di Kasia Burney Gargiulo
Se non fosse che in quei giorni l’Italia e l’Europa stavano attraversando uno dei periodi più drammatici del secolo (il ’38 è l’anno dell’annessione dell’Austria da parte della Germania, delle ignobili leggi razziali in Italia, della conferenza di Monaco e della conquista dei Sudeti in Cecoslovacchia) e che di lì ad un anno sarebbe stato firmato il famigerato Patto d’Acciaio fra Italia e Germania che ci avrebbe trascinati nel baratro, verrebbe voglia di liquidare il viaggio di Hitler a Napoli, avvenuto nel maggio del ’38, alla luce di un divertente aneddoto che il filosofo e saggista Corrado Ocone raccontò in un articolo pubblicato nel 2012 sul Corriere della Sera. Senza voler sminuire la portata storica, ahinoi funesta, del viaggio in Italia di Adolf Hitler su invito di Mussolini (il Fuhrer non venne solo a Napoli, ma andò anche a Roma e Firenze), è il caso di raccontare lo stesso quell’aneddoto non prima però di aver spiegato il motivo per cui stiamo trattando questo argomento. L’occasione è offerta dal ritrovamento, avvenuto lo scorso anno, di un gruppo di rullini fotografici sui banchi di un mercatino di Roanoke, in Virginia, che contengono fra l’altro diverse immagini di quel celebre viaggio a Napoli. A recuperare questi scatti storici, per soli 10 dollari, è stato Matt Ames, artista e ricercatore statunitense specializzato nello studio dello sviluppo urbano attraverso foto d’epoca. L’identità dell’autore, che pure compare in alcune delle foto insieme alla moglie, è ancora sconosciuta. Sembrerebbe trattarsi di una coppia statunitense in vacanza che per caso si è ritrovata ad assistere alla storica visita. Le immagini sono state divulgate pochi giorni fa dal quotidiano britannico The Daily Mail, in una sequenza che include diversi scorci di vita quotidiana della Napoli di fine anni Trenta.
Ma veniamo all’aneddoto accennato all’inizio: si tratta di un episodio che racconta di quella ironia tutta napoletana, nella quale Ocone intravede l’arma, condivisa anche con altri popoli, che consente loro di reagire con più forza ad assolutismi di qualsivoglia genere che tentino di prendere pericolosamente il sopravvento all’interno del contesto sociale. Argomenta la sua tesi citando studiosi come Jonathan Lear e Denise Riley, spiega il rischio che dall’ironia si passi al sarcasmo e all’arroganza, per loro natura privi di leggerezza e demolitivi, e infine chiude con il divertente aneddoto partenopeo riferitogli dal padre di un suo amico che era presente all’evento. Ebbene, il passaggio di Hitler per le vie di Napoli si svolse su una macchina scoperta fra due ali di folla assiepata, quand’ecco che all’altezza di Via Caracciolo al gesto del Fhurer di alzarsi in piedi tendendo il braccio nel saluto romano, dal pubblico si levò una voce non identificata che infrangendo il silenzio della cerimonia disse: “Sta verenn’ si for’ chiove” (sta controllando se fuori piove). Il padre dell’amico di Ocone disse che in quella occasione capì che il totalitarismo non avrebbe mai potuto conquistare l’animo dei napoletani. Certo è che quella voce si levò dallo stesso popolo che cinque anni dopo, nelle famose Quattro Giornate di Napoli, avrebbe con immenso coraggio ed eroismo liberato la città dall’occupazione delle forze armate tedesche, impresa che le valse la Medaglia d’oro al Valor Militare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA