di Enzo Garofalo
Chiusura in grande stile per la Stagione Sinfonica 2014 del Teatro Petruzzelli di Bari con un concerto di musica sacra in linea con la ricorrenza natalizia per la quale è stato pensato. Un’occasione preziosa per riaccostarsi ad un repertorio che ha sempre costituito un importante banco di prova per i compositori di ogni tempo ma che è poco frequentato nelle programmazioni musicali baresi, soprattutto se paragonate a quelle di altre città italiane ed europee. A rendere particolarmente accattivante la serata il fascino di un programma che ha attinto alla produzione giovanile di due grandi della musica di ogni tempo: Mozart e Schubert.
Di un Mozart ventenne, alle prese con il suo impegno di compositore alla corte salisburghese dell’arcivescovo Colloredo, è la Missa Brevis K275/272b con organico strumentale ridotto e parti vocali affidate ad un coro misto a 4 voci e ad un quartetto di solisti (soprano, contralto, tenore, basso). Una musica di una chiarezza cristallina, le cui melodie, a tratti dal sapore galante, testimoniano già una abilità di scrittura intensa e profonda – sebbene non priva di qualche convenzionalismo – capace di evocare atmosfere ora drammaticamente palpitanti e dense di contrizione, ora più solennemente ieratiche. A dare corpo, luminoso ed elegante, a tali molteplici sfumature espressive l’Orchestra e il Coro del Teatro Petruzzelli diretti da Rinaldo Alessandrini, celebre fondatore dell’ensemble vocale-strumentale Concerto Italiano, da anni impegnato sulla scena della musica antica con particolare predilezione per il repertorio di Monteverdi, Vivaldi e Bach e successivamente approdato al repertorio tardo settecentesco con autori come Mozart e Haydn. Validissimo anche il quartetto di solisti formato dal soprano Lavinia Bini, dal contralto Romina Boscolo, dal tenore Robin Tritschler e dal basso Christian Senn, voci giovani ma di provata esperienza.
Qualche passo indietro nella biografia mozartiana per ritrovare poi uno dei vertici della sua produzione giovanile, il mottetto “Exultate, jubilate” K165, scritto durante l’ultimo viaggio in Italia all’età di 17 anni, eppure di un equilibrio e di una maturità superiori a quelli espressi nella più tarda Missa Brevis. Eseguito per la prima volta nel gennaio 1773 nel convento dei Teatini di Milano, il mottetto venne composto da Mozart per il castrato Venanzio Rauzzini, che poco prima aveva interpretato il ruolo di Cecilio nell’opera Lucio Silla al Teatro Regio Ducale della stessa città e alle cui qualità vocali si è senz’altro ispirato l’autore nel delineare la parte oggi affidata al soprano solista, grande protagonista di questo capolavoro. L’assoluta bellezza del canto – in perfetto equilibro con il ruolo affidato all’orchestra – ha trovato in Lavinia Bini un’interprete davvero straordinaria, capace di rendere con mirabile freschezza le atmosfere, ora gioiose ora venate di pathos, delle quali si intesse la delicata linea melodica, non priva di ardite colorature.
Sorprendente, per ricchezza di scrittura e maturità di espressione, anche la Missa n. 2 in sol maggiore D167, composta 42 anni dopo da un Franz Schubert ancora diciottenne ma che ha già fatto tesoro della lezione mozartiana, haydniana e beethoveniana. Elegia, pathos, vigore drammaturgico, contrizione e universale speranza, sono i sentimenti espressi con vibranti accenti in una composizione per piccolo organico – coro a quattro voci, tre solisti (soprano, tenore, baritono), organo ed archi – da cui già emerge netta l’indiscussa maestria dell’autore. Di Schubert anche il Magnificat in do maggiore D486 per soli, coro e orchestra, che ha chiuso il concerto. Un brano di luminosa e gioiosa magniloquenza che ha in Haydn il suo principale parametro di riferimento, sebbene non manchino numerosi momenti di più rarefatta scrittura che rimandano alla ricchezza melodica dell’opera italiana; archetipi che Schubert ha assorbito con piena consapevolezza e trasfigurato in modo personalissimo in una scrittura di indiscussa originalità.
Applausi scroscianti e prolungati per tutti gli interpreti hanno coronato un concerto davvero riuscito che ci piace considerare di buon auspicio per un teatro che grazie all’impegno e alla dedizione del sovrintendente Massimo Biscardi (al quale auguriamo una prossima riconferma), sembra finalmente aver riacquistato maggiore fiducia nel futuro.