di Carlo Picca
Domenico Flocco è nato 48 anni fa a Ferrandina in provincia di Matera da padre operaio e madre casalinga. E’ sposato con due figli. Ha fatto l’operaio per oltre dieci anni, fin quando la fabbrica, come spesso accade nel Mezzogiorno, ha chiuso i battenti. Ha cominciato a scrivere fin da piccolo: pensieri, poesie e appunti di storie di vita quotidiana. Ha deciso di racchiuderli, in parte, in questo libro recentemente uscito per Youcanprint Edizioni: “ I campi della fame e altri racconti”. Lo ha fatto perché voleva a tutti i costi che una serie di appunti storici, raccolti con cura, rimanessero in vita per i suoi figli e per l’intera comunità. Flocco usa scrivere al computer perché gli viene più facile, ma a volte gli capita di prendere appunti su fogli di carta. “I campi della fame e altri racconti” sono la sua prima raccolta, composta da quattro racconti. Per il futuro Flocco sta lavorando ad un romanzo su una storia vera accaduta anni fa, e ad altri racconti.
Il primo racconto, quello che dà anche il titolo alla raccolta, narra una storia recente ma dimenticata, ovvero quella dei campi di prigionia di Taranto, dove diecimila soldati italiani furono rinchiusi in un vero e proprio lager messo su dagli anglo-americani nell’Italia liberata. Nel cuore della Magna Grecia, ancora immerso nel caos dell’immediato dopoguerra, si ambientano i duri viaggi affrontati dai familiari per portare poveri viveri – soprattutto pane e patate – utili a sfamare i propri cari detenuti di guerra lasciati a marcire all’interno di recinti detti Pen, senza servizi igienici, senza cibo sufficiente, senza letti. Nonostante gli sforzi delle famiglie, molti furono i soldati deceduti a causa della denutrizione e delle malattie che abbondavano nel campo. I più tornarono a casa solo quando gli inglesi decisero di abbandonare la custodia del campo e i comandi italiani non accettarono di mantenere i propri connazionali rinchiusi in quel luogo, definito dai tarantini e dai giornali del tempo “Il campo della fame”.
Gli altri racconti, attraverso un linguaggio con taglio più fiabesco, riportano alla luce altri pezzi d’un tempo passato . “L’incontro” narra di due soldati meridionali dello stesso paese che si incontrano casualmente mentre soccorrono un loro commilitone ferito tra le trincee durante la prima guerra mondiale. Una storia commovente accaduta durante una giornata di guerra nelle trincee del Carso. “La giara magica” racconta invece del meraviglioso mondo delle credenze popolari lucane. L’ultimo, “Una veglia per Fido” parla del grande affetto di un intero quartiere verso un cane volpino, meticcio, chiamato Fido.
Ricordare cercando di conservare la memoria di storie passate, è la motivazione principale che ha spinto Flocco a elaborare i propri racconti, in particolare quello sui campi della fame, una pagina taciuta e sconosciuta ai più di storia dell’Italia degli anni ’40: la voglia di far conoscere ai più giovani i momenti tristi e bui vissuti dai nostri padri e nonni e dare un piccolo contributo alla conoscenza di una vicenda che sembra per molti non essere mai accaduta, è il motivo che ha spinto Flocco a raccontarla in modo lucido e scorrevole.
I racconti di questa raccolta sono espressione di una narrativa che ricorda molto la scrittura e le storie di Verga e di Alvaro ma l’autore a cui Flocco fa soprattutto riferimento è Primo Levi, di cui apprezza tutti gli scritti ma soprattutto “Se questo è un uomo” che non esita a definire un capolavoro letterario, un libro immenso che con forma schietta, sincera, autentica, racconta nei minimi dettagli la cruda realtà dei campi di sterminio tedeschi.
Tramandare: questo il monito della raccolta di Flocco, perche non c’è futuro senza passato, e, solo se si ricorda il passato, specie nei suoi momenti più bui, si può sperare che il presente ed il futuro possano essere migliori.
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