Un manifesto di una società contemporanea che si ribella all’ipocrisia del tempo del consumo. I Stay Here, io resto qui, progetto dell’artista fotografo Giuseppe Lo Schiavo*, realizzato nel 2011, arriva a sei anni dalla sua realizzazione, ancora attuale, con tutta la forza di un messaggio libero che inneggia al cambiamento delle coscienze. Da una parte il problema dell’emigrazione giovanile, dall’altra la volontà di ristabilire la connessione tra la natura e l’uomo contemporaneo. Un progetto che si rivela una sorta di carta d’identità, capace di contenere le tracce dell’evoluzione di quella ricerca che prende forma in lavori più recenti come Wind Sculptures, le serie Levitation e Ad Vivum. Per riuscire a comprendere questo dialogo, questa connessione, bisogna partire da ciò che diventa amalgama, punto di fusione di quel linguaggio visivo che l’artista ha costruito con attenzione. Giuseppe Lo Schiavo, sviluppa le sue storie rivestendole di dignità e di identità, spogliandole dall’equivoco della frivolezza e dell’ossessiva ricerca di quella “meraviglia” da copertina [continua dopo la photo gallery].
I Stay Here ci racconta, con tutta l’onestà di un linguaggio privo di architetture e preconcetti, la voglia di riscatto, la riconquista della nostra identità, del desiderio di riappropriarsi dei nostri luoghi: i luoghi delle nostre sensazioni, del nostro DNA che diventano anche i luoghi in cui vogliamo “scommettere” sul nostro futuro. L’artista attraversa il tempo di una protesta silenziosa restituendo quella voce mediante la costruzione di una scena studiata nei minimi dettagli. Il rapporto uomo-natura viene saldato annullando l’elemento di contatto visivo: non esistono più due mondi, ma uno solo. I protagonisti della serie, tra cui lo stesso artista, diventano “frutto”, parte integrante di quel paesaggio graffiato e ridotto all’essenziale.
Giuseppe Lo Schiavo, dichiara nulla la supremazia dell’uomo per restituire a quello “stato di natura” la primogenitura di una creazione pronta a piantare nuove radici, senza però smettere di dialogare con chi è carnefice ma anche vittima (inconsapevole?). Una scena che apparentemente sembra immobile ma in realtà è densa di energia. Alla percezione del movimento si preferisce l’armonia del tempo che passa, ma che ritrova il piacere della condivisione, della riscoperta e della capacità di respirare. L’artista, si limita a fissare quelle emozioni attraverso la postura del linguaggio del corpo, che induce ad immaginare una scena inanimata, ma che in realtà respira insieme alla natura e ne diventa parte integrante. Un racconto che “respira” all’unisono e diventa convivenza e conciliazione visiva e concettuale.
Non c’è nessuna volontà di giudizio, di assecondare pentimenti, vi è solo la volontà di dare testimonianza di un disagio quello dell’emigrazione generato dalla stupidità e dall’arroganza dell’uomo. Giuseppe Lo Schiavo non cerca assoluzioni o indulgenze, ma attraverso la sua sensibilità artistica vuole diventare testimone, forse anche scomodo, di quella voglia di riscatto. Vi riesce, in modo superbo, restituendo la facoltà del dialogo tra uomo e natura, riscoprendo quel contatto fisico che diventa fermento, nuova alleanza.
Riuscire a concepire questa alleanza è la chiave di volta necessaria per comprendere l’evoluzione di un percorso, che anni dopo la realizzazione del ciclo I Stay Here, condurrà attraverso il ciclo Wind Sculptures, l’artista a ritrovarsi con la consapevolezza della sua storia e della sua identità frammento di un mosaico più grande, che travalica i confini di una terra (la sua terra), senza mai rinnegarla e tradirla.
Un racconto onesto, sincero, che riletto alla luce di un percorso puntellato da altre esperienze – come il ciclo Ad Vivum, dove l’artista pone l’attenzione sulla libertà della dignità di essere ciò che si è, dove ai soggetti fotografati veniva chiesto di non interpretare un ruolo, un sentimento, ma semplicemente di essere se stessi; oppure come nella serie Levitation dove luoghi noti, risultato della cultura del fare umano, vengono catturati da un’idea di “magrittiana” memoria – ci fa comprendere meglio la poetica che muove la ricerca di Giuseppe Lo Schiavo. Una poetica costruita con cognizione che non vive di spettacolarizzazione ma affonda quelle radici in quell’humus che potremmo semplicemente chiamare ordine, equilibrio, proporzione tra l’immensità della natura e la grandezza dei sentimenti umani, che, se ricondotti sulla stessa traiettoria danno vita a dialoghi di estrema bellezza. Quella bellezza che Giuseppe ci restituisce in ogni suo lavoro che diventa intesa perfetta. Purezza. Anima. Passione. In due semplici parole: passato e presente.
Nato in Italia nel 1986 (è originario di Pizzo Calabro – VV), vive e lavora a Londra. Ha studiato Architettura alla Facoltà di Architettura di Roma La Sapienza ed è specializzato in Visualizzazione Architettonica. I lavori di Lo Schiavo sono stati esposti in numerose esposizioni in musei e gallerie in tutto il mondo, tracui: Saatchi Gallery, a Londra, Aperture Foundation, a New York, il MACA (Museo Arte Contemporanea di Acri), la Mixer Gallery di Istanbul, Ingo Seufert Gallery a Monaco, Burning Giraffe Art Gallery a Torino e in altre gallerie in Lussemburgo, Londra, Parigi e Miami. Alcuni suoi lavori sono stati pubblicati su BBC, Inside Art, O Estado de S. Paulo Newspaper, La Stampa, Wall Street International, TG1, Art Tribune, Fahrenheit magazine. Tra i premi più importanti, Premio Minella, 8 Honorable Mentions agli Internatioanl Photography Awards 2014 e 2015, Premio Fotografia Europea 2013, selezionato per Exposure award 2013, Young at Art 2012, Google + Saatchi GIF 2014, Portrait Salon 2013. Sito web: www.giuseppeloschiavo.com