal centro urbano di Foggia, in contrada Arpinova: basta imboccare la strada statale 89 e deviare per San Marco in Lamis, procedendo per qualche chilometro fino all’ingresso del parco.
LA PUGLIA NEOLITICA
Nel 6000 a.C. il grande flusso della cultura neolitica, proveniente dal Mediterraneo orientale, è dunque ormai una realtà in Puglia, il cui territorio dal Tavoliere fino all’arco ionico tarantino e al Salento è disseminato di villaggi di capanne recintate da trincee o muri in pietra, abitati da comunità sedentarie di agricoltori e allevatori alle prese con la coltivazione di cereali e leguminose e con l’allevamento di ovini, caprini, bovini e suini. La pratica dell’agricoltura implicò la ricerca di terreni adatti, e con essa arrivarono anche i primi disboscamenti, così come la necessità di irregimentare l’acqua, mentre più in generale la vita del villaggio e la necessità di scambiare prodotti e materie prime imposero l’ubicazione degli insediamenti lungo le naturali vie di transito. Un quadro ricostruttivo che è andato via via emergendo con la progressiva scoperta di straordinari siti archeologici in grado di parlarci di questi lontani progenitori che dettero una svolta determinante al destino dell’umanità.
Oltre ai siti ritrovati a Foggia se ne possono ricordare diversi altri, a cominciare da quello scoperto nel 2012 dalla Soprintendenza Archeologia della Puglia, che a Palese, frazione di Bari, individuò in località Titolo i resti di un abitato e di deposizioni funerarie riferibili all’insediamento neolitico, con annessa area funeraria, già indagato negli anni Ottanta sullo scoglio marino di “La Punta”, nei pressi del lido “La Baia” e della Chiesa Stella Maris. Il nuovo segmento del sito, assorbito dagli sviluppi moderni dell’area urbana, è emerso purtroppo su un terreno di proprietà privata e dopo le indagini e l’asportazione di numerosi reperti, si è permesso che esso lasciasse posto alla realizzazione di un complesso edilizio, nonostante l’accesa opposizione della popolazione locale e l’eco nazionale riportata dalla vicenda; un episodio paradossale se si pensa che sul portale della Direzione Generale Archeologia del Mibact il sito viene ancora oggi definito come “uno dei più significativi della costa adriatica pugliese quanto a estensione (4 ettari) e durata (VI –IV millennio a.C.)”.
Nel 2016 è stata la volta di Palagiano, a circa quattro chilometri dalla costa del golfo di Taranto, dove in località Galliano, in un terreno coltivato ad agrumi è emersa – durante i lavori dell’Anas per l’ammodernamento della Statale 106 – un’area di necropoli di 6500 anni fa, identificata grazie all’attività di archeologia preventiva condotta dalla Soprintendenza pugliese. Il ritrovamento ha permesso di documentare un antico rituale funerario ed ha aperto interessanti prospettive di studio sull’organizzazione delle società del Neolitico. Nel 2015, a Candela, ancora nel foggiano, in località Piano Morto, su un vasto pianoro a circa 246 m s.l.m., è emerso un abitato del 6000 a.C. durante i lavori di ammodernamento della linea ferroviaria Foggia-Potenza; ritrovamento replicato nel 2018, in località Piscioli, lungo lo stesso asse ferroviario, dove è emerso un villaggio neolitico coevo con sepolture e antiche fosse granarie. Nella nostra serie di esempi sulla Puglia neolitica non poteva infine mancare il Salento, con l’eccezionale ritrovamento fatto a Carpignano Salentino (Lecce) nel 2001 di una sepoltura a grotticella risalente al Neolitico Finale (III millennio a.C.) con i resti ossei di ben sei individui e parte del corredo funebre appartenuto all’ultimo individuo inumato. Ancora più remoto (VI° millennio a.C.) il sito di Torre Sabea, a Gallipoli (Lecce), considerato uno dei più importanti siti neolitici dell’Italia meridionale, indagato nel corso degli anni ‘80 da un’équipe franco-italiana all’interno di un programma di ricerca condiviso dall’École française de Rome e dalle Università di Pisa e Lecce; si tratta di agglomerati di capanne sorrette da pali, con una suddivisione dello spazio abitato in cui trovano posto strutture riservate all’immagazzinamento del cibo insieme ad aree di cottura e lavoro.
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Fonti bibliografiche:
Eletta Ingravallo-Ida Tiberi, Il Neolitico salentino nel circuito internazionale di prestiti e scambi, in rivista Studi di Antichità, Congedo Editore, Galatina, 2008
N. Mazzucco, J. F. Gibaja, G. Guilaine, F. Briois, G. Cremonesi, Il sito del Neolitico antico di Torre Sabea (Gallipoli, LE):nuovi dati sulle pratiche agricole e venatorie attraverso l’analisifunzionale dell’industria litica, in Rivista di Scienze Preistoriche – LXIII – 2013, 5-20, Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Firenze
Francesca Radina, Neolitici in Puglia: ritratto di una società preistorica, in Archeologia Viva n. 176 – marzo/aprile 2016, pp. 30-37, Giunti Editore, Roma
Santo Tiné, Passo di Corvo e la civiltà neolitica del Tavoliere, Genova, Sagep, 1983, 201 pp.
Anna Maria Tunzi Sisto-Andrea Monaco, Il Neolitico a Foggia, in Atti del 26° Convegno Nazionale sulla Preistoria-Protostoria-Storia della Daunia, San Severo 10-11dicembre 2005, Tomo I, pp. 17-35, Archeo Club d’Italia – Sede di San Severo, San Severo, 2006