I tanti volti di Pulcinella, emblema di scaltra irriverenza ma anche di cialtroneria

Pulcinella

Campania – Statuetta presepiale di Pulcinella, la tipica maschera napoletana, astuta, furba e avara – Photo by Marialba Italia | CCBY-SA2.0

a cura di Redazione FdS

La maschera di Pulcinella così come oggi è conosciuta in tutto il mondo è, nel bene e nel male,  uno degli emblemi della Napoli più popolare. Si ritiene sia stata inventata nella città del Golfo dall’attore Silvio Fiorillo durante la prima metà del Seicento. Costui si sarebbe ispirato a Paoluccio della Cerra, detto anche Puccio d’Aniello, un contadino di Acerra (Napoli) unitosi come buffone ad una compagnia di girovaghi di passaggio nel suo paese, reso famoso da un ritratto di Ludovico Carracci che lo raffigura con la faccia scurita dal sole di campagna ed il naso lungo.

Carracci - Paoluccio della Cerra

Ludovico Carracci – Ritratto di Paoluccio dell Cerra, ritenuto prototipo della maschera di Pulcinella, XVI sec.

Secondo una più ampia ricostruzione, le origini di Pulcinella risalirebbero molto più indietro nel tenpo, precisamente al IV secolo a.C., e riporterebbero a Maccus, personaggio delle Fabulae Atellane romane. Maccus rappresentava per lo più una tipologia di servo dal naso lungo e dalla faccia bitorzoluta con guance grosse, ventre prominente, vestito d’una camicia larga e bianca. Maccus recitava con voce chioccia, portava una mezza maschera e talora rappresentava anche il sileno o il satiro. Rimanendo sempre nell’ambito delle Fabulae Atellanae, altri lo ricollegano invece a Kikirrus, una maschera teriomorfa (cioè dall’aspetto animale) il cui stesso nome richiama il verso del gallo e sembra ricordare più da vicino la maschera di Pulcinella. Le Atellane erano una tipologia di spettacolo molto popolare nell’antica Roma, paragonabili all’odierno teatro vernacolare o dialettale apprezzate soprattutto da un pubblico estremamente popolare.

Ad ogni modo come personaggio del teatro della Commedia dell’Arte nasce ufficialmente con la commedia del comico Silvio Fiorillo La Lucilla costante con le ridicole disfide e prodezze di Policinella, scritta nel 1609 ma pubblicata postuma soltanto nel 1632. E se è fondata la tesi dell’origine remota della maschera, è probabile che  Silvio Fiorillo, già famoso con il personaggio di Capitan Matamoros, abbia resuscitato con Pulcinella un personaggio già presente nella tradizione del teatro popolare napoletano.

Continua a rimanere incerta l’origine del nome ‘Pulcinella’: il nome del citato personaggio di Puccio d’Aniello, se non altro per assonanza, potrebbe esserne stato il modello. Altri invece lo fanno più semplicemente discendere da “Pulcinello” ossia un piccolo pulcino, perché ha il naso adunco. Altri ancora attribuiscono l’origine del nome all’ermafroditismo intrinseco del personaggio, aspetto che ne farebbe un diminutivo femminilizzato di pollo-pulcino, animale tipicamente non riproduttivo, del quale in un certo senso imita la voce. In tale accezione Pulcinella incarnerebbe una sorta di dualismo uomo-donna, stupido-furbo, città-campagna, demone-santo salvatore, saggio-sciocco, dualismo che sotto molti aspetti configura il carattere pagano-cristiano della cultura popolare napoletana.

Lo stesso nome di “Pulcinella” ha subito nel corso del tempo una metamorfosi: anticamente era Policinella, come si vede dal titolo della citata commedia di Fiorillo, o Pollicinella. Partito da Napoli in compagnia di altri personaggi come Coviello, Pascariello e una lunga serie di capitani vanagloriosi come Matamoros e Rodomonte che parlavano una lingua franca a metà tra il napoletano e lo spagnolo, Pulcinella con Silvio Fiorillo approdò nelle grandi compagnie comiche del nord e divenne l’antagonista di Arlecchino, maschera bergamasca, servo sciocco, credulone e sempre affamato di quella fame atavica dei poveri diavoli.

Pure l’aspetto di Pulcinella è cambiato nel corso dei secoli: la sua maschera è stata chiara o scura a seconda dei periodi, ma il pittore veneziano Giandomenico Tiepolo, nel XVIII sec., lo dipinge in entrambi i modi. Nel 1621 nella raccolta d’incisioni intitolata I Balli di Sfessania, il francese Jacques Callot rappresenta il suo Polliciniello con la maschera bianca, il ventre prominente diventa una gobba, anzi spesso una doppia gobba, ma altre volte la gobba scompare come nei disegni del pittore romano del ‘700 Pier Leone Ghezzi dove è rappresentato con la maschera nera. E forse l’aspetto del Pulcinella che conosciamo oggi è proprio quello dei disegni di Ghezzi, filtrati attraverso il costume che per anni indossò il più longevo e prolifico attore di farse pulcinellesche: Antonio Petito. Addirittura si è ipotizzato che la forma della maschera, in particolare nelle versioni più recenti, interpreti un comun denominatore delle caratteristiche somatiche (e craniometriche) che contraddistinguono il popolo dei vicoli.

Pulcinella ha incarnato ed incarna ancora un certo tipo napoletano, un personaggio che, cosciente dei problemi in cui si trova, riesce sempre ad uscirne con un sorriso, prendendosi gioco dei potenti pubblicamente, svelando tutti i retroscena. Ma in una delle sue molteplici sfaccettaure, forse quella più proverbiale,  è anche emblema della peggiore cialtroneria, non solo napoletana, ma tipicamente italiana: non a caso la locuzione «segreto di Pulcinella» si usa in tutta Italia per definire una verità ormai sulla bocca di tutti grazie alla mancanza di riservatezza di qualcuno, così come dire che «l’Italia è il Paese di Pulcinella» significa qualificarla come una nazione che nessuno, all’estero, ritiene minimamente seria, soprattutto grazie a certe figure politiche.

Al di là della Commedia dell’Arte il personaggio di Pulcinella si è sviluppato autonomamente anche nel teatro dei burattini, di cui è ormai l’emblema. Il Pulcinella burattino non è più servitore, ma un archetipo di vitalità, un anti-eroe ribelle e irriverente, alle prese con le contrarietà del quotidiano e i nemici più improbabili. Il Pulcinella delle guarattelle è un protagonista assoluto, che affronta e sconfigge tutti i suoi avversari.

Tanti sono stati gli interpreti che nel teatro hanno interpretato questo particolarissimo personaggio. Per un esaustivo elenco vi rinviamo al link Pulcinella famosi.

La più importante raccolta di lazzi pulcinelleschi è quella del seicentesco Padre Placido Adriani (Lucca fine sec. XVII- dopo il 1736), ma il repertorio di pulcinellate è molto ampio come si può constatare nella selezione segnalata in questo LINK. A Napoli, all’inizio del Settecento, la fortuna di Pulcinella fu tale che il personaggiò riuscì a ritagliarsi uno spazio proprio, per cui verrà costruito appositamente un teatro per le commedie in dialetto: il San Carlino dove lavorarono famosi Pulcinella come Petito e Altavilla. Il San Carlino storico cessò di esistere nel 1884 quando la sua ultima sede, in Largo del Castello, fu demolita. Da pochi giorni è stato inaugurato nel centro storico di Napoli il Nuovo Teatro Stabile San Carlino che ha esordito con l’opera musicale in costume “Pulcinella vendicato dagli incanti di Virgilio in un uovo di Sirena”, andato in scena il 4,5 e 6 dicembre scorsi. Il Nuovo San Carlino ha sede nella chiesa di San Biagio Maggiore in via San Biagio dei Librai, 33 (angolo San Gregorio Armeno) ed è diretto da Lucia Oreto.

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