di Redazione FdS
Da qualche anno è uno degli argomenti più gettonati su siti web e blog che si occupano di catastrofi naturali e profezie millenaristiche. Parliamo del Marsili il vulcano sottomarino localizzato nel Tirreno meridionale e appartenente all’arco insulare Eoliano. Si trova a circa 140 km a nord della Sicilia ed a circa 150 km ad ovest della Calabria ed è il più grande vulcano d’Europa e del Mediterraneo. Gli esiti di una campagna oceanografica e le analisi di un team internazionale che coinvolge l’Iamc-Cnr e l’Ingv, diffusi oggi attraverso un comunicato stampa del CNR, ne hanno confermato la natura potenzialmente esplosiva. I risultati sono stati pubblicati su Gondwana Research e riportano che è ancora attivo il vulcano esteso sui fondali del mar Tirreno, tra Calabria e Sicilia, per una lunghezza di 70 chilometri e per una larghezza di oltre 30. A stabilirlo un gruppo di ricerca internazionale che comprende l’Istituto per l’ambiente marino costiero del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Iamc-Cnr) e l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di Roma (Ingv). Alla ricerca hanno collaborato anche l’Università Gabriele d’Annunzio di Chieti, la Schlumberger Information Solutions di Madrid, la Leibniz University di Hannover e la società Eurobuilding Spa di Servigliano.
Una campagna di esplorazione, cominciata nel 2006 a bordo della nave oceanografica ‘Universitatis’, ha fatto un punto di chiarezza scientifica sulla natura di questo vulcano sottomarino, della cui potenziale pericolosità si discute molto poiché è nota da tempo la sua attività sismica e idrotermale. “L’ipotesi più accreditata dagli studiosi era quella che considerava cessata, all’incirca 100.000 anni fa, l’attività eruttiva del vulcano”, dice Mattia Vallefuoco, dell’Iamc-Cnr. “Nel corso della missione, finalizzata ad acquisire nuovi dati sui prodotti emessi dal Marsili e sulla loro età, è stata prelevata ad una profondità di 839 metri una colonna di sedimento che ha evidenziato due livelli di ceneri vulcaniche dello spessore di 15 e 60 centimetri, la cui composizione chimica risulta coerente con quella delle lave del vulcano”.
Per risalire all’età degli strati di questa ‘carota’ di ceneri i ricercatori si sono serviti del carbonio 14. “Le due analisi eseguite sui gusci di organismi fossili contenuti nei sedimenti hanno fornito rispettivamente età di 3000 e 5000 anni”, afferma Guido Ventura, ricercatore Ingv. “Datazioni che testimoniano una natura almeno parzialmente esplosiva del Marsili in tempi storici. A questo punto sono necessarie nuove ricerche per implementare un sistema di monitoraggio che possa valutare l’effettiva pericolosità connessa a una possibile eruzione sottomarina. Non è da escludere che il Marsili venga inserito nella lista dei vulcani italiani attivi come Vesuvio, Campi Flegrei, Stromboli, Etna, Vulcano e Lipari”.
Il vulcano sottomarino Marsili è stato scoperto negli anni ’20 del XX secolo e battezzato in onore dello scienziato italiano Luigi Ferdinando Marsili. Dal 2005 è stato studiato nell’ambito di progetti strategici del CNR per mezzo di un sistema multibeam e di reti integrate di monitoraggio per osservazioni oceaniche. I suoi 70 km di lunghezza e 30 km di larghezza sono pari a 2100 chilometri quadrati di superficie. Il monte si eleva per circa 3000 metri dal fondo marino, raggiungendo con la sommità la quota di circa 450 metri al di sotto della superficie del mar Tirreno.