di Redazione FdS
A Crecchio (Chieti), piccolo borgo medievale abruzzese, è riemersa nei giorni scorsi la più importante necropoli mai ritrovata fra quelle riferibili ai Frentani, antico popolo italico di lingua osca che in epoca pre-romana abitò l’attuale Abruzzo sud-orientale e il basso Molise; un popolo che dopo l’iniziale conflitto con la Repubblica romana alla fine del IV secolo a.C., ha progressivamente finito col subire un radicale processo di romanizzazione. Lo scavo è stato condotto dalla Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio dell’Abruzzo, con il supporto della sede locale dell’Archeoclub d’Italia e dell’Amministrazione Comunale. Gli archeologi hanno riportato alla luce ben 100 sepolture italiche databili fra il VI il IV secolo a.C., epoca quest’ultima a cui sono riferibili alcune delle più ricche.
Il ritrovamento, che offre nuovi dati sulle popolazioni che abitavano il territorio, è avvenuto presso la vicina contrada di S. Maria Cardetola, sede già in passato di ritrovamenti archeologici, fra cui quelli di una dea madre del paleolitico superiore, di frammenti di ossidiana e selci lavorate, di una stele con iscrizione in lingua osca nonché di ceramiche e fondi di capanne dell’Età del Ferro. Dopo alcune segnalazioni nel 2015 avvenute nel corso di lavori agricoli, la Soprintendenza Archeologia dell’Abruzzo ha avviato, con l’ appoggio tecnico e le risorse fornite dalla sede locale dell’Archeoclub d’Italia, indagini nella stessa contrada portando alla luce numerosi e preziosi materiali. Quella ritrovata nei giorni scorsi è stata infatti definita dagli studiosi come una tra le più importanti necropoli italiche riemerse negli ultimi anni, al pari di quelle più note di Alfedena, Fossa, Bazzano (AQ) e Campovalano (TE).
“Abbiamo esplorato quasi tutte le 100 sepolture risalenti a un periodo che va dal VI al IV secolo avanti Cristo – ha dichiarato Andrea Rosario Staffa, Archeologo della Soprintendenza dell’Abruzzo – e l‘interesse storico-scientifico di questo sito è tanto più rilevante se si pensa che le necropoli di questa epoca nel territorio degli antichi Frentani sono ancora poche o comunque conosciute solo in maniera problematica, a causa della mancata pubblicazione di scavi vecchi o di rinvenimenti casuali”. “La collaborazione con le associazioni locali – ha aggiunto la Soprintendente Rosaria Mencarelli – è stato ed è fondamentale per mantenere i legami col territorio, e quella con l’Archeoclub di Crecchio è un esempio importante”. Non meno determinante anche il contributo economico di alcune realtà aziendali locali oltre che di privati cittadini, soggetti ai quali si deve anche il finanziamento del già avviato intervento di restauro dei preziosi reperti.
UNO SGUARDO D’INSIEME
Diamo dunque uno sguardo d’insieme ai corredi ritrovati a Crecchio: molti dei preziosi oggetti riportati alla luce e identificati appartengono ad un grande deposito votivo, contenente fra l’altro vasellame a vernice nera, numerose statuine in terracotta raffiguranti animali, sacerdotesse e divinità femminili, lastre fittili raffiguranti un misterioso volto di donna affiancato da una fiaccola, a testimonianza di un antico culto italico probabilmente riferibile ad una dea della terra, forse Kerres o Kardea, che nel II secolo a.C. i Frentani veneravano sotto i tipici attributi iconografici greci delle dee Demetra o Persefone. Più in generale la particolare ricchezza del sepolcreto ha consentito il riemergere di un’ampia varietà di oggetti, riti, elementi culturali, con reperti assolutamente eccezionali, fra cui ben due elmi di bronzo, uno di tipo Montefortino (tomba 52) e uno di tipo Negau (tomba 53), il primo dei quali è ben conservato, dato importante se si considera che dei circa quaranta elmi conosciuti in Abruzzo finora solo 4-5 provengono da contesti archeologici precisi.
LA TRADIZIONE DEL BANCHETTO
L’ ideologia del banchetto è testimoniata dalla frequente presenza di set completi per la cottura della carne comprendente coltelli, spiedi di varia dimensione ed alari. Testimonianza di rilevo della importante economia agricola del territorio, è la documentazione emersa sul consumo del vino, testimoniato attraverso la deposizione di coppe e, più raramente, di grandi olle con attingitoi posti all’interno e destinati alla familiare pratica della mescita della bevanda; alla degustazione del vino è legata anche la presenza di rarissimi colini in bronzo usati per passare un vino che era sicuramente più pastoso di quello che conosciamo oggi, e delle grattugge usate per aromatizzare il vino con spezie e formaggi. Sempre alla consuetudine dell’aromatizzazione possono collegarsi i residui di resina rinvenuti nell’olla da vino della tomba 33, ancora percepibili all’olfatto al momento dello scavo, e che potrebbero fornire interessanti elementi di paleobotanica e di cultura alimentare. Numerosi anche i vasi in bronzo quali i calderoni ed una rara patera con gancio ad omega (tomba 53), connessi a usi raffinati della tavola, e forse riconoscibili come preziosi elementi importati forse dalla Magna Grecia o dal Tirreno, così come ad importazioni appaiono riferibili numerosi vasi in ceramica depurata e dipinta che trovano confronti con la Daunia.
INFLUENZE MEDITERRANEE
L’abbinamento di sepolture ad incinerazione, pratica quasi sconosciuta tra gli Italici in Abruzzo, con simboli stranieri come lo strigile greco, potrebbe dimostrare l’arrivo in quest’area di nuove ideologie eroiche ed atletiche, a testimoniare importanti cambiamenti culturali avvenuti dopo le Guerre Sannitiche con l’aprirsi di questi territori al mondo mediterraneo. A questo proposito di particolare interesse risulta il rinvenimento di ben tre tombe a camera con preziosi corredi e dromos discendente, come in tanti altri ipogei nel resto del Mediterraneo Ellenistico, dalla Puglia al Medio Oriente.
TOMBE FEMMINILI
Numerose sono le tombe femminili ritrovate a Crecchio, caratterizzate da preziosi corredi, con complessi apparati decorativi nella parte alta del corpo, formati solitamente da due fibule in ferro o bronzo sulle spalle, da cui pendono preziosi oggetti di importazione, a testimoniare non solo l’ostentazione del lusso ma anche i contatti commerciali probabilmente avvenuti per il tramite del vicino porto di Ortona, sicuramente già attivo nel IV secolo a.C. Tra gli oggetti femminili spiccano i pendenti in bronzo di varia forma, preziosa ambra gialla e rossa proveniente dal Baltico, dischi in avorio provenienti dal Nord Africa, collane e stole di perle in pasta vitrea blu, semplici o con decorazioni ad occhi, di chiara produzione punica e, soprattutto, presenza (tomba 43) di un grosso e raro passante fenicio del tipo a maschera virile, ed ancora di rare decorazioni in oro (tomba 32), probabilmente cucite su fasce di stoffa, e di numerose fibule di argento (tomba 39), forse di provenienza tarantina.
VALORIZZAZIONE DELLA SCOPERTA
Le tombe finora individuate si trovavano collocate a un notevole profondità, oscillante fra 1 e 4 metri, oltre che riempite di pietre e terreno a volte superanti la tonnellata di peso, circostanza che ne ha per fortuna reso difficile la individuazione da parte di scavatori clandestini. La vigilanza dell’area da parte del Comando dei Carabinieri-Forestali di zona ha consentito e consente tuttora di lavorare su questo prezioso patrimonio, il cui rinvenimento costituisce una importante opportunità per lo sviluppo dell’economia locale. Del resto già da circa due decenni i volontari del locale Archeo Club gestiscono il Museo dell’Abruzzo Bizantino e Alto Medievale, con prestigiosa sede nel Castello di Crecchio, la cui apertura è stata senza dubbio motivo di benefici per la comunità locale, favorendo la riqualificazione del borgo. I nuovi reperti potranno essere custoditi sul posto in modo da potenziare ulteriormente l’attrattiva turistica del luogo già favorita dal museo e dal bellissimo Castello Ducale che lo ospita, contribuendo così più in generale al rilancio dell’intero comprensorio. A tale scopo il nuovo Soprintendente dell’Abruzzo Rosaria Mencarelli, ha scelto di stipulare con il Comune di Crecchio e con l’Archeoclub, un innovativo accordo di valorizzazione ai sensi dell’art. 112 comma 9 del Codice di Beni Culturali, che prevede non solo l’esposizione a Crecchio del prezioso materiale archeologico ritrovato nella necropoli, ma anche un forte potenziamento del museo esistente nel Castello Ducale.
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